SE ALL’UOMO DEL TERZO MILLENNIO MANCANO GLI STRUMENTI DI CONOSCENZA DELLA FEDE

L’ANALFABETISMO FUNZIONALE DI TIPO RELIGIOSO È PURTROPPO UNA REALTÀ ANCHE IN PERSONE DALL’ALTO TASSO DI CONOSCENZE “CONVENZIONALI”. E QUESTO INFICIA UNA CORRETTA PARTECIPAZIONE ALLA VITA ECCLESIALE

Dal 1984 l’Unesco definisce l’analfabetismo funzionale come “la condizione di una persona incapace di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere da testi scritti per intervenire attivamente nella società, raggiungere i propri obiettivi e sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità”. Tale definizione ci riporta a quelle persone le quali, pur avendo imparato, nel percorso di scolarizzazione, a leggere, scrivere e contare, di fatto risultano incapaci a tradurre queste conoscenze in competenze. Non sono, cioè, in grado di estrapolare dai testi le informazioni per gestire le varie situazioni che la vita quotidiana o il mondo contemporaneo pongono. In altri termini, l’analfabeta funzionale si lascia guidare nella comprensione, e nelle scelte che ne derivano, dalle informazioni che trova, anche in rete, piuttosto che discernere tra tutte quelle veramente funzionali al raggiungimento dei propri obiettivi di vita. Sebbene sia plausibile una certa dimenticanza delle nozioni apprese a scuola, man mano che ci si allontana dall’esperienza scolastica, il problema non riguarda solo specifiche fasce di popolazione del nostro Paese, ma l’uomo di tutte le età.

L’analfabetismo funzionale è oggetto di molteplici indagini, di non facile lettura e quantificazione per il cospicuo numero di persone coinvolte nel problema, per la difficoltà di condurre delle indagini significative, per la sua specificità e per le molteplici forme in cui può essere declinato. Alcune personalità del mondo della cultura, come il linguista Tullio De Mauro o lo storico Alberto Melloni, hanno provato a condurre delle ricerche per avere un’idea più precisa della portata del problema anche soffermandosi sull’analfabetismo funzionale religioso. Quest’ultimo viene sentito come piuttosto marginale dalla cultura, tanto che, tuttora, resta insondato nelle statistiche. Tuttavia, un quadro della situazione si può tracciare incrociando i dati sulla comprensione linguistica degli Italiani condotta da Tullio De Mauro con quelli raccolti dai collaboratori di Alberto Melloni (occupatisi di rilevare, a campione, la situazione di conoscenza di termini e dati a carattere religioso), con i dati di rilevazioni ISTAT (2011) su livelli di scolarizzazione e comprensione della lingua scritta o delle inchieste dell’OCSE: si stima che circa il 70% degli Italiani rientri nella categoria di analfabeta funzionale, un dato decisamente preoccupante.

Ci troviamo, dunque, e non da meno anche dal punto di vista religioso, di fronte ad una vera emergenza educativa. Mancano, anche in persone alfabetizzate, gli strumenti di conoscenza dell’esperienza di fede, i termini del vocabolario religioso, le conoscenze storiche di base della religione che permettono alla persona di leggere e comprendere un testo scritto e partecipare attivamente e consapevolmente alla vita della comunità ecclesiale e sociale. Anche nei casi migliori una lettura “grossolana” non può che avere conseguenze nella traducibilità delle scelte nella vita. I costi sociali dell’analfabetismo funzionale, anche religioso, sono alti: possono andare dall’isolamento della persona dal contesto partecipativo e dalla vita di comunità alle sempre maggiori tensioni nell’integrazione grazione sociale, specialmente in un contesto multiculturale e multireligioso come quello attuale.

