Una questione di informazione

Carlotta Zavattiero

Si dice che la pubblicità sia l’anima del commercio. Nel caso del gioco d’azzardo, l’anima è nera.

Cosa direste se vostro figlio a scuola assistesse alla meticolosa preparazione di una dose di eroina da iniettarsi in vena? Sulla cattedra, tutto il necessario: cucchiaino, accendino, carta stagnola, siringa. E un esperto che spiega: «La siringa deve essere nuova, non la date ad altri e non usate quella degli altri. Scegliete droga di buon taglio. Meglio “farsi” in compagnia, a casa dei genitori e nei fine settimana». Cosa direste se a vostro figlio, sempre a scuola, un esperto dicesse: «Evitate di fumare la mattina, soprattutto appena alzati. È quella la sigaretta più dannosa. Iniziate a fumare nel pomeriggio, meglio dopo il pasto principale. La sigaretta migliore è certamente quella dopo il caffè. Consumare un pacchetto di sigarette alla settimana sarebbe l’ideale». Cosa direste se a vostro figlio (dove, se non a scuola?) un esperto raccomandasse di non guidare dopo avere consigliato di bere al massimo due bicchieri di superalcolici in un locale pubblico? Forse, da genitore attento, avreste una reazione: «Ma la droga non fa male? Ma il fumo non presenta il suo conto salato, in maniera subdola, anche dopo anni, nella forma di cancro ai polmoni? Ma l’alcool non ha effetti devastanti sulle cellule del cervello?». «No», vi rassicurerebbe l’esperto chiamato da un team di insegnanti illuminati attenti alle iniziative sociali: «Sono gli abusi che rovinano, la moderazione è la chiave di tutto.

Drogarsi, fumare, ubriacarsi non fa male. Basta farlo a piccole dosi, con responsabilità. Il giusto». Qualcosa di simile sta accadendo in molte scuole italiane, con la complicità di AAMS, l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato. Nel novembre del 2009 è partito un progetto che sta toccando gli istituti scolastici di dodici regioni italiane. L’elevata partecipazione è stata ottenuta grazie all’azione congiunta della Segreteria Organizzativa Civicamente e degli Uffici Scolastici Regionali che hanno divulgato l’operazione nelle scuole di loro competenza. Sul sito ufficiale di AAMS, si legge: «Con l’iniziativa di prevenzione “Giovani & Gioco”, l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato ha voluto sensibilizzare i ragazzi non ancora maggiorenni sui rischi del gioco patologico, per generare in ognuno una coscienza del gioco legale e responsabile, facendo sì che ciascuno possa diventare un adulto in grado di comprendere che la “misura” è la migliore soluzione per giocare divertendosi ed evitare pericolose conseguenze». Si dice che la pubblicità sia l’anima del commercio. Nel caso del gioco d’azzardo, l’anima è nera. Difatti, il comparto del gioco legalizzato è pieno di ipocrisie, paradossi, assurdità. Il gioco legalizzato dallo Stato, non essendo percepito come un’attività pericolosa, permette la messa in atto di un progetto come quello appena citato. Un’iniziativa presentata sulla carta come di prevenzione, in concreto molto simile ad una vera e propria campagna promozionale. Sullo stesso sito si spiegano alcune fasi operative del progetto: «Si arriva agli alunni tramite gli insegnanti e gli operatori delle Asl, debitamente formati tanto sulle tecniche comunicative e gli strumenti educativi da utilizzare, quanto sulle nozioni medico-scientifiche strettamente connesse alla tematica. Lo strumento che dà alla classe la possibilità di affrontare un percorso educativo interessante e motivante è l’Open Mind». Ci vuole effettivamente una mente aperta per capire il senso e l’utilità di una simile operazione: il settore va difeso e tutelato, perché le cifre che lo riguardano sono da capogiro. Ma altrettanto sconcertanti sono i paradossi. Primo paradosso. Anche nella crisi il comparto del gioco funziona.

