Una piaga mondiale

Ma chi sono oggi i poveri? Una molteplicità di volti e storie. Quelli più emarginati come i senza dimora; quelli nelle istituzioni totalizzanti, come carcerati e malati mentali; quelli nelle famiglie, come donne, minori, anziani e disabili. Ma anche i poveri nei mondi giovanili, scolastici e lavorativi; i poveri migranti, richiedenti asilo, rifugiati, i poveri della terza e quarta settimana e i poveri di relazioni e di senso.

L’Unione Europea ha proclamato il 2010 “Anno europeo di lotta alla povertà e all’esclusione sociale”. Per le Chiese europee, ed in particolare per le Caritas, è un’occasione per fare sentire unitariamente la propria voce a favore di fratelli che si incrociano quotidianamente nel lavoro pastorale. Benedetto XVI ha dato il suo autorevole contributo – e con lui tutti i Vescovi europei nelle rispettive diocesi – al lancio dell’iniziativa europea, con un gesto di elevato valore pastorale e simbolico: ha visitato, domenica 14 febbraio 2010 (memoria di Cirillo e Metodio, santi patroni d’Europa), l’ostello della Caritas diocesana “Don Luigi Di Liegro”.
È stato uno dei momenti iniziali dell’azione delle Chiese europee e della rete Caritas, che si protrarrà per l’intero anno, grazie ad una pluralità di strumenti ed eventi messi a disposizione delle Caritas diocesane per la sensibilizzazione e l’animazione nei territori.
Ma chi sono oggi i poveri? Una molteplicità di volti e storie. Quelli più emarginati, come i senza dimora, quelli nelle istituzioni totalizzanti, come carcerati e malati mentali, quelli nelle famiglie, come donne, minori, anziani e disabili. Ma anche i poveri nei mondi giovanili, scolastici e lavorativi; i poveri migranti, richiedenti asilo, rifugiati, i poveri della terza e quarta settimana ed i poveri di relazioni e di senso. Sempre e comunque uno scandalo inaccettabile, ad ogni livello, da quello italiano a quello europeo, fino a quello mondiale.

Nel nostro Paese, sono considerate povere le famiglie di due componenti che spendono mensilmente meno della spesa media mensile pro-capite (999,67 euro nel 2008). Le famiglie che si trovano in condizioni di povertà relativa sono stimate in 2.737.000 e rappresentano l’11,3% delle famiglie residenti. Nel complesso, sono 8.078.000 gli individui poveri, il 13,6% dell’intera popolazione.
Si tratta, per lo più, di famiglie con elevato numero di componenti, con 3 o più figli, soprattutto minori, presenza di anziani, basso livello di istruzione ed una ridotta partecipazione al mercato del lavoro.

In Europa
Anche nella ricca Europa dei 27, ben 79 milioni di persone, il 16% della popolazione, vivono oggi sotto la soglia di povertà. Di queste, 19 milioni sono bambini. Un quadro che varia, anche di molto, a secondo dei Paesi e delle aree e colpisce in particolare alcune fasce di popolazione: bambini, anziani e donne sole. Persino avere un lavoro, condizione necessaria per non essere povero, non è più sufficiente per sentirsi al sicuro. Le persone che, pure avendo un impiego, sono scivolate sotto la soglia della povertà, i working poors, sono l’8% di tutti gli occupati dell’Unione Europea.
Proprio in occasione dell’Anno europeo di lotta alla povertà e all’esclusione sociale, Caritas Europa ha lanciato la campagna “Zero Poverty”, presentando anche un rapporto dal titolo “Povertà tra noi”. Urge, dunque, investire in politiche sociali capaci di sostenere le famiglie sin dalle prime fasi dei loro percorsi di povertà. Ma occorre, soprattutto, sensibilizzare e rafforzare la conoscenza dei fenomeni e delle storie di povertà. Su quali situazioni di povertà appare più urgente concentrarsi? Secondo Caritas, mercato del lavoro, famiglia e welfare sono i tre fronti sui quali indirizzare gli sforzi. Il Poverty paper si concentra, in particolare, sull’ultimo, ribadendo la necessità di puntare sui servizi sociali e sanitari, i quali, da una parte aiutano chi ha bisogno, dall’altra creano occupazione.

Nel mondo
I numeri della povertà assumono dimensioni inquietanti se passiamo al livello planetario, con un miliardo e 20 milioni di persone che soffrono la fame e 2,6 miliardi che vivono con meno di 2$ al giorno.
Le immagini del devastante terremoto che ha colpito Haiti ci parlano di una sofferenza nuova, che si aggiunge, però, ad una povertà cronica. Haiti è il Paese più povero dell’America Latina – uno degli ultimi dieci Paesi al mondo in base al Rapporto sullo Sviluppo Umano pubblicato nel 2009 – ed è periodicamente provato da calamità naturali e crisi sociali. Dei circa nove milioni di abitanti – su una superficie che è poco più estesa di quella della Sicilia – oltre la metà vive con meno di 1 dollaro al giorno.
Non c’è dubbio che la natura ci possa cogliere impreparati. Così come non c’è dubbio nemmeno che i Paesi e le genti più esposti alla furia imprevedibile degli eventi, nelle aree equatoriali ed in quelle a più forte rischio sismico del pianeta, siano anche quelli più poveri. Ma proprio questo ci impone alcune riflessioni. Primo: il fatto che nulla o pochissimo si faccia a favore di queste persone è una delle prove più gravi di quanto ancora si sia lontani da una governance del mondo in fatto di tutela dei diritti umani.
Secondo: è chiaro che né la povertà, né l’ignoranza siano un prodotto della “natura” e tanto meno della “fatalità”. Quelli che chiamiamo “Paesi poveri” sono quasi sempre Paesi “impoveriti, derubati”. Sono terre magari esposte alla rabbia dei venti, dei vulcani e degli oceani, ma il cui suolo (e/o sottosuolo) rigurgita letteralmente di ricchezze coordinate, sfruttate e drenate da multinazionali o aziende che stanno fuori, alla larga dal Paese. All’interno di esso non vi è quasi alcuna ricaduta, sotto forma di proventi socialmente gestibili, per garantire dignità e sicurezza. Quel che colpisce di più, in questi Paesi, non è la miseria, ma la vertiginosa ingiustizia della distribuzione della ricchezza. E nell’ingiustizia non c’è niente di inevitabile e di naturale.

don Vittorio Nozza
Direttore Caritas Italiana

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