di Angela Fauzzi e Alessio Gaccione
Un parassita che vive sulle spalle degli altri. Così viene rappresentato chi non paga le tasse nello spot anti-evasione fiscale realizzato nel 2011 da Ministero dell’Economia e delle Finanze, Agenzia delle Entrate e Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri e diffuso sui principali media nazionali. L’invito rivolto agli Italiani è quello di sconfiggerlo, chiedendo sempre scontrino e ricevuta: il “parassita” va denunciato perché vive a spese degli altri e danneggia tutti. Morale impeccabile. Altrettanto efficace? Possono esistere strategie comunicative alternative capaci di contribuire con maggiore incisività alla lotta all’evasione fiscale? Per troppo tempo ci si è concentrati sulla figura dell’evasore, finendo, così, per accrescerne la visibilità al di là della sua presenza, fino a ridefinirne l’identità: da ladro a furbo, la differenza è divenuta, nel corso degli anni, soprattutto in Italia, lieve ed intangibile. Additato come parassita, l’evasore è diventato un furbo che aggira le regole e le usa a suo favore mentre lo Stato non riesce a fermarlo. Il continuo dibattere su come fermare gli evasori ha contribuito ad accrescere il pensiero, nei cittadini, che il fenomeno sia in netta espansione. Alcuni studi condotti nel 2009 negli Stati Uniti rivelano come, spesso, la propensione a non versare le tasse sia legata alla diffusa – ed errata – convinzione di un elevato livello di evasione fiscale complessiva. Convinzione, spesso, alimentata dall’allarmismo dei Governi e dai media, che diventano inconsapevoli propulsori proprio di quel fenomeno che vorrebbero contrastare. La ripetuta denuncia della diffusione di un problema – sostengono l’economista Richard Thaler ed il giurista Cass Sunstein nella pubblicazione Nudge (2009) – contribuisce, paradossalmente, ad aggravarlo. Una case history riportata nel libro riguarda un gruppo di famiglie del Minnesota a cui è stato inviato, assieme al modulo fiscale, un foglio informativo. Alcune di queste famiglie sono state informate del fatto che le loro tasse avrebbero finanziato servizi utili per la comunità; altre si sono trovate di fronte ad un minaccioso avviso che annunciava sanzioni per gli evasori; altre, ancora, hanno ricevuto semplici indicazioni per la compilazione del modulo; infine, un altro gruppo di famiglie è stato informato del fatto che il 90% dei concittadini aveva già pagato regolarmente le imposte dovute. Contro le previsioni generali, ad assumere un effetto degno di nota è stato l’ultimo foglio informativo citato: quanto più il singolo viene a conoscenza del comportamento corretto e responsabile degli altri, tanto più forte è la sua voglia di aggregarsi alla massa. Stando a queste ricerche, sembrerebbe che la strategia comunicativa da attuare per aumentare la cosiddetta “tax compliance” – l’adempimento spontaneo agli obblighi tributari – sarebbe quella di diffondere la sensazione – peraltro fondata su dati empirici – che la maggior parte dei cittadini paghi le tasse. D’altro canto, un modo forse più efficace per contrastare l’evasione potrebbe essere quello di ignorare l’evasore, isolarlo, renderlo minoranza nella comunità in cui vive. Se il comportamento del contribuente risente del contesto in cui vive, presentandone uno migliore di riferimento dovrebbero cambiare anche le “cattive abitudini” dei cittadini evasori. La logica è semplice: se dieci amici comprano ciascuno un gelato e poi solo uno di questi butta il tovagliolino a terra mentre gli altri lo ripongono nel cestino della spazzatura, il “deviante” si sentirà a disagio, diverso dagli altri e finirà per estraniarsi completamente dal gruppo o, più facilmente, si omologherà al comportamento corretto della maggioranza. Eppure, è piuttosto ambiguo pensare che l’ovvia constatazione che i cittadini paghino regolarmente le tasse possa far notizia e conquistare le prime pagine dei giornali, diventare argomento di conversazione o, almeno, scenario di riferimento. Se a far notizia è sempre qualcosa di nuovo ed insolito, qui dov’è la novità? È forse nel bisogno dei cittadini di sentirsi rassicurati dai media della loro appartenenza ad una comunità giusta e responsabile? Attilio Befera – Direttore dell’Agenzia delle Entrate e Presidente di Equitalia – ha lanciato, qualche mese fa, la proposta di garantire un riconoscimento ai contribuenti onesti. In occasione di un convegno organizzato dalla scuola di didattica Aidea alla Facoltà di Economia dell’Università di Torino, ha osservato che, oltre a contrastare i comportamenti scorretti sotto il profilo fiscale, sarebbe opportuno premiare i contribuenti onesti o, quanto meno, essere riconoscenti per la loro onestà. Più spazio e meriti ai contribuenti, dunque, e meno pubblicità agli evasori. E se i mass media non danno spazio agli esempi virtuosi, a questo ci pensa la rete attraverso un portale creato da due ingegneri elettronici, Ernesto Puddu ed Alessandro Cireddu. Si tratta del portale nonevado.it, un sito in cui gli utenti possono segnalare gli esercizi commerciali che rilasciano regolare fattura. L’idea è quella di offrire visibilità a professionisti, aziende e negozi onesti. La strategia utilizzata è quella di Wikipedia: gli utenti hanno la possibilità di lasciare commenti in modo da smascherare eventuali disonesti che approfittano dello strumento. Il portale nasce nel 2011 e, ad oggi, sono 1.285 i casi positivi segnalati, con un picco in Lombardia, stando alla mappa presente sul sito. È forse iniziata l’era in cui, a far notizia, non sarà più il nullatenente con la Ferrari di Cortina, ma un commerciante che ti fa lo scontrino?
Angela Fauzzi e Alessio Gaccione