E-democracy: la rete e la cittadinanza

Nella Democrazia liquida i cittadini possono decidere in che modo esercitare i propri diritti politici, scegliendo, di volta in volta, se valersene in prima persona o tramite un rappresentante

Gea Arcella

La crisi degli strumenti tradizionali della Democrazia e il sempre più pressante desiderio di coinvolgere i cittadini, fortemente disaffezionati alle modalità di consultazione ordinarie, hanno indotto diversi Paesi a sperimentare l’utilizzo delle nuove tecnologie anche nell’ambito della partecipazione politica: la telematica, in particolare il web, con la sua diffusione sempre più capillare, consente, infatti, forme di Democrazia diretta e non necessariamente rappresentativa,come consultazioni pubbliche, dibattiti anche a distanza, nuove forme di assemblea.
Contemporaneamente, la creazione spontanea di comunità virtuali attraverso la rete ha spinto queste medesime comunità ad utilizzare mezzi di consultazione via internet per l’espressione delle proprie opinioni, coniugando meccanismi di Democrazia diretta con quelli della Democrazia rappresentativa.
A questo proposito si parla di Democrazia liquida, come un modo di esercizio della Democrazia nella quale i cittadini possono decidere in che modo esercitare i propri diritti politici, scegliendo, di volta in volta, se valersene in prima persona o tramite un rappresentante.


La caratteristica di questa tipologia di Democrazia risiede nella massima libertà di scelta su come esercitare il diritto politico: il cittadino decide come, quando, e su cosa farsi rappresentare. Da questo punto di vista, il web, con la sua estrema versatilità, diventa lo strumento di elezione per queste forme di partecipazione.
Nasce così l’e-Democracy, una forma più forte di Democrazia partecipativa nella quale le istituzioni offrono ai cittadini nuovi mezzi, anche sperimentali, basati sulle tecnologie telematiche (internet in particolare) per la partecipazione politica alle scelte istituzionali a qualsiasi livello: locale, nazionale, sovranazionale.
A metà degli anni ’90, gli strumenti informatici, ed anche, inizialmente, la tv via cavo, venivano visti come il mezzo per costruire nuovi istituti di partecipazione, capaci di abbattere le barriere che tradizionalmente impediscono ai comuni cittadini di far parte dei processi democratici.
Per questo, in generale si parlava (e si parla ancora) di nuove tecnologie come fattore di espansione, reinvenzione e rilancio della sfera pubblica, tali da creare uno spazio partecipativo tra pubblico e privato, tra Governi e società civile.
Lo sviluppo tecnologico di questi ultimi anni ha visto, però, il massiccio incremento dell’e-government, che rappresenta solo un aspetto dell’e-Democracy: le nuove tecnologie sono state applicate alle transazioni fra cittadini e pubbliche amministrazioni con il fine di renderle più rapide, efficienti, tracciabili e trasparenti. L’e-government non si concentra sull’informatizzazione dei processi democratici in quanto tali, ma vede nelle reti informatiche solo uno strumento per l’erogazione di servizi e l’ammodernamento della pubblica amministrazione. La logica, invece, dell’e-Democracy è legata ad una profonda riflessione su Democrazia e tecnologie, e su come queste ultime possano offrire nuovi mezzi di Democrazia e partecipazione politica.
Nonostante questa evoluzione o, forse, potremmo chiamarla involuzione in senso aziendalistico del rapporto Stato-cittadini attraverso la tecnologia, non mancano esempi concreti di e-Democracy, ovvero di utilizzo degli strumenti informatici per l’esercizio dei diritti politici. È, però, giusto distinguere forme di semplice voto elettronico da piattaforme di consultazione pubblica più complesse, che consentono la gestione di una vera e propria agorà digitale, attraverso la quale i cittadini possono manifestare le proprie opinioni, partecipare attivamente ai processi decisionali e legislativi e non semplicemente votare.
La votazione elettronica permette di esprimere il proprio voto mediante processi informatici che utilizzano computer o altri dispositivi, anche mobili e, più recentemente, anche il web. Relativamente al voto elettronico, vanno separati i sistemi
semplicemente informatizzati di gestione della votazione, che comunque si svolge fisicamente in un luogo a ciò deputato (c.d. urne elettroniche), dai sistemi di voto a distanza che sostituiscono il voto per corrispondenza con il voto via internet.
Le due metodologie comportano problemi solo in parte simili: entrambi i sistemi, infatti, se utilizzati per l’esercizio dei propri diritti politici, devono confrontarsi con il problema della correttezza e della trasparenza dell’intera procedura di voto e, soprattutto, con il delicato aspetto della privacy; l’utilizzo dell’informatica rende enormemente più semplice e veloce il conteggio e lo spoglio dei voti, ma il fatto stesso che questo venga gestito elettronicamente comporta un tracciamento puntuale di tutte le operazioni con un indubbio rischio che i dati relativi minino il principio dell’anonimato.
Il voto a distanza, inoltre, coinvolge anche il problema dell’accertamento dell’identità dell’elettore e, di conseguenza, la verifica della sua legittimazione a votare.
In America sono stati sperimentati vari sistemi di e-voting ed il primo, molto elementare, ma non di meno efficace, e per questo ancora in uso in alcuni Stati, è stato quello tramite una scheda perforata: all’elettore è richiesto semplicemente di effettuare un foro accanto al nome del candidato prescelto; la tessera viene inserita in un lettore apposito che memorizza il voto e tiene conto delle preferenze totali espresse fornendo un risultato immediato grazie ad un elaboratore.


