“Il bio è la svolta della sostenibilità” – ha affermato il vice ministro andrea Olivero, in occasione dell’apertura della 28° edizione del Sana, l’annuale Salone Internazionale del Biologico e del Naturale, organizzato presso Bologna Fiere. Con 833 espositori, 50.000 mq dedicati alla rassegna, Sana 2016 si è distinta non solo come vetrina conoscitiva di prodotti e servizi biologici, gluten free e vegan ok, ma anche come prova di un vero e proprio cambiamento di tendenza sugli acquisti dei consumatori. Si tratta davvero della via giusta per cambiare le sorti del nostro pianeta?
Di Maria Grazia Sanna
Vi è relazione tra agricoltura bio e cambiamenti climatici? Si apre con questa domanda il convegno “L’agricoltura biologica, la risposta al riscaldamento globale” tenutosi lo scorso lunedì in occasione dell’ultima giornata del Sana 2016, il Salone Internazionale del Biologico e del Naturale, allestito per la sua 28° edizione presso Bologna Fiere tra il 9 e il 12 settembre. È questo il dietro le quinte di un evento che, con 47.221 presenze, dimostra la crescente curiosità dei consumatori nei confronti del biologico e conferma un dato: almeno 4 milioni e mezzo di famiglie italiane acquistano almeno un prodotto biologico a settimana, mentre contando gli acquirenti occasionali si raggiungono i 19 milioni. Un fenomeno destinato a crescere, – affermano gli esperti – ma l’agricoltura biologica può segnare realmente la svolta della sostenibilità?
Agricoltura bio o convenzionale?
A questa domanda risponde affermativamente Andrea Olivero, ministro delle politiche agricole, anche quest’anno presente all’inaugurazione del Sana. Lo conferma, nel corso del convegno dedicato all’analisi dell’impatto dell’agricoltura di tipo biologico sull’ambiente, anche Lorenzo Ciccarese, ricercatore presso l’Istituto Superiore per la Protezione e la ricerca ambientale. Quest’ultimo approfitta della tavola rotonda cui partecipano anche Sergio Andreis (direttore di Kyoto Club), Paolo Carnemolla (Presidente di FederBio), Sjef Staps (Senior Research Sustainable Development) e Hans Herren (Presidente e CEO del Millenium Institute), per portare dei dati che dimostrino la differenza tra metodo di coltivazione Bio e convenzionale: i valori di quest’ultimo sono pari a 5,3 miliardi tonnellate a livello globale e non sono dunque ininfluenti sui cambiamenti climatici in atto sin dagli anni ’80.
Questi, secondo il suo punto di vista, sarebbero riducibili solo tramite una migliore gestione dei suoli, delle risaie, degli animali e dell’irrigazione e un sistema di agricoltura biologica che permetterebbe un risparmio di energia pari al 45%. Mentre l’agricoltura convenzionale produce tutt’ora il 40% in più di gas serra.
Incentivi al biologico in Europa
Un dato di cui si è tenuto conto nel corso della Conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici (COP21), nel corso della quale i 195 paesi partecipanti hanno sottoscritto un accordo di intesa che prevede, tra gli altri obiettivi, che i Paesi puntino a raggiungere il picco delle emissioni di gas serra il più presto possibile, e proseguano rapide riduzioni dopo quel momento per arrivare a un equilibrio tra le emissioni da attività umane e le rimozioni di gas serra nella seconda metà di questo secolo (articolo 3).
Per questo gli Stati sono tenuti continuamente sotto controllo e se da una parte non mancano gli allarmismi, dall’altra vi sono anche degli esempi propositivi. Sjef Staps, Senior Research Sustainable Development del Luis Bolk Institute, di origini olandesi, mostra uno dei metodi di incentivazione del sistema di agricoltura biologica, attualmente in atto nei Paesi Bassi. In questo paese, dedito da sempre alla ricerca di innovazioni sostenibili, le aziende sono chiamate a raggiungere un determinato livello di riduzione di Co2 per ottenere un compenso monetario, stabilito in partenza e basato su un metodo di valutazione che premia l’impegno correlato ad ampi risultati positivi. Importante però è anche il coinvolgimento del consumatore, cui i prodotti sono destinati: per questo, in Austria, sulle etichette delle confezioni di alimenti biologici, quali latte e pane, si indica il livello di riduzione delle emissioni così da rendere i cittadini sempre più consapevoli delle differenze tra prodotti biologici e non.
I cluster al Sana
C’è infatti ancora dello scetticismo sulla denominazione bio, spesso utilizzata in maniera spropositata e la scelta, inoltre, può essere fuorviata dal prezzo più elevato rispetto a quello di cibi provenienti da aziende che utilizzano tecniche di coltivazione tradizionale (con pesticidi etc.). Ulteriore discriminante è il gusto. Grazie al Salone del Sana, tuttavia, non solo assidui clienti ma anche semplici curiosi hanno potuto assaggiare cibi di derivazione biologica, passando dai piatti tipi della tradizione, quali il risotto ai funghi (bio) e la pasta al sugo, a salse prelibate, come la maionese che, nella versione bio, diventa mandonaise. C’era anche il cioccolato, irrinunciabile, dal sapore ineguagliabile e amaro nelle confezioni con il 94% di cacao. Infine, non sono mancati i vini e le birre di derivazione biologica, ma anche senza glutine.
Se la differenza spesso non si vede, stavolta si è assaporata, ma basterà convertire i terreni al biologico per salvare il pianeta?