
Dall’Italia al mondo, i Caschi blu della cultura sono la punta di diamante di un nuovo sistema internazionale di protezione dei beni culturali, con precedenti illustri. Un viaggio fra la storia e l’attualità di questi moderni Mecenate.
“Monuments Men” è una pellicola del 2014 nella quale un selezionato gruppo di specialisti dell’esercito alleato interviene nei teatri della seconda guerra mondiale per recuperare opere d’arte trafugate dai nazisti.
Capeggiato da un George Clooney nelle vesti dello studioso di storia dell’arte Frank Stokes, il gruppo si dedica a salvare e proteggere l’arte, missione onorevole che si fa necessità dettata dalla coscienza. Una guerra dove i fucili vengono sostituiti dall’intelligenza, le baionette dall’esperienza, i proiettili dalla conoscenza. Una compagnia di ventura con lo scopo di arricchire i propri signori, i legittimi proprietari in particolare e il mondo intero in generale, di beni e opere inestimabili, clandestinamente trafugati e a rischio distruzione.
Finzione e realtà
La narrazione cinematografica prende spunto dall’iniziativa “Monuments, Fine Arts, and Archives”, ideata dal presidente Roosevelt e del generale Eisenhower e parte del Supreme Headquarters Allied Expeditionary Force. Dal 1943 al termine del conflitto il progetto ha portato alla creazione di un reparto d’élite che ha ritrovato e custodito migliaia di capolavori artistici in zone di guerra.
Con l’istituzione di un’iniziativa analoga nel Regno Unito, per volontà di Winston Churchill, il programma è potuto crescere, divenendo, in campo artistico, patrimonio comune di azione delle truppe alleate.
“La più grande caccia al tesoro di tutti i tempi”, com’è stata definita da Robert Edsel nel suo “Monuments Men”, ha contribuito a sviluppare una nuova tutela dei beni culturali. Il tutto a partire dalla Convenzione per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato del 1954, che, assieme ai precedenti del 1899, del 1907 e del 1935 e prima di molte altre, amplierà l’orizzonte di una protezione sempre più efficace.
Da ieri a oggi
I precedenti illustri al di là e al di qua dell’Atlantico hanno influenzato anche l’Italia. Oramai da qualche anno il Belpaese è protagonista di un nuovo e avanzato sistema di cooperazione fra Stato ed enti sovranazionali per la tutela dei beni culturali in caso di conflitto armato.
Con l’istituzione nel 2015 del programma “Unite4Heritage”, da un’idea della Direttrice Generale dell’Unesco Irina Bokova, l’Italia si è fatta promotrice di un nuovo modo di agire per la salvaguardia di arte e cultura. Di certo beni non più sacrificabili di fronte all’insensatezza delle guerre, ma tesori da custodire sempre più gelosamente e preservare come patrimonio dell’umanità tutta, presente e futura.
Il primato italiano
Il braccio operativo del programma Unesco è costituito dai Caschi blu della cultura. L’Italia è ancora oggi l’unico Paese ad aver istituito una struttura permanente a disposizione dell’Unesco per prevenire e risolvere situazioni di “crisi culturale” causate da conflitti armati o da calamità naturali. Un pool apprezzato in patria e all’estero per esperienza e professionalità, un’eccellenza italiana di esperti a protezione del bene più prezioso, la conoscenza.
Formata da civili e militari del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, la task force è impiegata in Italia e all’estero con una molteplicità di funzioni. Da una parte le attività più tipiche di controllo e protezione di beni, siti archeologici e luoghi della cultura. Dall’altra ruoli strategici per i processi di stabilizzazione di aree del mondo, per il mantenimento della pace e il contrasto al crimine e al terrorismo internazionale.
I soldati delle arti hanno assunto nel tempo compiti sempre più variegati. Dall’indagine e dal contrasto ai traffici internazionali illeciti di reperti e opere d’arte alla formazione delle autorità pubbliche nella conservazione dei beni culturali. Funzioni tattiche che si sommano ad attività di supporto e che rendono i “Caschi italiani” investigatori, insegnanti, soccorritori, mecenati. Di arte, cultura, sapere, conoscenza.
Bilancio di successi
A un lustro dalla nascita del progetto “Unite4Heritage”, i Caschi blu della cultura si sono distinti per la qualità del loro operare e per la moltitudine dei risultati conseguiti. Il bilancio dei primi anni di attività ha visto eccellere gli specialisti italiani in attività di grande rilievo, in patria e all’estero.
Dalla messa in sicurezza del patrimonio culturale in seguito agli eventi sismici dell’Italia centrale e insulare degli ultimi anni, alla salvaguardia delle bellezze veneziane intaccate delle alte maree eccezionali, i Caschi blu sono sempre stati i protagonisti.
All’estero un’attività ancor più assidua. Degne di nota sono, dal 2018, le missioni di “Cultural Heritage Protection” e di formazione delle autorità locali in Iraq e in Messico; le operazioni in occasione della recente esplosione nel porto e nella città di Beirut, e ancora, quelle a supporto dell’arte e della cultura in occasione dei recentissimi eventi sismici di Albania e Croazia.
Un’attività incessante quella dei Caschi blu della cultura, sempre più frequente anche nel futuro. Il ruolo globale che questi protettori dell’arte saranno chiamati a ricoprire per la salvaguardia del patrimonio storico e culturale, minacciato dai cambiamenti climatici, assumerà infatti maggiore rilievo.
Un operare rivolto al futuro, ma con uno sguardo costante al passato e ai suoi paradigmi. Certamente a quel “kalòs kai agathòs” del pensiero greco classico che identifica il bello con il buono, e che non può non essere il modello che ispira e delinea l’identità e l’operare dei Caschi blu della cultura. Per salvaguardare l’arte, la cultura e quindi la bellezza. Per arginare la cattiveria del mondo che deriva dall’ignoranza e, in definitiva, da ciò che di brutto esiste.
Immagine: https://storico.beniculturali.it/