Descrizione della mostra

Nella parola “radice” (il vardh-ati dei parenti hindu) è compresa l’idea di elevazione, una crescita che fa prosperare; perciò nei miti di molti popoli antichi ricorreva la simbologia dell’albero perenne con le radici rivolte verso il cielo, come un axis mundi, centro di collegamento fra i tre mondi (celeste, terrestre, catactonio). “Mettere radici” in questo o quel posto non vuol dire chiudersi alla conoscenza di altri popoli e altre culture, al contrario aiuta a comprendere e rispettare l’altro da sé. Più profonde sono le radici, più in su potrà giungere la chioma dell’albero, e da quella altezza lo sguardo abbraccerà orizzonti vastissimi, consentendo di riconoscere i propri simili anche a lunghe distanze, ma sempre sulla stessa linea di vetta.

Per un albero le radici sono di vitale importanza per la sua crescita e conservazione, anche per l’uomo, per la sua forza, nel rispetto delle sue tradizioni, la riscoperta e la valorizzazione delle proprie radici assume importanza vitale.

La mostra “narra” attraverso le immagini e le sculture, la storia locale delle campagne, delle case e dei sentimenti del mondo che ci circonda con speciale appunto al mondo friulano, isontino e appena oltre confine riferibili sommariamente a partire dai primi del 900. Attraverso le immagini esposte cogliamo stili di vita, usanze e credenze che si sono radicate in maniera forte nella nostra società dando i fondamenti di ciò che siamo oggi e costruiscono una sorta di ponte per l’eternità.

Una lettura attenta e logica di questo opere, può farci senza dubbio apprezzare e capire come si viveva in quelle case ora abbandonate, quali fossero i lavori e, quelle mura ormai desolate, abbandonate e avvolte da muffe che talvolta lasciano trasparire le varie mani di pittura di color diverso, ancora ci rimandano il vivere quotidiano delle vecchie famiglie patriarcali.

Queste opere ci aprono gli occhi su ciò che pian piano andiamo perdendo della vita quotidiana, a causa di uno scorrere del tempo frenetico e che non da tempo di apprezzare le piccole cose della quotidianità e annulla il compiacersi delle piccole cose, che costruiscono la nostra tradizione.

Si esalta la semplicità e naturalezza del passato, le nostre radici, fatte di case costruite con sassi del fiume che vi scorre accanto, case grandi atte ad ospitare intere generazioni di famiglie, dove tutti aiutavano tutti. I lavori domestici delle donne sono ampiamente documentati, soprattutto nelle opere della Riavini: tombolo, la cura della casa. Il lavoro si legge anche attraverso la visione di piccoli oggetti disseminati nelle panoramiche offerte nei quadri , questi si fanno grandi e fonte di racconto. Si notano così: forche, secchi, stracci appesi alle facciate di case abbandonate e decadenti, essi nel loro piccolo sono ombra di un passato e traccia del faticoso lavoro, quello della campagna e del mantenimento dignitoso del nido, la casa.

E’ nostro dovere ricordare le nostre radici, o andremo a dimenticare chi siamo e faremo sì che il passato diventi sempre più lontano, fino ad abbandonarlo definitivamente. Per vivere bene e per costruirci un solido futuro bisogna sapere chi si era, chi si è, mantenendo alti quei valori cui credere e per i quali vivere, lottare e battersi.

Nietzsche in una parte del suo testo recuperato da: “Gaia scienza” ( l’edizione Einaudi curata da Carlo Gentili) dice:“Mi è caro pensare gli uomini rari di una certa epoca come germogli postumi, che hanno gettato all’improvviso, di culture trascorse e delle loro energie: per così dire, come l’atavismo di un popolo e della sua civiltà: – in questo modo c’è realmente ancora qualcosa da comprendere in loro! Ora essi appaiono estranei, rari, eccezionali: e chi sente in sé queste forze deve coltivarle, difenderle, onorarle, farle crescere contro un mondo diverso che oppone loro resistenza: e così egli diviene un grand’uomo oppure un pazzo e uno stravagante, ammesso che non abbia a soccombere per tempo”.

In questa mostra è stata data la possibilità di poter toccare con mano le sculture, creando così l’occasione ai non vedenti di usufruire di un museo aperto a tutti, oltre tutte le barriere: Questa idea nasce e si fa forte per rispettare il tema iniziale e comprensivo del progetto Frilui Venezia Giulia: “Tourism for all”, e vuole sensibilizzare in maniera sostanziale l’apertura di tutti i confini, non solo geografici, ma anche fisici, perché l’arte, deve poter essere fruita da tutti.

Schede tecniche degli artisti – materiali utilizzati

In questa mostra sono state esposte una cinquantina di opere tra pittura, scultura, grafica e tavolette in ceramica. Le opere pittoriche di Loredana Riavini hanno supporti vari, ma la tecnica pittorica è essenzialmente eseguita con acrilici, dominati dall’artista in modo emblematico. Nadia Marcuzzi, invece, attraverso le sue lavorazioni in ceramica, dà un grande saggio di dominio sulla materia. La conoscenza dei pigmenti, la cottura della tavoletta, l’elaborazione dei motivi, sono eseguiti con grande maestria e conoscenza, frutto di lunghe sperimentazioni e molteplici elaborazioni.

Le sculture di Carla Lostuzzo, che come artista principalmente nasce come acquerellista, raccolgono, nel loro grembo, tutta una dolcezza d’espressione e meditato calcolo delle prospettive ed armonie interne. Il risultato, oltre ad avere un grandissimo impatto estetico, stimola enormemente tutta la parte emozionale del fruitore. Il peso del materiale usato, grazie a equilibrati interventi sulla materia, rimanda una leggerezza e assenza di peso delle opere. Ogni piccolissimo particolare è curato meticolosamente e non dà spazio ad alcun errore.

Le grafiche di Silvano Zompicchiatti, nutrono tutte le corrette regole della geometria, della prospettiva, ma filtrate da un occhio nostalgico di ciò che l’uomo ha lasciato come traccia antropica in questo mondo. A mezzo dei mille segni del pennino della china, all’uso magistrale dei bilanciamenti del chiaro e dello scuro e la forza delle ombre, le opere grafiche di Zompicchiatti sfamano, saziano e riempiono visivamente tutte le curiosità riferibili a siti quasi archeologici del secolo passato.

I guanti raffinati delle nozze hanno un significato plurimo. Questi preziosi oggetti hanno avvolto le mani giovani della madre, attraverso le quali la donna fa dono al futuro sposo e alla famiglia che verrà della sua dedizione totale. Nadia ferma la poesia in un segno e in poche sfumature di colore, quel che basta per rapirci e farci cullare dall’armonia dei ricordi di vita vissuta.

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