Investimenti contro la malaria che colpisce di più i poveri

Da La Ragione
Negli ultimi decenni le industrie farmaceutiche, ma anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono state spesso biasimate per aver concentrato la ricerca scientifica sullo sviluppo di farmaci destinati prevalentemente ai Paesi occidentali, trascurando invece le malattie che colpiscono i Paesi in via di sviluppo. Secondo i critici questa scelta è dettata soltanto da ragioni economiche: la limitata capacità di spesa delle popolazioni e dei governi locali rende meno conveniente investire nella ricerca di terapie per le patologie endemiche di queste aree. Pur contenendo un fondo di verità, questa narrazione non rappresenta appieno la realtà della lotta contro la malaria, una malattia che solo nel 2022 ha causato la morte di oltre 600mila persone. Negli ultimi anni sono stati infatti compiuti importanti progressi grazie alla ricerca scientifica – in gran parte portata avanti proprio nei Paesi occidentali – che ha prodotto nuovi farmaci, vaccini e persino strategie di manipolazione genetica delle zanzare, i vettori principali della malattia.
Fra le novità più recenti vi è il nitisinone, un farmaco capace appunto di rendere il sangue umano letale per le zanzare. Originariamente sviluppato come erbicida, il nitisinone (Ntbc) è stato successivamente approvato dalla Food and Drug Administration (Fda) per il trattamento di alcune malattie metaboliche rare. Lo scorso marzo uno studio pubblicato sulla rivista “Science Translational Medicine” ne ha evidenziato l’efficacia anche contro la malaria. Il nitisinone agisce inibendo l’enzima Hppd essenziale per il metabolismo della tirosina, un amminoacido fondamentale per la sintesi di alcuni neurotrasmettitori. Quando una zanzara punge un individuo in trattamento con nitisinone assorbe il farmaco e la tirosina, accumulandosi nei suoi tessuti, la uccide. Il nitisinone si è anche rivelato più efficace e con una durata d’azione superiore rispetto all’ivermectina, un antiparassitario che riduce anch’esso la sopravvivenza delle zanzare e per questo viene già impiegato per il controllo delle malattie tropicali se assunto da uomini e animali da allevamento.
Un altro passo avanti era stato annunciato nel settembre 2024 con la pubblicazione sulla rivista “Science” di uno studio riguardante un nuovo farmaco antimalarico: il Med6-189, ottenuto da un estratto di spugne marine. Diversamente dal nitisi none e dall’ivermectina, questo principio attivo non agisce sull’insetto ma direttamente sul Plasmodium falciparum, il parassita responsabile della malaria trasportato e inoculato dalle zanzare. I risultati preliminari, ottenuti in vitro e su modelli murini umanizzati, indicano una promettente efficacia anche contro i ceppi resistenti ai trattamenti attualmente disponibili.
Ma la lotta alla malaria non si ferma ai farmaci. II 2023 ha segnato una svolta storica con l’approvazione da parte dell’Oms del vaccino R21/Matrix-M, che nei bambini ha mostrato un efficacia di protezione del 75%. Anche il vaccino P/SPZ – in uso sperimentale da diversi anni e basato su sporozoiti vivi attenuati – ha confermato la propria efficacia. Uno studio pubblicato nel dicembre 2024 sulla rivista “The Lancet Infectious Diseases” ha riportato una protezione del 65% negli adulti, confermando anche la sicurezza nelle donne in età fertile e in gravidanza.
Il controllo del vettore (la zanzara) resta comunque un punto cruciale, non soltanto per contrastare la malaria ma anche per combattere altre malattie trasmesse dallo stesso insetto, come dengue e virus Zika. In questo campo, le biotecnologie stanno aprendo scenari rivoluzionari. La tecnica Crispr-Cas9 ha permesso già nel 2018 di ottenere zanzare geneticamente modificate con un gene drive in grado di rendere le femmine sterili. Secondo uno studio pubblicato su “Nature Biotechnology” l’accoppiamento di queste con i maschi selvatici consente la trasmissione del gene modificato, portando all’estinzione della popolazione nel giro di poche generazioni. Attualmente queste zanzare vengono rilasciate in ambienti controllati e la Bill & Melinda Gates Foundation sta finanziando diversi progetti pilota per valutarne l’impatto reale. Sebbene l’obiettivo sia la protezione della salute pubblica, l’idea di sopprimere una specie, anche se nociva, solleva importanti interrogativi etici e ambientali che richiedono una riflessione attenta e condivisa.
Nel loro insieme tutte queste innovazioni delineano un futuro in cui la malaria potrà finalmente essere contrastata con strumenti efficaci, mirati e potenti. Ogni anno che passa la strada per sconfiggere questo nemico millenario diventa infatti sempre più chiara e definita.