Arriva da Ronchi dei Legionari grazie all’associazione Le ali delle notizie la panchina dedicata all’art. 21 della nostra Costituzione: la libertà di stampa.
La panchina, fatta con il legno degli alberi devastati dalla tempesta di Vaia che ha flagellato nel 2018 i boschi del Friuli, è stata installata a Torre Annunziata nel parco di Villa Parnaso il 13 dicembre. Nello stesso giorno Giancarlo Siani è diventato cittadino onorario della città, o meglio è tornato ad essere un cittadino di Torre Annunziata.
Il 23 settembre del 1985 Giancarlo Siani, giovane corrispondente del Mattino da Torre Annunziata, fu ucciso barbaramente dalla camorra a Napoli, mentre rientrava a casa dei suoi genitori. La sua colpa: aver scritto e denunciato i disastri ambientali della foce del Sarno, i traffici illeciti della malavita torrese, gli intrecci inconfessabili tra la camorra emergente dei Nuvoletta e la mafia siciliana; questi ultimi, più di tutto, gli costarono la vita. Così, solo per le sue denunce, per la sua sete di verità, un ragazzo di 26 anni perse la vita.
Il sogno di Giancarlo
Giancarlo non era un eroe e non immaginava di diventarlo. Aveva un sogno, diventare giornalista. Allora come adesso non era facile: lunghi anni passati da praticante solo per diventare pubblicista, la collaborazione con il Mattino come corrispondente da Torre Annunziata, e per farlo bisognava dimostrare di risiedere in città, senza alcuna tutela o inquadramento lavorativo stabile. Ma a Giancarlo non mancava la determinazione, nutrita da tanta passione civile e da tanto tempo passato per le strade ed i vicoli della città vecchia, raccontando la vita senza futuro di chi in quei vicoli era nato ed era destinato a rimanerci.
Le denunce
In quelle denunce, in quella passione civile Giancarlo fu lasciato solo; pesa sulle coscienze la cappa di indifferenza di quegli anni, il fastidio di una comunità che di camorra non voleva sentir parlare, forse troppo preoccupata di essere identificata con essa, ma incapace di prenderne con forza le distanze.
Questo il motivo per cui ci sono voluti quasi 35 anni perché la famiglia di Giancarlo, animatrice e fondatrice della fondazione a lui dedicata, e per lei il fratello Paolo Siani, tornasse a Torre in forma ufficiale, in segno di riconciliazione con quella terra che fu indirettamente causa della sua morte.
Il ricordo
Molti i momenti toccanti della cerimonia e tanti gli spunti di riflessione venuti dai ragazzi delle scuole superiori di Torre Annunziata, dalle autorità presenti, dai giornalisti che hanno voluto esserci. Su tutti resta impresso il ricordo straziante di quando il fratello Paolo ha mostrato due oggetti che appartennero a Giancarlo: il tesserino verde da semplice giornalista pubblicista e la sua sciarpa del Napoli, fatta a maglia dalla madre per quando andava allo stadio con il fratello ed i cugini. Entrambi simboli di un ragazzo come tanti che voleva solo vivere e fare con impegno il mestiere che aveva scelto.
Il monito
Torre Annunziata oggi è orgogliosa di quel cittadino normale che a caro prezzo ha pagato la normalità del suo impegno. Ai cittadini torresi il compito, come ha concluso Giovanni Taranto – giornalista da sempre impegnato sul territorio che a bordo della Mehari verde di Giancarlo imparò i rudimenti della professione, oggi presidente dell’osservatorio sulla legalità del Comune di Torre Annunziata – di fare in modo che Giancarlo sia orgoglioso di Torre Annunziata.