Bonifiche dei siti inquinati: chimera o realtà?

di Michela Arnò

Legambiente presenta un dossier denuncia in cui si contano 100 mila ettari di territorio italiano contaminato. Rischi smaltimento illegale dei rifiuti, criminalità ed ecomafia per un giro d’affari di 30 miliardi di euro.

bonificheSi contano 39 siti di interesse nazionale, 100 mila ettari di superfici inquinate e 6 mila aree di interesse regionale nel dossier “Bonifiche dei siti inquinati: chimera o realtà?” presentato da Legambiente insieme al Ministro dell’Ambiente Andrea Orlando e altri esperti in ambiente e salute.
Secondo i dati resi noti, la superficie inquinata contava negli scorsi anni fino a 180 mila ettari, scesi a 100 mila lo scorso anno per la derubricazione di 18 siti da nazionali a regionali, facendo ridurre i SIN da 57 a 39.

Dal report emerge l’elevato rischio di criminalità ed infiltrazioni ecomafiose nel settore: già dal 2002 sono state 19 le indagini concluse, 150 le ordinanze emesse di custodia cautelare, 550 le persone denunciate e 105 le aziende coinvolte.

Ad oggi, con un giro d’affari che si aggirerebbe intorno ai 130 miliardi di euro per il risanamento ambientale, dal 2001 al 2012 sono stati emessi 3,6 miliardi di euro tra soldi pubblici ed investimenti privati, con risultati ben poco concreti. Solo in 11 SIN sono stati presentati al 100% i piani di caratterizzazione, solo in 3 SIN sono stati approvati i progetti di bonifica, mentre sono 254 i i progetti di bonifica di suoli o falde con decreto di approvazione.

Secondo il presidente di Legambiente Stefano Ciafani, nonostante i primi siti da bonificare siano stati individuati nel 1998, la situazione attuale è di sostanziale stallo a causa di analisi inefficace, progetti di risanamento che tardano ad arrivare e bonifiche completate praticamente assenti, a parte qualche piccolissima eccezione.

Accanto a questo drammatico scenario, si manifesta l’elevato rischio sanitario per i residenti in 44 SIN: dai numerosi casi di tumori alla pleura nel sito inquinato da fluoro-edenite di Biancavilla, nei siti contaminati da amianto a Balangero, Casale Monferrato, Broni, Bari-Fibronit, o dove l’amianto è uno degli inquinanti presenti (Pitelli, Massa Carrara, Priolo e Litorale Vesuviano); agli incrementi di mortalità e malattie legate alle emissioni degli impianti petroliferi, petrolchimici, siderurgici e metallurgici (Gela, Porto Torres, Taranto e nel Sulcis in Sardegna); alle malformazioni congenite a Massa Carrara, Falconara, Milazzo e Porto Torres. E ancora sono numerose le patologie del sistema urinario per l’esposizione a metalli pesanti (Piombino, Massa Cararra, Orbetello, nel basso bacino del fiume Chienti e nel Sulcis); gli eccessi di malattie neurologiche da esposizione a metalli pesanti e solventi organo alogenati (Trento nord, Grado e Marano e nel basso bacino del fiume Chienti), ma anche dei linfomi non Hodgkin da contaminazione da PCB (Brescia).

Tra i siti inquinati più vasti, menzione speciale spetta alla Terra dei Fuochi, nel programma di bonifica dal 1998, ma dal 2012 inspiegabilmente diventato sito di interesse regionale.

SIN legambiente

Per avviare concretamente i processi di risanamento ambientale in Italia, Legambiente presenta 10 proposte:

1. Garantire maggiore trasparenza sul Programma nazionale di bonifica, permettendo a tutti di accedere alle informazioni sull’aggiornamento del risanamento di ciascun sito di interesse nazionale da bonificare.

2. Stabilizzare la normativa italiana e approvare una direttiva europea sul suolo

3. Rendere più conveniente l’applicazione delle tecnologie di bonifica in situ, passando dalla stagione delle caratterizzazioni a quella dell’approvazione dei progetti e dell’esecuzioni dei lavori, per realizzare bonifiche vere e non le solite messe in  sicurezza o i soliti tombamenti.

4. Istituire un fondo nazionale per le bonifiche dei siti orfani: uno strumento attivo negli Stati Uniti dal lontano 1980 (quando fu approvata la legge federale sul Superfund) e previsto anche nella proposta di direttiva europea sul suolo presentata nel 2006.

5. Sostenere l’epidemiologia ambientale per praticare una reale prevenzione

6. Fermare i commissariamenti anche sulle bonifiche dei siti inquinati – così come su altre emergenze ambientali – i commissariamenti attivati negli anni si sono dimostrati un vero fallimento.

7. Potenziare il sistema dei controlli ambientali pubblici

8. Introdurre i delitti ambientale nel codice penale

9. Applicare il principio chi inquina paga anche all’interno del mondo industriale, promuovendo all’interno delle associazioni di categoria iniziative tese a escludere i soci che ricorrono a pratiche illecite nello smaltimento dei rifiuti, anche derivanti da operazioni di bonifica.

10. Ridimensionare il ruolo della Sogesid, società pubblica attiva sulla gran parte dei SIN e al centro di recenti indagini giudiziarie, affinché il Ministero e gli altri enti di supporto riprendano appieno le loro competenze ed affidino eventualmente specifiche attività a soggetti individuati sulla base di gare pubbliche o comunque sulla base di valutazioni comparative.

Il dossier completo di Legambiente: http://www.legambiente.it/bonifiche-siti-inquinanti-dossier

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