Romanì tra simboli e cultura

di Michela Arnò

Chi sono i Rom, letteralmente “uomo” o “popolo degli uomini”? Da dove vengono? Che lingua parlano? Alla scoperta del “popolo del vento”

Cantano “Jelem, jelem, lungone dromensa” (Camminando, camminando su lunghe strade) e sventolano una bandiera peculiare, uno dei loro pochi simboli ufficiali: l’azzurro del cielo e della libertà, il verde dei prati e della terra; al centro, una ruota, rossa, come il sangue versato durante le persecuzioni. Riprende quella della bandiera indiana, luogo d’origine e simbolo di mobilità.
Sono i colori, i simboli e l’inno di gente senza uno Stato, ma dalle comuni radici culturali, approvati durante il primo Congresso Mondiale Rom (IRU – International Romanì Union) svoltosi a Londra nel 1971.
Popolo diviso in numerose etnie diverse – Sinti, Romanichais, Khorakhané o Kalé – in tutto il mondo i Rom (letteralmente “uomo” o “popolo degli uomini”) sono oltre 30 milioni. Tradizionalmente nomadi, si muovono da oltre 2.000 anni. Questo vagabondare per il mondo ha favorito la nascita di una cultura unica e meticcia, influenzata dai tanti luoghi e dalle diverse tradizioni incontrate durante i flussi migratori, acquisite e trasformate in nuovi costumi che travalicano i territori. Dalla cucina alla musica, agli abiti, ai riti religiosi, le tradizioni gitane sono in continua evoluzione, ma l’identità sociale è ben radicata, tanto da portare questo popolo a definirsi “Nazione rom, senza territorio compatto e senza pretese di tale territorio”, come formalizzato nel corso dell’IRU del 2000.
Nella particolare cultura romanì, assume valore il nucleo familiare, di solito numeroso ed esteso anche ai parenti. All’interno delle etnie non vige una gerarchia, ma si porta comunque rispetto agli anziani ed ai saggi, così come al krisnìtori, colui il quale presiede il kris, il tribunale formato dagli anziani. Il matrimonio, di solito preceduto da una fuga nuziale, si conclude con grandi cerimonie e feste eccentriche a suon di musica popolare. Il 6 maggio, San Giorgio, Gurgevdan, si festeggia l’inaugurazione della stagione dei viaggi secondo i riti dell’antica festa pagana Erdelezi. Il 24 maggio è la giornata dedicata a Saintes Maries de la mer, Santa Sara la Nera, la protettrice di tutti i Rom. La giornata nazionale dei Rom si celebra in tutto il mondo l’8 aprile. Questa data è riconosciuta dalle Nazioni Unite dal 1979 e ciò rappresenta un preciso impegno a contrastare le discriminazioni subite da questo popolo.
La lingua parlata è il Romanes, un idioma discendente dal Sanscrito e dall’Indico. I Rom non professano una religione, ma credono nel karma, il destino guidato dalle leggi dell’universo, e nella metempsicosi. Per secoli hanno praticato lavori legati allo stile di vita nomade, affermandosi come artigiani, fabbri e lautari. In occasione di fiere e spettacoli itineranti, si sono proposti come giostrai e musicanti, mentre le donne si dedicavano alla danza del ventre, alla chiromanzia ed all’astrologia.
Al di là di ogni tradizione e di ogni pregiudizio e discriminazione mossi dalla società, il simbolo più forte che rappresenta il “popolo del vento” è quello astratto dello stile di vita unico, permeato di indipendenza, esotismo e libertà.

Michela Arnò
Caporedattrice di SocialNews on-line

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