Il sesso cambia anche i farmaci

Le differenze biologiche pesano sui risultati delle terapie

Da La Ragione 

Numerose ricerche scientifiche hanno evidenziato che uomini e donne rispondono in modo diverso alla somministrazione dello stesso farmaco a parità di dosaggio. Questo aspetto è particolarmente rilevante poiché la maggior parte delle medicine in commercio è stata testata prevalentemente su uomini e molto poco su donne. Tale squilibrio può avere conseguenze gravi per il sesso femminile: i rischi di inefficacia terapeutica e di tossicità non vanno infatti sottovalutati. Un concetto ribadito il mese scorso anche dal professor Silvio Garattini. Le differenze biologiche fra i sessi portano a differenti assorbimento, metabolismo ed eliminazione dei composti molecolari assunti. Nelle donne una maggiore percentuale di grasso corporeo e una minore massa muscolare rispetto agli uomini modificano il modo in cui le medicine si distribuiscono nei tessuti. Inoltre alcune differenze ormonali ed epatiche portano a maggiori rischi di accumulo e di tossicità. 

Un’analisi dei dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, condotta su 15 milioni di segnalazioni avvenute fra il 1967 e il 2018, ha rilevato che il 60% dei ricoveri ospedalieri per reazioni avverse riguardano il sesso femminile. I farmaci più frequentemente associati a queste situazioni comprendono quelli ormonali, antiobesità, per la tiroide e per l’osteoporosi. Uno studio condotto dall’Università di Berkeley e dall’Università di Chicago, pubblicato il 5 giugno 2020 sulla rivista “Biology of Sex Differences” ha analizzato 86 farmaci coinvolti in questa problematica fra cui gli antidepressivi, gli analgesici e i medicinali per malattie cardiovascolari: nel 90% dei casi esaminati le donne sperimentano effetti collaterali più gravi rispetto agli uomini. 

Da molti anni la comunità scientifica è dunque consapevole che l’efficacia delle terapie e i loro effetti collaterali variano in base al sesso. L’aspirina, per esempio, è meno efficace nella prevenzione dell’infarto nelle donne rispetto agli uomini, ma risulta più utile nella prevenzione dell’ictus ischemico (“Journal of the American Medical Association”). La fluoxetina e la sertralina, due comuni antidepressivi, vengono metabolizzate più lentamente nelle donne, aumentando il rischio di effetti collaterali senza migliorare l’efficacia terapeutica. Sempre le donne presentano una maggiore sensibilità ai farmaci serotoninergici (“Psychopharmacology Journal”). La metformina, utilizzata per il diabete di tipo 2, ha dimostrato una minore efficacia nelle donne (“Diabetes Care”). Lo zolpidem, un farmaco per l’insonnia, ha un effetto più prolungato nelle donne, aumentando in loro il rischio di sonnolenza e incidenti stradali il giorno successivo all’assunzione, tanto che la Fda ha raccomandato un dosaggio inferiore rispetto a quello prescritto agli uomini (“Fda Drug Safety Communication”). Anche le statine, utilizzate per abbassare il colesterolo, causano più frequentemente effetti collaterali nelle donne a causa di una diversa regolazione del metabolismo lipidico e muscolare (“Circulation Research”). Inoltre, le donne necessitano di dosaggi inferiori per alcuni anestetici (“British Journal of Anaesthesia”).

Oltre alle differenze nella risposta ai farmaci, esistono anche disparità nell’accuratezza diagnostica di alcune patologie. Ad esempio, le sindromi coronariche vengono spesso diagnosticate con ritardo nelle donne rispetto agli uomini: i sintomi si manifestano infatti in modo diverso e possono confondere un medico non preparato su questo aspetto. Per garantire cure sicure ed efficaci a tutti è quindi essenziale approfondire gli studi sulle differenze biologiche fra uomini e donne. L’obiettivo è personalizzare l’intervento medico per adattarlo alle specificità di ciascun paziente. Questo principio rappresenta il fondamento della medicina personalizzata di cui abbiamo già più volte scritto ma che in questo caso possiamo chiamare “medicina di genere”.

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

Rispondi