Fra profit e non profit

”Condizionato dalla mia trentennale esperienza nell’ambito del welfare, del terzo settore, della cooperazione sociale, cercherò di stimolare il dibattito attraverso alcune riflessioni di seguito riportate per cercare di comprendere se l’economia sociale-civile, il terzo settore-la cooperazione sociale possono essere buone pratiche da valorizzare e sostenere”.

• LA CRISI ECONOMICA, PROBLEMA ED OPPORTUNITA’. Dopo un primo allarmismo, per lo più mediatico, la crisi ha cominciato ad evidenziare tutto il suo potenziale distruttivo con alcuni eventi finanziari devastanti, producendo effetti non solo finanziari, ma anche economici e generando, nel 2010, grossi problemi nel mondo del lavoro. Purtroppo, noi che ci occupiamo di INCLUSIONE SOCIALE, povertà, servizi sociali, sappiamo bene che dopo la crisi finanziaria del 2008, quella economica del 2009, quella del lavoro nel 2010, il 2011 e il 2012 potrebbero essere gli anni dell’ESCLUSIONE SOCIALE. Le persone collocate nelle cosiddette “fasce deboli” che perderanno il lavoro (ed è bene ricordare che i primi ad essere colpiti saranno disabili, immigrati e giovani) correranno forti rischi di essere catapultati in quella categoria di Persone svantaggiate identificate dalla legge 381 del 1991 (legge sulle cooperative sociali) o dal regolamento europeo 800 del 2008. La speranza è che le approfondite analisi realizzate in questi anni, ma, più che altro, le “POSSIBILI SOLUZIONI”, vengano realmente praticate, nella consapevolezza che non si può uscire da una crisi adottando gli stessi strumenti che l’hanno generata. Nella misura in cui le persone, i gruppi sociali, la politica, i governi sapranno modificare comportamenti e stili, potremmo realmente affermare che questa crisi si è rivelata anche un’opportunità. “La crisi ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impiego, a puntare sulle esperienze positive e a rigettare quelle negative. La crisi diventa così occasione di disorientamento e di nuova progettualità” (par. 21). Ma per fare questo è necessario esser convinti non solo CHE UN ALTRO MONDO È POSSIBILE, ma che è REALMENTE ESITENTE.
• UN ALTRO MONDO ESISTE. IL TERZO SETTORE. Le molteplici esperienze legate ad economia sociale, economia civile, terzo settore e no profit non solo ci dicono che un altro mondo è possibile, ma ci testimoniano quotidianamente che UN ALTRO MONDO GIA’ ESISTE. Un mondo che comprende la cooperazione sociale, il volontariato, le associazioni di promozione sociale disciplinate dalla legge 383 del 2000, le Organizzazioni non governative, le Fondazioni, le imprese sociali. Un ambito che, alla luce di quest’ultima legge sull’impresa sociale, avrebbe bisogno di un riordino più chiaro, così come avvenne nel 1997 con la realizzazione del decreto legislativo 460 che riconosceva alle Organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus) una meritorietà premiata con benefici fiscali. Fulgido esempio, ancora attuale, di riconoscimento e valorizzazione di questo mondo. L’ottavo censimento generale dell’industria dei servizi (dati al 24 agosto 2001) ci racconta di 3.900.000 persone impegnate, di cui 3.220.000 volontari e 532.000 dipendenti, 80.000 collaboratori co.co.co., 96.000 religiosi, 28.000 obiettori e 18.000 lavoratori distaccati. In pratica, 629.000 occupati. 73.000.000 di euro di fatturato, 235.232 organizzazioni censite, di cui 15.000 Associazioni di volontariato, 5.400 cooperative sociali, 12.600 Associazioni di promozione sociale, 147 O.n.g. e 3.000 fondazioni iscritte ai relativi albi.
• LE COOPERATIVE SOCIALI. Eticità, onestà, responsabilità verso la comunità, solidarietà verso le persone socialmente escluse e le fasce deboli, rispetto e valorizzazione delle diversità, mutualità e partecipazione sono solo alcuni dei VALORI che sostengono il professionale lavoro svolto dai cooperatori sociali, che ogni giorno producono quei “beni relazionali” necessari a garantire la coesione sociale, fondamentale per realizzare lo sviluppo economico. Lo fanno in VERE COOPERATIVE, che devono presentare, entro maggio, un bilancio economico in tribunale. Un bilancio che dispone di un capitale economico costituito dal lavoro che hanno svolto, condizionato dal rispetto dei valori e dei principi cooperativi. Lo fanno nei centri diurni frequentati da persone disabili, al domicilio di persone anziane, in comunità di persone gravate da dipendenze, ma anche tagliando l’erba o facendo le pulizia con colleghi definiti “persone svantaggiate”, che forse, grazie al lavoro, possono togliersi la certificazione o lo stigma. Sono 7.363 le cooperative sociali in Italia, dove lavorano oltre 210.000 salariati e 32.000 volontari, realizzando servizi rivolti a oltre 3.000.000 di persone e sviluppando un fatturato di 6,4 miliardi di euro (dati Istat 2005). Di queste, 672 operano in Emilia Romagna. Cooperative che contano 80.864 soci e dove lavorano 43.518 operatori, di cui 3.000 persone svantaggiate, sviluppando un fatturato di 1,4 miliardi di euro (dati Legacoop-Confcoop-Agci 2008). Il capitolo 3 dell’Enciclica “Fraternità, sviluppo economico e società civile” evidenzia l’importante ruolo che hanno, e potrebbero avere in futuro, le cooperative sociali e quelle imprese che superano quotidianamente e concretamente l’antica dicotomia economia-sociale. Dimostrando che si può fare impresa anche perseguendo fini sociali.
• LA VALORIZZAZIONE DELL’ECONOMIA SOCIALE. Per sostenere le organizzazioni del terzo settore e la cooperazione sociale è necessario mettere in pratica azioni concrete Sostenendole fiscalmente, Valorizzando la sussidiarietà, Utilizzando normative esistenti, Valorizzando la finanza etica. Quelle sopra esposte sono solo alcune possibili idee per realizzare UN SOSTEGNO CONCRETO A CHI da anni cerca quotidianamente di costruire una società più giusta. La quale, riconoscendo l’importanza dello sviluppo economico, non dimentica che al primo posto devono esserci i bisogni delle persone.

Alberto Alberani
Responsabile cooperative sociali Legacoop Emilia RomagnaIl gratuito patrocinio

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