La verità tra le pagine: “Non volare via” di Sara Rattaro

Con il romanzo “Non volare via”, la scrittrice Sara Rattaro racconta la storia di Emma, del suo dolore, della sua rinascita

La letteratura, quando è tale, parla a tutti con i toni giusti. Il romanzo può anche raccontare la verità. Lo ha fatto Sara Rattaro con Non volare via, edito da Garzanti. Una storia profonda, cesellata nella scrittura, per narrare come dal dolore possa fiorire la speranza. In cui l’amore fa male, ma la voglia di tornare ad essere felici è più potente di tutto. Perché non c’è ferita che non possa essere rimarginata.

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Sara Rattaro nasce e cresce a Genova, dove si laurea con lode in Biologia e Scienze della comunicazione. Nel 2010 esce per un piccolo editore il suo primo romanzo Sulla sedia sbagliata. Nel 2011 scrive il secondo, dal titolo Un uso qualunque di te, che ben presto scala le classifiche e diventa un fenomeno del passaparola. La scrittura di Sara e la sua voce unica hanno già conquistato i più importanti editori di tutta Europa, che hanno deciso di scommettere su di lei e di pubblicarla. Nel 2015 ha vinto il prestigioso premio Bancarella con Niente è come te.

Sara Rattaro è stata ospite della rassegna “Il Giardino degli incontri ” a Monfalcone, appuntamento promosso dalla Provincia di Gorizia, in collaborazione con i centri antiviolenza, fra i quali “Da Donna a Donna” di Ronchi dei Legionari, le associazioni femminili dell’Isontino e il Comune di Monfalcone.

Come è nato questo romanzo-verità?

È capitato per caso, in un giorno qualunque. L’ho incontrata. Mi ha fermata, timida, ma decisa. “Ho una storia da raccontare. Una storia importante. Sono stata sequestrata per sei anni da mio marito”.

Ho sospeso il sospiro come se stessi toccando qualcosa di fragile, che si può rompere, che mi spaventa.

Così, Emma mi ha raccontato la sua storia. La stessa che riguarda la vita di tantissime donne. Ogni donna sa di cosa parlo. Ogni donna sa cosa significa aver paura della violenza, cosa significhi badare a se stesse, non andarsela a cercare. Già… siamo cresciute così. Dobbiamo imparare in fretta a vestirci, a sorridere, a dare confidenza in modo adeguato perché, se ci accade qualcosa di brutto, la colpa rischia di essere solo nostra.

Emma mi ha raccontato tutto, anche quello che è difficile spiegare.

Perché l’uomo che ami, che scegli, che difendi, si trasformi nel tuo carnefice. Perché sia così difficile andarsene al primo schiaffo, perché ci sentiamo in colpa, perché pensiamo di poterci salvare da sole. Perché è tutto così inspiegabile, perché, mentre raccogli le forze per salvarti la vita, devi anche fare i conti con i pregiudizi e la cultura.

Sei anni sono tanti.

Mi sono seduta davanti a lei e ho ascoltato. Ho ammirato il coraggio di una donna decisa a relegare il suo passato dove deve stare, laggiù, lontano da dove lo si possa vedere o sentire.

Come era iniziata la storia della protagonista Emma?

Sembrava un amore come tanti. Lui era intelligente e affascinante. Abbastanza per iniziare a sognare. Era forte e tranquillo, così sicuro di sé da sembrare il porto perfetto in cui approdare.

Poi, un giorno, qualcosa cambia. È impercettibile agli occhi di chiunque. Uno scatto, un tono alterato, una parola di troppo. Nulla di strano. Poi, ancora, fino al primo schiaffo. Folle e scioccante, ancor prima di essere doloroso. Emma sente il vuoto nella testa, la nebbia negli occhi, la paura nel cuore. Si chiede: “E se avessi sbagliato persona? No, non è possibile. Non farei mai un errore simile. Non io. Io ho la libertà tra le mani. Io sono forte”.

Emma si sente inadeguata, si rimprovera, ma si carica anche il peso di un possibile aiuto?

Certo, lei ritiene, come molte donne maltrattate, di poterlo aiutare Così, la discesa inizia a diventare ripida e la strada precipita. Il tempo passa e la pelle brucia. Bruciano le idee e tutto quello che credeva di avere, tranne la speranza. La speranza di salvarlo, di tornare a farsi amare, di essere l’unica che può aiutarlo. Speranza ed illusione, le compagne folli della sua adolescenza, si trasformano in trappole dalla morsa decisa.

Che cosa ha significato per Emma liberarsi del suo aguzzino?

Ha ripreso in mano la sua vita, ha ritrovato il rispetto per se stessa e la gioia di vivere con sua figlia e gli altri. Anche il sapore e il valore dei piccoli gesti, come aprire le finestre anche se fuori fa freddo o non ha cucinato nulla. Nella casa dove ha vissuto segregata non poteva farlo, anche l’aria veniva centellinata. Ora può anche buttare via gli avanzi o comprare qualcosa che forse non mangerà, può bere un bicchiere di vino sul divano, guardare la televisione e telefonare a chi le pare.

Approfondendo questa storia e scrivendola, che cosa ha capito?

Ho compreso che, anche se non ho mai avuto lividi, ho l’illusione di poter fare quello che voglio. Nessuna donna è davvero libera. Mai. Tutte facciamo i conti con la nostra educazione, con i sensi di colpa, con la ferocia degli altri.

Nelle vostre chiacchierate c’è stata una domanda che non avrebbe voluto fare?

Perché sei rimasta tutto quel tempo?” Ma lei ha capito il senso di questa insulsa domanda. L’ha sentita molte volte e non si offende.

Mi sono resa conto che era una domanda tanto stupida. Ho messo in dubbio, io per prima, che in fondo le piacesse o se la fosse cercata. Dovevo capire che, se avesse potuto, si sarebbe liberata prima. Evidentemente, non poteva. Non sta a me giudicare, non sono tenuta a farlo. Posso solo accettare che sia così, senza giudicare.

Che ricordo ha Emma dell’ex marito?

Di un uomo malato, sbagliato, violento, che ha incrociato la sua strada. Che ha pensato di potersi impadronire della sua vita solo perché lei era una donna. Ha, però, anche pensato che, forse, da bambino, anche lui sia stato una vittima.

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Uscire dalla violenza si può?

Andarsene è difficile, ma non impossibile. Bisogna chiedere aiuto e mettersi in sicurezza. Rivolgersi a qualcuno che sa cosa fare, che non ti conosce e che ha gli strumenti per portarti in salvo. Ora Emma vive libera con Martina, la figlia a cui è stata tolta l’infanzia, ma che lei ha portato in salvo ricostruendole una vita possibile, piacevole. E’ orgogliosa di questo, Emma. Per questo ho deciso di raccontare questa storia. Per tutte le donne.

di Margherita Reguitti

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