Riforma del diritto di famiglia: cosa prevede il Decreto Pillon e perché è da rivedere

Nell’attuale “contratto del governo”, un accordo politico tra Lega e Movimento 5 Stelle, è prevista una riforma del diritto di famiglia. l nostri politici ritengono necessaria una revisione dato che l’ultima modifica è stata fatta nel 2006 con la legge sull’affido condiviso. Perciò nell’agosto 2018 è stato presentato un progetto di legge, il numero 735, meglio conosciuto come Decreto Pillon dal nome del senatore che lo ha firmato per primo.
Simone Pillon è stato eletto al Senato Della Repubblica nelle scorse elezioni, a marzo del 2018, ed è conosciuto per essere uno degli organizzatori e promotori dei cosiddetti “Family Days”, manifestazioni pubbliche di stampo conservatore-cattolico contro un allargamento dei diritti alle coppie omosessuali e fermo sostenitore di un ideale di famiglia di stampo tradizionale.

Il disegno di legge Pillon (ddl Pillon) regola norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità. I punti principali che il decreto regolamenta sono:

  • Presenza obbligatoria di un mediatore familiare: i primi articoli del decreto stabiliscono e regolano la figura del mediatore familiare, un professionista che dialoga con le parti e i rispettivi legali per questioni che riguardano la separazione e i figli minori. La mediazione familiare è un procedimento informale e non giudiziale.
  • Equivalenza del tempo trascorso con i figli (“bigenitorialità perfetta”) e creazione del piano genitoriale. Durante la mediazione familiare viene creato dai genitori un progetto che delinea le attività svolte dal figlio minorenne. Inoltre viene stabilito il doppio domicilio presso la dimora di ciascuno dei genitori.
  • Abolizione dell’assegno di mantenimento e casa familiare: viene eliminato l’assegno di mantenimento, i genitori pagano direttamente le spese per il figlio. Il coniuge che resta a vivere nella casa familiare deve pagare un indennizzo all’intestatario dell’immobile.

Molte critiche sono state rivolte a questo decreto, sia all’interno del Parlamento sia esternamente da giuristi, psicologi ed altri esperti in diritto di famiglia. L’accusa più grande rivolta al ddl Pillon è quella di fare un passo indietro per quanto riguarda il ruolo del minore nel diritto, che viene poco considerato: si tornerebbe, infatti, a trattare il minore come un oggetto del diritto e non come soggetto.La prima critica rivolta al ddl Pillon è quella di aumentare i costi della separazione per l’obbligatoria presenza della figura del mediatore familiare, e come conseguenza questo potrebbe ulteriormente scoraggiare molti coniugi dall’ affrontare un divorzio per gli elevati costi procedurali.
Per di più all’articolo 3 viene esplicitamente affermato che “la partecipazione al procedimento di mediazione di minori, purché di età superiore a dodici anni, può essere ammessa solo con il consenso di tutte le parti e, comunque, di entrambi i genitori.” Mentre sia nel diritto internazionale, sia in quello interno privato viene considerata importante la cosiddetta capacità di discernimento del minore; infatti l’articolo 315 bis., comma III del Codice Civile enuncia:“Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano.”

Anche nella Convenzione di New York sui diritti del fanciullo e nella Convenzione Europea sull’esercizio dei diritti dei minori  viene ribadito il diritto del minore ad essere ascoltato e di poter esprimere liberamente la propria opinione su ogni questione che lo interessi.
È dunque inconcepibile che la partecipazione del figlio al processo di mediazione familiare, ove si discuta di questioni riguardanti il minorenne, sia solamente su discrezione dei genitori.

