Frodi carosello, un delitto “quasi” perfetto

di Beatrice Spurio

Ci rubano i soldi, ma anche le parole. Fino a pochi anni fa, il termine “carosello” riportava alla mente momenti di famiglia davanti alla tv, in un’Italia che fu. Oggi significa sempre più frodi colossali in un’Italia che rischia di non esserci più. Nel 2011, la Guardia di Finanza ha scoperto quasi due miliardi di Iva evasa attraverso le cosiddette “frodi carosello”, reato fiscale assai diffuso in Europa. Come per ogni tipo di frode, anche in questo caso si utilizzano artifizi per non pagare le imposte dovute, riuscendo, in alcuni casi, ad ottenere addirittura un rimborso dallo Stato. Il termine “carosello” deriva dal percorso truffaldino, che chiama in causa diversi soggetti – alcuni di essi, a volte, inconsapevoli – per portare a termine l’intento criminoso. Il meccanismo sfrutta spesso una carente unità legislativa a livello comunitario: poiché non esiste un’Iva (imposta sul valore aggiunto) uguale in tutti gli Stati europei, l’attuale disciplina dell’imposta mira a non ostacolare il mercato, consentendo gli scambi in regime di “sospensione Iva”, senza applicazione dell’imposta. In Italia, l’Iva pesa sul consumatore finale, poiché, nei diversi passaggi intermedi della catena commerciale, chi vende l’addebita e chi acquista la detrae, ossia la paga e poi la scomputa dall’ammontare di imposte da pagare. La legge comunitaria, però, prevede che qualunque compravendita realizzata con un Paese UE sia documentata da una fattura nella quale figura solo il prezzo del bene scambiato, senza Iva, situazione sfruttata dagli ideatori dei caroselli. Se, ad esempio, un soggetto commerciale di uno Stato europeo (A) vende ad un grossista di un altro Stato europeo (B) un prodotto a 100 euro, incasserà, appunto, 100 euro. Il soggetto B rivenderà sul mercato nazionale tale prodotto ad un terzo soggetto C ad un prezzo maggiore (es. 120 euro) – in un’ovvia logica di guadagno – applicando, in più, l’Iva all’acquirente (es. 120 euro + Iva). Il soggetto C pagherà la cifra dovuta a B dopo l’addebito dell’Iva nel prezzo di acquisto e registrerà nella propria contabilità l’imposta pagata sotto forma di “detrazione”, ovvero di imposta da scomputare dal totale delle imposte dovute. La stessa logica vige fino all’ultimo soggetto (D, E, F, ecc.) che pagherà l’Iva. Le frodi carosello si attuano scomponendo il prezzo del bene dal primo all’ultimo passaggio della catena per eliminare l’aggiunta dell’Iva sul costo finale. Una prima società reale vende un prodotto fittiziamente ad una seconda società fittizia – chiamata “cartiera” perché produce solo fatture ed è intestata ad un prestanome con partita Iva. Questa, poi, lo rivende ad una terza società, reale e spesso inconsapevole della truffa. In questo caso, se A (soggetto comunitario) vende a B a 100 in regime di non imponibilità, la stessa B, essendo una cartiera e non avendo interesse a guadagnare, ma solo a contribuire all’abbassamento del prezzo finale eliminando l’imposta, venderà a C ad un imponibile inferiore, per un totale comprensivo di imposta di poco superiore al prezzo di acquisto (es. acquista a 100 e rivende a 102 scomponendo il prezzo in 85 di imponibile e 17 di Iva). A parità di passaggi intermedi, il prodotto arriverà ad un prezzo molto inferiore rispetto alle normali condizioni di mercato. Ogni componente di Iva documentata nei passaggi che vanno dalla cartiera al venditore finale rappresenta una somma che chi vende incassa col prezzo del bene ceduto, ma che poi, generalmente, non versa all’Erario. Non solo. A volte, l’ultimo soggetto non immette il prodotto sul mercato, ma lo rivende al primo venditore, con altrettante operazioni fittizie ed altrettanta imposta incamerata (cosiddetti “caroselli chiusi”): in questi casi, il venditore finale avrà anche un credito Iva verso lo Stato e potrà presentare istanza di rimborso. Cosa prevede la legge per gli autori delle frodi carosello? In Italia, (D. Lgs. 74/2000) viene punita l’emissione di fatture per operazioni inesistenti. A livello comunitario, dove è la Corte di Giustizia di Lussemburgo a venire in soccorso ad una legislazione non del tutto armonizzata in materia, il vero discrimine è la consapevolezza o meno dei singoli soggetti di far parte del circuito criminoso, visione che tutela gli operatori economici. Essi possono acquistare una partita di merce ad un prezzo ritenuto competitivo senza sapere di essere entrati all’interno di una frode carosello. Da ultimo, la Corte di Cassazione ha precisato (sentenza 8722/13, depositata il 10 aprile 2013) che, in presenza di fatture inesistenti, anche se inserite in un contesto di frode carosello, il giudice può ridurre fino alla metà del minimo le sanzioni quando è manifesta la sproporzione delle stesse rispetto all’entità del tributo.

Beatrice Spurio

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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