In quale direzione, dunque, cercare possibili soluzioni al problema? Per chi, come me, si occupa di istruzione e formazione, è sicuramente nell’educazione, in particolar modo nella scuola, che si deve trovare la “chiave” per affrontare e trovare rimedi al problema. Indico preferibilmente la scuola, rispetto alle altre agenzie educative, perché essa è aperta alla partecipazione di tutti, credenti e non credenti. Nello specifico caso del nostro Paese, essa occupa una parte importante nella vita di una persona. Fino a sedici anni rientra nella categoria dell’obbligo scolastico per non meno di cinque ore al giorno, 200 giorni all’anno. Oggi, grazie alla crescente attenzione rivolta all’istruzione, l’alfabetizzazione delle persone in Italia raggiunge quasi la totalità delle stesse, ma questo generoso dato non corrisponde, il più delle volte, ad un livello tale da rendere la persona partecipe a pieno titolo del patrimonio storico-culturale a disposizione. In questo deficit quantitativo e qualitativo rientra anche quello della cultura religiosa, che, nella Scuola, in ogni ordine e grado, occupa sempre più un ruolo marginale a causa anche di politiche scolastiche poco attente al dato culturale e formativo della religione, trasversale a tutte le discipline coinvolte nell’insegnamento-apprendimento. Il potenziale antropologico così offerto dall’insegnamento della religione nella scuola è trascurato in nome di contenuti non correlati né ad una visione di persona come valore, né ad una visione di educazione come servizio formativo alla persona, volto, quindi, a favorire una piena partecipazione ai propri obiettivi e a quelli della società del proprio tempo.

A coloro i quali non intendono avvalersi dell’insegnamento della religione non viene garantita un’attività alternativa con la stessa conformazione di materia scolastica dell’I.R.C., ma rimane la possibilità di uscire dalla scuola. Si favorisce, così, un’ignoranza sul dato religioso che, nel tempo, va ad incidere sulla capacità di comprensione del contenuto di testi inerenti al tema, e che si ripercuote nei rapporti interpersonali e nella convivenza civile.

Le conseguenze sono così evidenti e rilevanti sul tessuto sociale che, a partire dal 1987, in Italia e nel mondo sono nati gli Istituti di Scienze Religiose, aperti a tutti per promuovere e integrare lo studio e la ricerca scientifica sul fenomeno religioso in una modalità interdisciplinare e con la finalità di maturare competenze specifiche atte a formare educatori consapevoli e preparati nello specifico compito formativo. Si tratta di Istituti che intendono integrare il sistema educativo della Chiesa. Sono collegati alle facoltà teologiche le quali garantiscono il livello accademico degli studi. Al termine del percorso e degli esami, rilasciano il titolo di Licenza in Scienze Religiose.

L’analfabetismo funzionale anche di carattere religioso è una questione principalmente di natura culturale e metodologica che chiede alla scuola un profondo rinnovamento a partire dalle finalità dell’insegnamento. Queste devono essere sempre più centrate sul processo di apprendimento della persona, senza trascurare i contenuti che danno luogo alla formazione. Sullo stesso piano d’importanza si devono collocare metodologie qualitative atte a guidare il cambiamento in corso nella cultura non solo a carattere tecnologico, ma anche metodologico. Allo studente la scuola deve fornire una “valigia di attrezzi” per continuare ad imparare lungo tutto l’arco della vita. La qualità di una siffatta formazione estende la sua portata anche alla maturazione antropologica della persona ed al suo comportamento sociale.

Sulle necessità educative nell’attuale secolo è intervenuto con autorevolezza, alla fine del ’900, Jaques Delors, Coordinatore e membro della Commissione dell’Unesco per l’Educazione del XXI secolo, con un documento intitolato “Learning: The Treasure Within”, tradotto in Italiano “Nell’Educazione un tesoro”. Vengono individuate quattro priorità educative: imparare a conoscere, imparare a fare, imparare ad essere, imparare a vivere insieme. Secondo Delors, si tratta di “pilastri” da costruire per le nuove generazioni affinché trovino nell’educazione un tesoro, non già predefinito in direzione di una professione, ma da accrescere attraverso l’esperienza dell’imparare. Ne deriva che un insegnamento, e la sua naturale conseguenza, l’apprendimento, saranno improntati sulla ricerca degli strumenti che sorreggono il conoscere, intervengono nel fare, maturano nelle personali capacità autonome e critiche di scelta non individualmente, ma insieme agli altri.

Non si può che condividere gli autorevoli orientamenti educativi di Jaques Delors e trovare in essi la chiave per affrontare, con l’auspicio del successo, il complesso e attuale tema dell’analfabetismo funzionale, anche quello di tipo religioso.

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