Giovanni Di Leo
Quali sono le cause dell’evasione fiscale? e perché, in Italia, questo fenomeno ha conosciuto una simile, incontrastata, espansione? Esiste, per l’osservatore attento, una diretta correlazione tra vari fenomeni patologici, quali la corruzione, l’evasione ed il crimine organizzato.
Il rapporto che ormai lega evasione fiscale ed economia criminale è divenuto talmente stretto ed intrecciato che sembra non possa procedersi a contrastare l’una senza attaccare l’altra. Se è vero che nei prossimi anni, per rimanere all’interno dei parametri di Maastricht e non rischiare procedure di infrazione, dovremo tagliare un altro bel po’ di spesa pubblica, per garantire i livelli di servizi pubblici minimi di un Paese civile (sanità, trasporti pubblici, sicurezza sociale e sicurezza interna ed esterna) è inevitabile far sì che non un solo euro di denaro pubblico vada sprecato. L’evasione fiscale, oltre ad una fonte di arricchimento illecito personale, è, nello stesso tempo, funzionale allo sperpero di denaro pubblico e favorisce il sorgere del crimine economico organizzato e la creazione di enormi ricchezze illecite. A loro volta, queste esercitano un effetto depressivo sul ciclo economico, consumando ricchezza per nascondere la loro provenienza in infiniti passaggi estero su estero che servono ad impedire di riconoscerle. Nei vari passaggi, paradisi fiscali, banche, trust e fiduciarie estere lucrano commissioni sul sudore degli Italiani senza produrre alcunché. Ma quali sono le cause dell’evasione fiscale? e perché, in Italia, questo fenomeno ha conosciuto una simile incontrastata espansione? Esiste, per l’osservatore attento, una diretta correlazione tra vari fenomeni patologici, quali la corruzione, l’evasione ed il crimine organizzato. Tali fenomeni trovano nella farraginosità del sistema italiano, caratterizzato da elevatissimi livelli di tassazione e da complicatissimi sistemi di agevolazioni fiscali ed economiche, l’humus normativo in cui installarsi e prosperare. Ciò crea il fattore economico distorsivo dato dalla presenza, nel circuito finanziario, di un’enorme mole di ricchezza di provenienza “criminale”, con effetti perversi tanto sui processi di scelta di allocazione delle risorse pubbliche, quanto sulla formazione dei prezzi, ad esempio nel settore immobiliare in alcune città. Occorre, quindi, contrastare il fenomeno dell’evasione partendo da alcuni postulati: a) il Paese non se la può più permettere, a pena del collasso sociale e della sicurezza pubblica; b) la fonte dell’evasione sta non solo, come si tenta di sostenere, nell’eccessivamente elevata pressione fiscale, ma nell’estrema farraginosità del sistema tributario, che conosce una tale quantità di imposte, tasse, balzelli, agevolazioni, esenzioni, ecc. da consentire ai “furbetti” qualsiasi tipo di manovra elusiva dell’obbligo tributario; c) il sottobosco che prospera in questo regno del peccato ingrassa a scapito della parte più debole della società; d) le risorse economiche destinate al soddisfacimento del principio di solidarietà si riducono di conseguenza; e) la criminalità organizzata, che ha imparato a servirsi sia dei meccanismi truffaldini elaborati dagli specialisti dell’evasione fiscale, sia di quel sottobosco professionale, trova sempre più lucroso dedicarsi a tali attività rispetto ai normali traffici illeciti (droga, estorsioni, ecc. lasciati alla parte più negletta della società criminale), attirata da un rischio penale praticamente pari a zero, dall’abbondanza di prestanome e da un rischio economico minimo. L’utilizzabilità del know how necessario alle grandi evasioni per i grandi riciclaggi ed i reinvestimenti in attività lecite dei proventi che “puzzano” costituisce un ulteriore fattore di rischio per la sicurezza economica del Paese. La somma di questi fattori può rivelarsi fatale per qualsiasi sistema democratico che, nella ricerca spasmodica di consenso, sembra aver abbandonato la via dell’etica e della Costituzione.
Giovanni Di Leo
Sostituto Procuratore Direzione Distrettuale Antimafia di Caltanissetta