Supera la crisi, ma la alimenta: il settore si arricchisce impoverendo. Mentre il suo fatturato decuplica in maniera esponenziale, chi gioca, l’Italiano medio, s’impoverisce. Nel 2011 gli Italiani hanno speso nel gioco legalizzato 76,5 miliardi di euro, con un incremento di incassi del 24% rispetto al 2010. Sono stati spesi oltre 15 miliardi di euro in più. Numeri impressionanti, se rapportati ad altri che mostrano un Paese che non è certo quello dei balocchi: disoccupazione, soprattutto giovanile, a livelli di guardia e crescita economica ferma. Secondo paradosso. Il gioco è stato fatto entrare quasi ovunque, ma con l’istruzione per l’uso: «Gioca responsabilmente». È l’inganno di uno Stato complice, vero biscazziere, che, incrementando in maniera spropositata e capillare l’offerta, ha portato l’Italia ad essere il primo Paese al mondo per consumi in azzardo rapportati alla popolazione: circa 1.260 euro l’anno pro-capite, neonati compresi. Liberalizzazione indiscriminata di tutto il comparto a partire dalla metà degli anni ‘90 con leggi e decreti ad hoc. Aumento degli spazi pubblici nei quali installare le Newslot, le regine dell’intrattenimento: bar, caffè, ristoranti, fast-food, trattorie, stabilimenti balneari, sale giochi (con le catene in franchising dedicate alle slot, tra cui le sale da gioco nelle stazioni ferroviarie), sale di raccolta scommesse (ippiche, sportive e su incarico di concessionari di giochi), alberghi, locande, circoli privati, organizzazioni, associazioni ed enti collettivi, tabaccherie, negozi, edicole. La geografia dei luoghi nei quali accedere, in libertà e senza controlli, al gioco d’azzardo legalizzato, è profondamente mutata. Non occorre più recarsi nei casinò per giocare; lotterie istantanee, modello Gratta e Vinci, che promettono favolose ricchezze ci aspettano anche nei supermercati, nelle tabaccherie, negli uffici postali. Senza contare i giochi on-line, accessibili anche dal computer di casa. Mancavano, però, le scuole. Ed ecco la diabolica invenzione, l’acme dell’inventiva di uno Stato che esibisce anche la sfacciataggine di chiedere al servizio pubblico sanitario di occuparsi della cura di patologie che lui stesso crea e alimenta. E siamo al terzo paradosso.

Far passare per campagna di prevenzione una campagna di promozione. Il gioco non è un gioco e i nodi vengono sempre al pettine. La questione dell’azzardo legalizzato è diventata anche un fatto di salute pubblica. Si è allargata in senso orizzontale la base dei giocatori e si pesca a piene mani in tutte le fasce sociali, indipendentemente dalle condizioni economiche e culturali: casalinghe, pensionati, studenti, imprenditori, disoccupati. La Dea Bendata – si crede – aiuta a risolvere problemi economici o problemi personali: regala ricchezza, distrae e aliena dalla realtà che si vuole dimenticare. In parallelo, aumentano le patologie legate al gioco compulsivo, il GAP, il Gioco d’Azzardo Patologico. Le problematiche che ora stanno emergendo con il gioco d’azzardo di Stato sono le stesse di altri settori, come alcool e fumo, ora non più pubblicizzati. Cresce, invece, il numero di persone che si ammalano di GAP e che si rivolgono alla sanità nazionale, i SERT. Ciononostante, si continua, imperterriti, a pubblicizzare il gioco. Sempre sul sito AAMS, in merito al progetto «Gioco & Giovani», si legge: «Attraverso un percorso divertente e coinvolgente, che veicola contenuti importanti e densi di significato, i ragazzi imparano a conoscere il mondo del gioco osservandolo da lontano, comprendendo che non è possibile giocare prima della maggiore età, ma non è possibile nemmeno fare del gioco una ragione di vita in età adulta». Il sottotitolo del progetto è: «Campagna di sensibilizzazione alla cultura del gioco legale e responsabile». Così AAMS è entrata nelle scuole come un lupo mascherato da agnello: forse provoca la voglia di giocare anche in chi non ci avrebbe mai nemmeno pensato. Ma proprio perché allo Stato il gioco rende, si passa sopra tutto e, anziché veicolare il messaggio «Non giocare», si propaganda, persino fra i più giovani, di «giocare il giusto». Come dire: «Drogati, fuma, bevi, in maniera responsabile».

Carlotta Zavattiero
Giornalista, scrittrice, autrice de ‘Lo Stato bisca’ (Ponte alle Grazie Ed.)

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