Una app dal Kenya per dare un taglio alle mutilazioni genitali femminili

Sono solo in 5, ma fanno per più 91,5 milioni. Stiamo parlando di Stacy, Cynthia, Purity, Macrine e Ivy, e del numero di adolescenti di età superiore ai 9 anni in tutta l’Africa. Cosa lega le due voci? È “I-Cut”, la soluzione.

Il gruppo di ragazze keniane ha messo a punto quest’app per connettere le giovani che hanno subito la mutilazione genitale femminile (MGF) all’assistenza legale e medica. Secondo i dati forniti dall’Unicef, l’Africa è purtroppo di gran lunga il continente in cui il fenomeno delle MGF è più diffuso, ma anche in Egitto e in Guinea l’incidenza del fenomeno rimane altissima, toccando il 90% della popolazione femminile. Non solo, si registrano casi di MGF in Europa, Australia, Canada e negli Stati Uniti, soprattutto tra gli immigrati provenienti dall’Africa e dall’Asia sud-occidentale, ma poiché sono episodi che avvengono nella più totale illegalità, sono quindi difficili da censire statisticamente.

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Perché questa pratica? Quali sono le sue conseguenze?

Se il credo islamico è la principale motivazione della pratica della MGF, ci sono anche ragioni relative alla sessualità, all’igiene e all’estetica: c’è la volontà di dominare o ridurre l’attività sessuale femminile, c’è la convinzione secondo la quale i genitali femminili oltre ad essere “osceni” siano anche portatori di infezioni, e si pensa infine che la mutilazione possa favorire la fertilità della donna e la sopravvivenza del bambino.

La mutilazione “è un rito di passaggio dall’infanzia all’età adulta: una donna si ritiene adatta al matrimonio, solo se mutilata. Una sorta di sigillo di castità. Con l’infibulazione, lo scopo è di rendere la donna un oggetto sessuale, incapace di provare piacere e sottoposta ad un controllo totale sulla sua sessualità. Sarà poi lo sposo, a scucire la vulva, nel momento della consumazione del matrimonio”.

Ad eseguire questa pratica sono essenzialmente donne, levatrici tradizionali o vere e proprie ostetriche. Questa procedura è spesso considerata come un servizio dal lauto pagamento ed è per questo che lo status sociale e il reddito di chi le compie è direttamente connesso all’esito di questi interventi.

Oltre al grave dolore durante e nelle settimane successive al taglio, le donne che hanno subito MGF presentano inevitabilmente diversi effetti a lungo termine, siano essi fisici, sessuali o psicologici, come confermato da numerosi report svolti sul campo.”Il dolore inflitto dalla MGF non si ferma con la procedura iniziale, ma spesso continua come tortura in corso durante tutta la vita di una donna”, afferma Manfred Nowak, relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura.

 

I-Cut, l’app che può portare alla svolta

Il 7 agosto, “the Restores” (così si fanno chiamare Stacy, Cynthia, Purity, Macrine e Ivy) hanno partecipato a Technovation, un contest promosso da Google, Verizon e dalle Nazioni Unite, che vuole far imparare ed applicare le competenze necessarie per risolvere i problemi del mondo reale attraverso la tecnologia. La Silicon Valley è così diventata per 5 giorni, la casa di decine di team di ragazze che, dopo aver imparato ad individuare un problema nella propria comunità e ad aver creato un’app per affrontarlo, si ritrovano a dover comunicare queste idee, traducendole in un’attività completamente avviata. In palio ci sono 15 milioni di dollari.

“Dal 2010, oltre 10.000 ragazze provenienti da 78 paesi hanno partecipato a Technovation. Con l’aiuto di mentori volontari, hanno prodotto start-up mobili che hanno aiutato a risolvere problemi nelle comunità locali e globali in tutto il mondo. E mentre ogni anno sempre più ragazze accettano la sfida, sappiamo che ci sono sempre più problemi da risolvere… e che ci sono ragazze da ogni parte del mondo pronte a risolverli”; sono queste le parole degli organizzatori di Technovation che ci aiutano ad inquadrare il contesto nel quale le 5 ragazze di Kisumu (ovest del Kenya) si sono presentate alla rassegna. La loro è un’applicazione per android che aiuta a combattere la mutilazione genitale femminile fornendo una piattaforma per segnalare casi MGF e sostenere le vittime. Nello specifico, l’interfaccia ha un aspetto molto semplice ed intuitivo: 6 icone, che indicano rispettivamente “aiuto”, “salvataggio”, “segnalazione”, “informazioni sulle MGF”, “donazioni” e “feedback” sono di supporto a tutte le ragazze che possono scaricare l’app sul proprio dispositivo mobile.

E se ve lo state chiedendo, la risposta è “no”; nessuna Restores ha subito questa pratica. Le creatrici ricordano però una compagna di classe molto solare e gioiosa che ha smesso di venire a scuola dopo aver subito la procedura, una testimonianza sedimentata nella memoria e nell’esperienza delle startuppers, di quale possa essere la portata delle conseguenze psicologiche per chi subisce questo tipo di trauma.

Se inoltre vi state chiedendo quale sia stato l’esito della Technovation Challenge, il team di ragazze non è riuscito a salire sul gradino più alto del podio. Possiamo dire che hanno comunque vinto sia per aver dimostrato di saperci fare con la tecnologia e sia per la grande volontà e desiderio di riuscire a mettere all’angolo una piaga che nel continente africano è ancora diffusa, e purtroppo in molti Stati, legale.

 

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