L’ ascolto dei minori al diritto

La difficoltà del comunicare non si esaurisce nel riuscire a trasmettere il proprio pensiero: occorre anche saper comprendere quello che gli altri vogliono dirci. E’ per questo che alcune persone le quali godono fama di “grandi comunicatori” in realtà non lo sono perché, troppo impegnati nel trasmettere le proprie idee, si danno poca cura di comprendere quelle altrui.

La difficoltà di comunicazione sussiste anche, ed anzi si amplifica, quando in un dialogo la controparte è un bambino. E’ infatti più semplice accertarsi che un minore abbia compreso un argomento, di solito basta guardarlo ed osservare le sue reazioni, piuttosto che comprendere i messaggi che, tante volte in forma frammentaria, è lui a volerci comunicare. Eppure è fondamentale capire che cosa i bambini ci vogliono dire. E’ importante per noi, che rischiamo di vivere loro accanto senza neppure conoscerli davvero, ma è importante anche per loro, che hanno spesso l’esigenza di comunicarci cose del massimo rilievo, ma non sanno come farlo. E’ allora compito degli educatori: genitori, maestri, assistenti sociali, sacerdoti, catechisti, impegnarsi a saper ascoltare i minori. Non è un caso che le segnalazioni al telefono azzurro di minori in difficoltà provengono tante volte, ma forse non ancora abbastanza, dai maestri e dai genitori dei compagni di classe. Il problema di saper ascoltare i bambini, naturalmente, si pone anche nelle aule di giustizia. Quando si sospetta che un minore possa essere rimasto vittima di gravi abusi, purtroppo anche sessuali, di regola si procede alla sua audizione con l’ assistenza di un medico specialista, in una stanza protetta molto diversa dalle aule di tribunale. Eppure i risultati sono talora insoddisfacenti. Anche in materia civile si pone spesso il problema dell’ opportunità di ascoltare un minore. La recente legge sull’affido condiviso (legge n. 54 del 2006) ha previsto, al secondo periodo dell’ introdotto art. 155-sexies Cc, una norma che, secondo i primi commentatori, comporterebbe la necessaria audizione, nei procedimenti di separazione personale dei coniugi, dei figli minori che abbiano compiuto i dodici anni e che abbiano pure un età inferiore, se capaci di discernimento, anche se la norma si limita a prevedere che il giudice “dispone l’audizione del minore”. La motivazione della disposizione dovrebbe ricercarsi nella necessità di adeguare il diritto italiano alla normativa internazionale. Il diritto interno, invero, già disciplinava ipotesi in cui il minorenne deve essere sentito dal giudice in procedimenti giudiziari che lo riguardano. Può ricordarsi l’ art. 316, co. V, Cc, che prevede sia sentito il figlio il quale abbia compiuto i quattordici anni nell’ipotesi di contrasto dei genitori riguardo all’esercizio della potestà su di lui che verta su questioni di particolare importanza. Ancora, l’ art. 371 Cc dispone che il minore soggetto a tutela il quale abbia compiuto soli dieci anni deve essere sentito circa il luogo del suo “allevamento”, nonché sul suo avviamento agli studi o all’esercizio di un’arte, mestiere o professione. Altre disposizioni che prevedono l’audizione del minore sono poi previste, ad esempio, dalle norme in materia di adozione (legge n. 184 del 1983, e succ. modd.).