Una seconda critica viene rivolta anche alla parte in cui il decreto tratta la bigenitorialità: nonostante il buon proposito di rafforzare l’affido condiviso, già presente nell’ordinamento italiano con la legge n.54/2006, il testo si traduce in una forzatura e in un irrigidimento delle relazioni familiari. Leggendolo si può notare che l’estrema regolamentazione delle attività nel piano genitoriale e il doppio domicilio possono contribuire a rendere il tutto difficilmente realizzabile.
Il disegno di legge è categorico riguardo ai tempi che il figlio deve trascorrere con i genitori che devono essere paritetici e solo in casi particolari ci può essere una deroga ma “deve in ogni caso essere garantita alla prole la permanenza di non di meno di dodici giorni al mese, compresi i pernottamenti, presso il padre e presso la madre”.
I tempi e le attività svolte dal figlio vengono organizzati in precedenza dai genitori con la creazione del piano genitoriale. La modifica dell’articolo 337-ter del Codice Civile è rigorosa sul rispetto del piano, ma non tiene conto che spesso le attività del bambino cambiano nel corso del tempo e un piano genitoriale così rigido annullerebbe la libertà di scelta del figlio.
In aggiunta a tutto ciò l’obbligo di doppio domicilio contribuisce a dividere il figlio tra i due genitori e a farlo “rimbalzare” tra due case diverse.

Una forte critica al decreto arriva anche da parte di movimenti femministi e centri anti-violenza: il decreto sminuisce la violenza domestica e rende ancora più tortuosa (anche economicamente) la strada per una donna e madre vittima di abusi che voglia separarsi da un marito violento.
Infatti nella proposta di legge la mediazione familiare è obbligatoria e non è prevista l’esclusione di mediazione nei casi di violenza domestica anche se va contro l’articolo 48, comma I della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, che sancisce il divieto dell’utilizzo di metodi alternativi per la risoluzione dei conflitti come la mediazione e la conciliazione.
Inoltre l’articolo 9 del disegno di legge parla di gravi conseguenze per il coniuge che accusa “violenze e abusi evidentemente falsi”. Le ripercussioni, che vengono convalidate dal tribunale, sono la decadenza della responsabilità genitoriale e il risarcimento del danno. Però per il giudice risulterà difficile avere una reale visione della situazione poiché il decreto non specifica metodi di verifica delle accuse e soprattutto perché la violenza potrebbe essere emersa nella mediazione familiare che è un intervento privato e non giudiziale.

Nonostante il decreto sia stato firmato da ministri parte del Movimento 5 Stelle, il vice premier Luigi di Maio ha espressamente dichiarato che “così non va”; anche il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega alle pari opportunità e ai giovani, Vincenzo Spadafora, concorda sul fatto che il disegno di legge va rivisto. Pure dall’opposizione arrivano dure critiche: l’ex segretario del Partito Democratico Maurizio Martina si è unito, nel novembre del 2018, alle manifestazioni organizzate in piazza a Roma contro il decreto Pillon chiedendone il ritiro perché sostiene che “la proposta Pillon è punitiva e retrograda nei confronti delle donne e tratta i minori come pacchi postali”. Dunque non ci sono dubbi: il decreto così come è stato formulato non può diventare legge; è necessaria una riprogettazione con particolare attenzione alla tutela del figlio e della donna soprattutto nei casi di violenza, tenendo presente che ogni separazione è diversa e che i rapporti tra genitori e figli non sono sempre tutti uguali.









Silvia Biassoni

Silvia Biassoni nata a Soave (VR) il 28/11/1996, residente in un piccolo paese nel cuore della Val d'Alpone, una valle veronese immersa tra vigneti e ciliegi. Frequento scienze politiche, relazioni internazionali e diritti umani presso Università degli studi di Padova. Questo corso mi ha spinto ad avere uno sguardo più critico e attento riguardo ciò che avviene ogni giorno nel mondo. Sono amante della natura e credo che la tutela dell'ambiente sia fondamentale nel nostro millennio e che vada di pari passo alla tutela dei diritti umani. Grazie a SocialNews ho avuto l'opportunità di approfondire alcune importanti tematiche del mio ambito di studi e di cimentarmi con la scrittura giornalistica. 

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