Scarsa trasparenza: il Mario Negri rinuncia alla ricerca con Glaxo

foto: marionegri.it

Episodio singolare dati i tempi di crisi anche nel settore della ricerca e della farmaceutica: l’Istituto Mario Negri ha ritirato la propria adesione al progetto ‘Innovative Medicines Initiative’ (IMI) che, finanziato al 50% dall’Unione Europea, intende studiare e sviluppare un nuovo farmaco di proprietà della GlaxoSmith&Kline (GSK).

Il Mario Negri, partner dell’associazione di volontariato Auxilia, è una fondazione no profit per la ricerca, la formazione e l’informazione sulle scienze biomediche che opera esclusivamente a servizio dell’ammalato con lo scopo esclusivo di contribuire alla difesa della salute e della vita umana.

Con tale obiettivo, il Negri si era reso disponibile alla collaborazione nell’ambito del progetto IMI, inserendosi in particolare nello studio Combact (Combating Bacterial Resistance in Europe) per la messa a punto di un antibiotico di nuova generazione sviluppato da GSK in grado di superare la resistenza ai farmaci che molti batteri sviluppano. Lo studio coinvolge 4 aziende e 16 istituti medici pubblici e no profit.

La multinazionale farmaceutica ha recentemente comunicato la decisione di tenere per se il diritto di consentire o meno alla comunità scientifica e perfino ai partner della ricerca l’accesso ai dati dello studio e il controllo della loro pubblicazione. In altre parole, gli stessi ricercatori partecipanti allo studio potrebbero non avere l’autorizzazione ad accedere ai risultati cui le loro stesse sperimentazioni hanno contribuito.

E l’Istituto Mario Negri non ci sta, unico dei partner ad aver così rinunciato anche ai fondi: sacrificio notevole visti i tempi, ma “non si poteva fare altro – dice Silvio Garattini, direttore del Mario Negri e presidente onorario di Auxilia – non potevamo abdicare ai nostri principi né tradire la fiducia di chi sostiene la nostra ricerca”.

Secondo il Negri, le pretese della GSK sono ancor inaccettabili nel contesto di un progetto sostenuto con fondi della Comunità Europea: l’industria fornisce il prodotto grezzo, ma sono i pazienti ed i ricercatori clinici a svilupparlo con il contributo di fondi pubblici, a tutto vantaggio della ditta farmaceutica specie nel caso in cui i risultati si rivelassero soddisfacenti.

Il problema sollevato dal Mario Negri si inquadra nel problema sempre più sentito dalla comunità scientifica internazionale: evitare che i pur legittimi interessi dell’industria prevalgano sulla possibilità di condurre e valutare i risultati della ricerca in modo indipendente per tutelare ciò che più conta, ossia la salute dei pazienti. L’istituto Mario Negri non brevetta le scoperte dei suoi ricercatori, ma le rende subito pubbliche, a tutto e unico beneficio dei pazienti e della comunità scientifica.

di Cristina Sirch

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