A tale metodo si sono affiancati nel tempo i sistemi a lettura ottica e i sistemi a registrazione elettronica diretta (DRE) i quali, a loro volta, possono prevedere una ricevuta cartacea comprovante il voto oppure essere totalmente digitali.
Ciò che accomuna tutte queste forme di voto elettronico è la necessaria presenza dell’elettore presso le urne. L’identificazione del cittadino avviene, pertanto, nei modi ordinari.
Nel voto a distanza, come in quello per corrispondenza, l’ulteriore problema da affrontare è come il cittadino possa essere riconosciuto dal sistema elettronico prima di effettuare la votazione conservando contemporaneamente il proprio anonimato.
L’Estonia è stata tra le prime Nazioni a garantire ai propri cittadini la possibilità di votare via internet. Nel 2005 furono utilizzati un PC connesso, la carta d’identità digitale ed un lettore di smart card collegato al computer per poter esprimere la propria preferenza per gli incarichi politici locali. Due anni dopo la procedura venne estesa anche alle elezioni nazionali. Oggi la piattaforma è cresciuta acquistando la fiducia dei cittadini, tanto che, nel 2014, oltre il 30% degli elettori ha scelto di utilizzare l’e-voting a scapito del metodo tradizionale. La comodità di questo sistema risiede naturalmente nel poter svolgere da casa le operazioni di voto senza dover obbligatoriamente presenziare alle urne, ma si basa su un sistema di identificazione forte dell’elettore (la carta di identità elettronica) e su un sistema di cifratura che dovrebbe rendere anonimo
il voto e, contemporaneamente, garantirne la sua immodificabilità.
I punti di vulnerabilità del sistema risiedono nel possibile scambio di persona, qualora la carta di identità elettronica non sia collegata ad un dato biometrico del titolare, e quindi, in buona sostanza, vi possano essere dei voti non espressi dagli aventi diritto o intrusioni di hacker nel sistema del conteggio dei voti, proprio perché espressi a distanza attraverso la rete.
Quello del voto elettronico è solo un aspetto, però, della Democrazia digitale: il web consente forme di consultazione e di espressione delle proprie opinioni molto più articolate della semplice votazione, anche se pone gli stessi problemi che abbiamo analizzato rispetto al e-voting: come assicurare l’identità e la legittimazione di chi si connette alla piattaforma e come, contemporaneamente, garantirne la privacy evitando fenomeni come la profilazione e la schedatura dei cittadini in base alle loro opinioni.
Un interessante esperimento del Comune di Milano prevedeva la creazione di una agorà pubblica a cui potessero accedere i cittadini del capoluogo lombardo sulla base della loro residenza.

Quello del voto elettronico è
solo un aspetto, però, della
Democrazia digitale: il web
consente forme di consultazione
e di espressione delle proprie
opinioni molto più articolate
della semplice votazione, anche
se pone gli stessi problemi che
abbiamo analizzato rispetto al
e-voting

Le credenziali di accesso venivano fornite tramite i notai della città, i quali avevano il compito di verificare l’identità del richiedente, la sua effettiva residenza nel Comune, e di consegnare all’interessato – a seguito del controllo – le credenziali di autenticazione anonime, collegate ad un’identità “spersonalizzata”, ma verificata alla fonte.
Il progetto non ha avuto un seguito concreto, ma coniugava sicuramente la certezza dell’identificazione con la garanzia dell’anonimato.
Le potenzialità della rete sono moltissime anche in campo democratico, e se queste prime applicazioni non hanno sempre conseguito i risultati attesi e non sono scevre da problematiche, è certamente riduttivo limitarne l’utilizzo a mezzo di erogazione di prestazioni o di esecuzione di transazioni economiche tra pubblica amministrazione e cittadini.
La vera sfida resta quella di coinvolgere i cittadini nei processi democratici e, certamente, lo strumento informatico, con la sua diffusione e la semplicità di accesso, offre nuove prospettive che vanno esplorate e sperimentate, nella consapevolezza che di strumento si tratta, mentre la partecipazione e lo spirito di comunità nasce da una visione condivisa e dalla voglia di affrontare e risolvere insieme i problemi: tutto questo non può essere assicurato solo dalla tecnologia la quale, è bene ricordarlo, rappresentata un mezzo e non un fine.

Gea Arcella, Notaio e responsabile editoriale di Auxilia Onlus

 

Gea Arcella

Nata a Pompei, dopo gli studi classici svolti a Torre Annunziata, si è laureata in Giurisprudenza presso l'Università di Trieste nel 1987. Nel 2007 ha conseguito con lode un master di II livello presso l'Università “Tor Vergata” di Roma in Comunicazione Istituzionale con supporto digitale. E' notaio in provincia di Udine e prima della nomina a notaio ha svolto per alcuni anni la professione di avvocato. Per curiosità intellettuale si è avvicinata al mondo di Internet e delle nuove tecnologie e dal 2001 collabora con il Consiglio Nazionale del Notariato quale componente della Commissione Informatica . Già professore a contratto presso l'Università Carlo Bò di Urbino di Informatica giuridica e cultore della materia presso la cattedra di diritto Civile della medesima Università, attualmente è docente presso la Scuola di Notariato Triveneto e Presso la Scuola delle Professioni legali di Padova di Informatica giuridica e svolge attività formative sia interne che esterne al Notariato. E' socia di diverse associazioni sia culturali che orientate al sociale, crede che compito di chi ha ricevuto è restituire, a partire dalla propria comunità. 

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