Una foto che riassume la storica questione curda

Questa foto rappresenta la questione curda in Turchia. Questo corpo rappresenta il popolo curdo. Un popolo a cui hanno sparato addosso tante volte mentre lottava per i suoi diritti e per la libertà. Un popolo trascinato fino alla morte.

Orkide Izci

ImmagineCi sono foto che gli occhi si vergognano di guardare, le parole si vergognano di essere pronunciate per raccontarle e le orecchie si vergognano di sentirle. Come quella in cui si vede il corpicino senza vita di Aylan Kurdi sulla spiaggia di Bodrum, Turchia. Aylan era partito con la sua famiglia da Kobane per scappare dall’ISIS, ma è morto nel mare e le onde l’hanno trasportato sulle sponde della Turchia e non della Grecia.
La Turchia è il Paese nel quale vive la maggior parte della popolazione mondiale curda. Per questo motivo il destino della Turchia e dei Curdi si unisce in maniera molto forte, ed “uno diventa l’altro”. Un’altra foto è stata scattata il 2 ottobre scorso. Ritrae un guerrigliero curdo ventiquattrenne. Si chiamava Haci Lokman Birlik ed era cognatodi una deputata del Parlamento turco. Nella città di Sirnak le forze di sicurezza gli hanno sparato addosso. Ferito gravemente, è stato arrestato. Poi è stato ucciso, legato ad un carro armato e trascinato per metri mentre la scena veniva ripresa da una telecamera delle stesse forze di sicurezza. Quando è arrivato all’obitorio, il corpo era a pezzi. Questa foto rappresenta la questione curda in Turchia.
Questo corpo rappresenta il popolo curdo. Un popolo a cui hanno sparato addosso tante volte mentre lottava per i suoi diritti e per la libertà. Un popolo trascinato fino alla morte. I Curdi sono un popolo originario della Mesopotamia. Sono i discendenti degli antichi Medi. Sono 40 milioni e vivono divisi tra Turchia, Siria, Iraq e Iran. Si tratta del popolo più numeroso al mondo senza uno Stato.
Un popolo preso di mira dagli Stati nei quali vive. I Curdi sono stati presi sempre di mira perché in Turchia, ma non solo, chiedono semplicemente di essere riconosciuti, a livello costituzionale, come minoranza etnica. Chiedono semplicemente di poter studiare nella loro lingua madre, di non essere discriminati in quanto Curdi, di godere delle stesse opportunità degli altri cittadini della Repubblica di Turchia. La foto è la dimostrazione che, in Turchia, la questione curda non è molto progredita dai tempi dell’Impero Ottomano. La questione curda emerge nel XIX secolo, quando l’Impero Ottomano muove verso un sistema maggiormente centralizzato. Durante il suo regno, compreso tra il 1808 ed il 1839, il Sultano Mahmoud II cancella unilateralmente il “patto di autonomia” tra l’Impero e le tribù curde raccolte in principati autonomi. Come reazione al sistema accentratore dell’Impero, in questo periodo i Curdi maturano l’idea politica di “Nazione curda”. Questa verrà loro negata dalla neo-fondata Repubblica di Turchia, nata con il Trattato di Losanna.
Firmato nel 1923 con gli Stati occidentali, l’atto determina i confini dello Stato turco. Le tribù curde ribellatesi contro la politica di negazione dell’identità curda vengono represse con violenza prima dall’Impero Ottomano, poi dalla Turchia. La questione curda attira l’attenzione internazionale quando viene fondato il PKK (il Partito dei Lavoratori di Kurdistan), nel 1984, guidato da Abdullah Ocalan.
“Apo” avvia la lotta armata al fine di ottenere l’indipendenza di uno Stato curdo. L’esercito turco ed il PKK combattono per anni nelle montagne dell’Est ed il conflitto causa più di 40.000 vittime. Interi villaggi curdi vengono fatti evacuare ed i profughi sono costretti ad emigrare nella Turchia occidentale oppure all’estero. Nel corso degli anni, vengono proclamati diversi cessate fuoco, per iniziativa di entrambe le parti o unilateralmente da parte del PKK. Poi, però, la guerra ricomincia. Vi sono anche dei tentativi di dialogo e di addivenire alla pace. Il primo è opera dell’ex Presidente della Repubblica, Turgut Ozal. Non ha seguito a causa della sua “misteriosa” morte, avvenuta nel 1993. Nel 2009, il Governo sostenuto dall’AKP (il partito del Presidente Erdogan) dichiara la sua volontà di risolvere la questione curda. Nel corso dello stesso anno, il Governo, rappresentato dal MIT (servizi d’intelligence), ed il PKK si incontrano ad Oslo per discutere di un eventuale processo di pace. Col passare del tempo, gli incontri si trasferiscono in Turchia e si aggiungono nuovi attori. Fra questi, lo stesso Ocalan e membri del partito filo-curdo HDP. Dal 2009 al 2015, la trattativa prosegue tra alti e bassi senza ottenere risultati concreti. Nonostante la scarsa fiducia di cui godeva il Governo a maggioranza AKP, le persone che desideravano la pace da anni volevano sperare a prescindere. Volevano credere che i negoziati avrebbero posto fine alla guerra e avrebbero condotto la Turchia verso una vera Democrazia, nella quale tutti i cittadini potevano vivere la propria cultura senza discriminazioni e godendo degli stessi diritti. Mentre si avvicinavano le elezioni del 7 giugno scorso, il clima politico in Turchia è cambiato. Il partito filo-curdo HDP ha iniziato a guadagnare consensi anche presso i non Curdi.
L’aumento di popolarità dell’HDP ha infastidito anche l’ISIS, che ha fatto esplodere due bombe durante l’ultimo comizio politico del partito due giorni prima delle elezioni. Le esplosioni hanno causato cinque morti e numerosi feriti, tra i quali Lisa Calan, autrice di un articolo su questo stesso numero di SocialNews. La data del 7 giugno 2015 è molto importante per la Turchia e per la questione curda. Quel giorno, superando la soglia di sbarramento del 10%, un partito filo-curdo è entrato in Parlamento per la prima volta nella storia. L’HDP ha, infatti, ottenuto il 13% dei consensi e 80 deputati, privando l’AKP della possibilità, tanto desiderata, di formare un Governo monocolore. Il successo alle urne del partito filo-curdo ha portato tanta speranza in un cambiamento positivo. Non essendosi, però, creato nessun esecutivo di coalizione, la Turchia si è trascinata
in un caos totale. Ci sono stati altri attentati e scontri che hanno rievocato un’atmosfera da stato d’emergenza. In alcune città del Sud-Est sono scoppiati scontri tra le forze di sicurezza ed il PKK.
Nell’area orientale del Paese, i cittadini continuano a morire. Di ciò, all’Ovest se ne parla poco. I pochi che lo fanno vengono arrestati.
L’Associazione per i Diritti Umani (IHD) ha preparato un rapporto nel quale sono state elencate le violazioni dei diritti civili e della libertà. Secondo i dati pubblicati, dal 7 giugno al 9 novembre 2015 ci sono stati 262 morti, 759 feriti e 5.713 arresti sfociati in 1.004 detenzioni. La foto in cui il ragazzo ventiquattrenne viene trascinato da un carro armato rappresenta anche la dignità umana. Quella dignità umana che viene espulsa dai confini dell’Occidente, presa a calci da una giornalista, annegata etrasportata sulle sponde del mare, trascinata fino alla morte.

di Orkide Izci, dottoranda presso l’Università degli Studi di Padova e vicepresidente @uxilia Emilia Romagna

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