Nell’ambito delle norme contenute in convenzioni internazionali cui l’Italia ha aderito, deve ricordarsi la Convenzione ONU sui diritti del fanciullo, stipulata a New York nel 1989. Il patto internazionale sconta l’esigenza di ricercare un ampio consenso e detta disposizioni piuttosto vaghe e di contenuto spesso più programmatico che precettivo. L’ articolo 12, comunque, prevede che il fanciullo, inteso come la persona minore di anni diciotto, ha “il diritto di esprimere la propria opinione liberamente in qualsiasi materia, dovendosi dare alle sue opinioni il giusto peso relativamente alla sua età e maturità. A tale scopo, in tutti i procedimenti giuridici e amministrativi che coinvolgono un bambino deve essere offerta l’occasione affinché lo stesso venga udito direttamente o indirettamente per mezzo di un rappresentante o di una apposita istituzione, in accordo con le procedure della legislazione nazionale”. Indubbiamente si poteva fare di più, basti pensare alla previsione secondo cui il minore può essere sentito non solo personalmente ma anche tramite rappresentante. Più significativa è allora la Convenzione europea sull’ esercizio dei diritti dei fanciulli promossa dal Consiglio d’ Europa, firmata a Strasburgo il 25 gennaio 1996 e recepita con legge n. 77 del 2003, che contiene il primo catalogo continentale dei diritti dei minori. Fondamentale è l’art. 3 (Diritto ad essere informato e di esprimere la propria opinione nelle procedure) ove, ad es., si prevede alla lett. c) che “il minore ha diritto di essere informato delle eventuali conseguenze dell’attuazione della sua opinione e delle eventuali conseguenze di ogni decisione”, norma che dovrebbe ritenersi applicabile nel diritto interno, anche nelle procedure di separazione in materia di affidamento dei minori. Ancora, l’art. 6 (Processo decisionale), prevede che il giudice, prima di decidere, “consulta personalmente il fanciullo”, anche se aggiunge subito: “se del caso”. Il nuovo art. 155-sexies, co I, Cc, diviso in due periodi, detta: “Prima dell’emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti di cui all’articolo 155, il giudice può assumere, ad istanza di parte o d’ufficio, mezzi di prova. Il giudice dispone, inoltre, l’audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento”. Quindi, mentre il giudice le prove, anche d’ ufficio, può assumerle – si tratta pertanto di una facoltà, l’audizione del minore ultradodicenne, o comunque capace di discernimento, deve disporla: si tratta di un obbligo. La norma è importante, e proprio per questo poteva, anzi doveva, essere formulata meglio. Non dice che il giudice deve sentire il minore, ma che deve disporne l’audizione. Occorre allora domandarsi che cosa deve fare il giudice se il minore non si presenta, semmai perché i genitori ritengono di avere raggiunto un buon accordo e non conducono il figlio dal magistrato, temendo che l’audizione del minore possa indurre il giudice a non recepire la loro intesa. Il magistrato potrebbe allora indirizzare al minore una comunicazione con la quale gli intima di comparire, ma non sembra una gran soluzione e rimane il problema che il figlio potrebbe non presentarsi ugualmente. Comunque, il giudice avrebbe disposto l’audizione del minore ed avrebbe rispettato la lettera della legge. Il minorenne, però, rimarrebbe comunque escluso dalla procedura, ed i genitori che avessero inteso non consentirgli di esprimere la sua opinione l’avrebbero avuta vinta. Forse il giudice che guarda alla sostanza e non alla forma potrebbe allora disporre l’accompagnamento del minore, ma c’è da domandarsi se il rimedio non sarebbe peggiore del male. Vero è che l’ascolto del minore dovrebbe avvenire (anche) prima dell’adozione dei provvedimenti provvisori, quindi anche di quello relativo all’assegno di mantenimento, ed il Presidente del tribunale dispone perciò, nella fase preliminare del giudizio, di uno strumento di pressione sui coniugi, perché può posticipare l’adozione di tali provvedimenti finché il figlio minore non compare. Maggiori difficoltà a sentire il minore incontrerebbe però il giudice istruttore, richiesto di modificare i provvedimenti provvisori quando sono già stati adottati da Presidente. La legge avrebbe allora potuto prevedere l’obbligo dei genitori di condurre il minore dal giudice, stimolandoli all’osservanza mediante adeguate sanzioni. In ogni caso i rinvii delle udienze presidenziali motivati dalla necessità di disporre l’audizione del minore rischiano di saturare rapidamente pure i ruoli dei Presidenti di tribunale, e la durata delle procedure di separazione sembra destinata ad allungarsi. La norma non dice che i minori devono essere sentiti personalmente dal giudice, e sembra quindi possibile che il magistrato si serva di un ausiliario, anche se questo comporta un aumento degli oneri del giudizio a carico delle parti. Tuttavia, se si valorizza il disposto della Convenzione di Strasburgo, il cui ricordato art. 6 prevede che il giudice sente personalmente il minore, potrebbe giungersi a conclusioni diverse. Pare allora urgente assicurare ai magistrati, se tante volte essi devono, o comunque possono, ascoltare i minori, un’adeguata formazione, perché se nel corso di un processo è spesso già difficile comprendere che cosa intende dire un adulto, il problema si amplifica quando occorre sentire un minore. Ancora, la legge non specifica se i minori devono essere sentiti dal giudice in presenza dei genitori e non sembra escludere, quindi, che possano essere sentiti da soli, scelta che appare preferibile, quanto meno quando siano accompagnati da un solo genitore.

 Paolo Di Marzio
Magistrato Tribunale di Napoli

 

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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