La natura dell’Unione Europea nei settori della sicurezza internazionale e della gestione delle crisi – L’azione antipirateria della EU NAVFOR Somalia – Missione Atalanta nell’area del Corno d’Africa (parte III)

di Alfonso De Laurentiis

 

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La Missione Atalanta è ormai attiva da più di cinque anni. Perché l’Unione Europea insegue i pirati e pattuglia i mari al largo delle coste delle Somalia e perché è ancora lì? All’inizio erano i singoli Stati Membri a scortare le navi del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite che erano impegnate a distribuire aiuti umanitari alla Somalia al fine di impedire il diffondersi della fame tra i civili. In seguito, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha autorizzato azioni antipirateria più ampie al largo delle coste somale e nell’autunno del 2008 l’Unione Europea ha assunto l’iniziativa di coordinare le varie azioni degli Stati Membri nell’area. Qualche mese più tardi l’iniziativa si è trasformata in una missione marittima di tipo militare guidata dall’Unione Europea. La missione è basata su tre obiettivi principali: proteggere le navi del Programma Alimentare Mondiale che distribuiscono aiuti alimentari alla Somalia; proteggere la navigazione commerciale; prevenire e reprimere attivamente la pirateria nell’area del Corno d’Africa.

In primo luogo, la Missione Atalanta fornisce sicurezza per gli attori umanitari ma anche per gli interessi commerciali che sono d’interesse strategico per l’Unione Europea a causa del volume commerciale che transita nell’area. La missione ha registrato buoni risultati e il numero degli episodi di pirateria si è drasticamente ridotto. Tuttavia, poiché la situazione in Somalia rimane estremamente seria, se la missione dovesse interrompersi il peso della pirateria avrebbe grosse possibilità di tornare quello che era prima dell’intervento. Per impedire che questo accada l’Unione Europea sta affrontando le cause della pirateria in Somalia nell’ambito di un approccio allargato e utilizza i vari strumenti a sua disposizione per provare a favorire un quadro migliore nel Paese. L’ideale sarebbe giungere a una situazione ottimale che porti automaticamente alla fine della missione, ma in questo momento le condizioni non lo permettono.

L’Unione Europea gode di pieni diritti quando si tratta di impegnarsi in azioni antipirateria e inviare navi da guerra in aree contraddistinte da crisi e conflitti. L’Unione Europea conduce una Politica Estera di Sicurezza Comune grazie all’articolo 24 del Trattato sull’Unione Europea. Tale politica copre tutte le aree della politica estera e tutti gli aspetti riguardanti la sicurezza dell’Unione Europea. Si fa anche riferimento a molti degli obiettivi delle politiche di relazioni esterne dell’Unione Europea, così come stabilito dall’articolo 21 del Trattato sull’Unione Europea. Gli obiettivi includono in particolar modo la tutela dei valori e degli interessi dell’Unione Europea; il consolidamento e la promozione dei principi di diritto internazionale; il rafforzamento della sicurezza internazionale. Nell’ambito dellaPolitica Estera di Sicurezza Comune l’Unione Europea è impegnata nella Politica di Sicurezza e Difesa Comune definita dagli articoli 42 e 43 del Trattato sull’Unione Europea. Attraverso tale politica l’Unione Europea può condurre missioni militari atte a potenziare la sicurezza internazionale. Queste missioni possono includere le attività di soccorso umanitario, peace-keeping e altre azioni: è su queste basi che è stata pensata la Missione Atalanta.

A capo della missione si trova un ammiraglio britannico, supportato dal quartiere generale dell’Unione Europea di Northwood (Regno Unito), mentre il comandante delle operazioni nel teatro della missione svolge le sue funzioni a bordo di una delle navi. A livello politico, il Comitato Politico e di Sicurezza (CPS) esercita il controllo politico e imprime la direzione strategica alla missione sotto la responsabilità del Consiglio dell’Unione Europea e dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Le decisioni chiave vengono assunte dal Consiglio stesso e includono l’adozione del mandato e l’approvazione delle regole d’ingaggio.

Le forze dell’Unione Europea sono entrate nelle acque territoriali della Somalia e hanno persino svolto un attacco aereo lungo la costa. Tali attività violano il diritto internazionale? Ogni attività dell’Unione Europea deve rispettare il diritto internazionale, così come richiesto dai trattati. Inoltre, per la Missione Atalanta ciò è specificato anche all’interno degli atti legali a sostegno delle operazioni. A tal proposito, è utile evidenziare cinque punti: in mare aperto ogni Stato può condurre azioni antipirateria nel rispetto delle leggi e lo stesso principio vale nelle zone di competenza economica esclusiva degli Stati; nelle acque territoriali della Somalia il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha autorizzato le stesse azioni che sono permesse contro i pirati in mare aperto, a condizione che le autorità somale notifichino al Consiglio di Sicurezza o al Segretario Generale delle Nazioni Unite le intenzioni degli Stati o delle organizzazioni internazionali impegnate nelle operazioni; l’Unione Europea è stata autorizzata anche da alcuni Stati a svolgere certi compiti nelle acque territoriali di altri Stati della regione; una delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza autorizza in modo specifico l’uso di tutte le misure necessarie sul territorio somalo: è su queste basi che l’Unione Europea ha svolto azioni aeree; ogni azione dell’Unione Europea in quest’ambito, in mare o a terra, deve essere conforme ai principi propri dei diritti umani. Le azioni aeree, infine, possono essere svolte soltanto contro le proprietà, ad esempio le imbarcazioni dei pirati o altri beni, e non contro i pirati stessi.

Quando vengono eseguiti degli arresti i pirati godono di diritti umani così come ogni altro essere umano. I documenti legali della missione e i documenti di lavoro richiedono in modo esplicito che l’Unione Europea rispetti certi diritti. Uno degli aspetti centrali della questione è rappresentato dall’eventuale processo per i sospettati. L’Unione Europea non è nella posizione di processare i pirati, per cui uno Stato competente deve decidere se perseguire o meno i sospettati catturati durante le operazioni. Lo Stato competente può essere quello che ha inviato le forze che hanno arrestato il sospettato, un altro Stato che partecipa nell’operazione oppure un altro Stato, ad esempio uno della regione. Nella pratica è in primo luogo uno Stato della regione – Kenya, Seychelles o Mauritius – che deve decidere se promuovere un’azione penale nei confronti dei sospetti di pirateria. Affinché ciò possa accadere l’Unione Europea ha stipulato con questi Paesi accordi di trasferimento che esplicitamente richiedono il rispetto di alcuni diritti umani, tra questi il trattamento umano, il giusto processo e la proibizione di imporre la pena capitale. In aggiunta, l’Unione Europea sta fornendo supporto a quei Paesi in modo da porre le condizioni per una reale capacità di procedere penalmente contro i pirati. Al fine di raggiungere lo scopo prefissato sono stati applicati degli accordi operativi, che pur mantenendo una serie di salvaguardie relative alla protezione dei diritti umani, sono utili a far sì che i somali condannati in un altro Paese della regione possano scontare la propria pena in Somalia.

Infine, l’Unione Europea sta cercando di porre in essere ciò che serve ad assicurare che i pirati vengano processati e non godano di impunità, agendo in ogni caso attraverso metodi che permettono di colpire la pirateria all’interno del perimetro dei diritti umani applicabili.

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