Quando l’IA gioca coi virus: cos’è successo

Secondo un articolo pubblicato su Wired Italia, un gruppo di ricercatori della Stanford University guidato da Brian Hie avrebbe impiegato un modello di intelligenza artificiale per generare ex novo il genoma di un virus in grado di infettare e uccidere batteri, in particolare ceppi di Escherichia coli resistenti ad antibiotici. 

L’IA in questione (chiamata “Evo” nei suoi modelli Evo 1 ed Evo 2) non è progettata per gestire testi, ma per lavorare con sequenze di DNA, RNA e proteine, invece di comporre frasi, apprende relazioni molecolari e mutazioni genetiche. I ricercatori hanno alimentato questo modello con circa 2 milioni di sequenze di batteriofagi (virus che infettano batteri) e poi gli hanno chiesto di generare varianti del genoma di riferimento ΦX174, un batteriofago ben studiato (5.386 nucleotidi, 11 geni). Di queste varianti proposte, 302 sono state sintetizzate in laboratorio, e 16 hanno effettivamente mostrato la capacità di infettare e distruggere Escherichia coli. 

Gli autori definiscono il risultato come travolgente soprattutto per il potenziale terapeutico: immaginare virus “costruiti” per attaccare batteri patogeni in modo selettivo, riducendo gli effetti collaterali rispetto agli antibiotici tradizionali. 

Tuttavia, questa ricerca solleva anche questioni delicate. Molti esperti mettono in guardia contro il cosiddetto “dual use”, ovvero l’uso duplice di una tecnologia che può avere finalità benefiche, ma anche potenzialmente pericolose se utilizzata in modo improprio. Un modello in grado di generare nuovi virus, anche se oggi limitato ai batteri, potrebbe in futuro essere impiegato per costruire agenti patogeni di maggiore complessità, con rischi imprevedibili. Non è difficile immaginare, ad esempio, la possibilità di progettare virus capaci di infettare l’uomo e avere una maggiore resistenza alle terapie attualmente disponibili, uno scenario che richiederebbe un livello di controllo e di sorveglianza ancora più stringente.

Gli stessi autori del lavoro hanno chiarito che la loro ricerca, al momento, non comporta rischi per l’uomo. Il modello non è stato addestrato su virus che infettano cellule animali o umane, ma soltanto su batteriofagi. Nonostante ciò, la sperimentazione pone interrogativi morali e regolatori che vanno affrontati subito, è necessario stabilire norme condivise per la valutazione dei rischi associati ai modelli di IA applicati alla biologia. Occorrerebbe inoltre introdurre meccanismi di controllo indipendenti per verificare che gli esperimenti rispettino standard etici e di sicurezza, e promuovere una cultura della responsabilità tra scienziati e sviluppatori di IA.

L’idea di un’intelligenza artificiale capace di creare forme di vita suscita comprensibili timori, ma la realtà è meno apocalittica di quanto sembri. Il virus creato alla Stanford agisce esclusivamente su batteri e non può in alcun modo infettare organismi umani. Le IA attuali non possiedono alcuna forma di autonomia biologica: generano soluzioni sulla base di dati forniti dall’uomo e operano sempre sotto supervisione. Tuttavia, la velocità con cui evolvono questi sistemi richiede un’attenzione continua e una regolamentazione preventiva.

In prospettiva, l’uso dell’intelligenza artificiale nella progettazione di virus potrebbe rappresentare un enorme passo avanti anche per la medicina. Le stesse tecniche potrebbero essere impiegate per creare molecole antivirali o vaccini più mirati.

Il confine tra rischio e opportunità dipenderà dalla capacità delle istituzioni scientifiche e politiche di stabilire regole chiare. In definitiva, l’esperimento di Stanford non è la nascita di un “virus artificiale killer”, ma un terreno di prova per capire come convivere con una nuova frontiera della scienza dove nuove tecnologie, come l’AI, e biologia iniziano a parlarsi in modo sempre più profondo. Il futuro della ricerca dipenderà da quanto sapremo governare, e non subire, questa rivoluzione.

Riccardo Fanni Canelles

Ho frequentato la European School of Trieste dall’asilo fino alla terza media in lingua inglese, un percorso che mi ha dato un’impostazione internazionale e stimolante sin dai primi anni di studio. Attualmente sto concludendo il percorso Liceale all'istituto Galileo Galilei” di Trieste ( liceo Scientifico Tradizionale ). Coltivo da tempo un forte interesse per lo sviluppo tecnologico, con una particolare attenzione ai campi dell’intelligenza artificiale e dei videogiochi, che considero strumenti fondamentali per il futuro e potenti mezzi di espressione creativa. 

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