I grandi della Terra, il ricco occidente, hanno fatto, stanno facendo, troppo poco. Non stanno mantenendo le loro promesse. E fa male constatare come l’Italia sia uno dei paesi più indietro dell’Europa e del mondo intero in tema di finanza per lo sviluppo. Dopo di noi ci sono solo Grecia e Stati Uniti. Peraltro, anche in materia di efficacia degli aiuti la situazione deve migliorare.
Il 2010 è stato dichiarato, dall’Unione Europea, anno della povertà e dell’esclusione sociale. E’ una cosa importante. E’ un’occasione in più per parlare e discutere di qualcosa che dovrebbe essere (e non è) in cima ai pensieri di ognuno di noi.
Ma servono anche azioni concrete. Altrimenti, la realtà rimarrà quella descritta nell’ultimo rapporto della Fao: per la prima volta nella storia dell’umanità, a soffrire la fame è più di un miliardo di persone, un sesto della popolazione del pianeta.
La recessione globale, che ha fatto sentire i suoi effetti lungo tutto l’anno che si è da poco concluso, e che ancora si fa sentire, è una causa di questo pesante peggioramento: oggi ci sono cento milioni di affamati in più rispetto al 2008. Un altro fattore cruciale è l’inflazione delle derrate agroalimentari, che colpisce soprattutto i Paesi in via di sviluppo. Se in Occidente i prezzi sono in flessione, per loro i generi alimentari restano del 24% più cari rispetto al 2006, un onere insostenibile per il potere d’acquisto.
Insomma, sembra davvero affievolirsi lo spirito che animò, nel settembre del 2000, l’assemblea straordinaria dell’Onu, in cui i capi di governo di 189 Paesi sottoscrissero gli Obiettivi del millennio, prendendo l’impegno ambizioso di sconfiggere la povertà entro il 2015.
In quell’occasione veniva affermato il principio che per raggiungere questo risultato storico, Paesi ricchi e Paesi poveri devono lavorare insieme, ognuno facendo la propria parte. E veniva sottolineato, al tempo stesso, il dovere dei Paesi ricchi, tra i quali l’Italia, di rispettare l’impegno ad incrementare l’aiuto pubblico allo sviluppo, fino a raggiungere, entro il 2015, lo 0,7% del PIL, e a migliorarne l’efficacia.
All’inizio di quest’anno, al quale l’Ue ha voluto dare il “titolo” che abbiamo detto, a che punto siamo? Cosa sta facendo la politica?
La risposta, purtroppo, non si presta ad equivoci: troppo poco. I grandi della Terra, il ricco Occidente, hanno fatto, stanno facendo, troppo poco. Non stanno mantenendo le loro promesse. E fa male constatare come l’Italia sia uno dei Paesi più indietro dell’Europa e del mondo intero in tema di finanza per lo sviluppo. Dopo di noi, ci sono solo Grecia e Stati Uniti. Peraltro, anche in materia di efficacia degli aiuti la situazione deve migliorare.
Eppure, gli Italiani hanno dimostrato più volte che per loro la lotta contro la povertà deve essere assunta come una priorità. Penso solo ai milioni di Italiani che sostengono il lavoro delle associazioni e delle organizzazioni per la cooperazione, in Patria e all’estero.
Bisogna allora comprendere che la credibilità a livello internazionale del nostro Paese passa anche da questo banco di prova. L’Italia deve assumersi finalmente le proprie responsabilità verso i più poveri, con un cambiamento forte. L’ho detto in più occasioni e lo ripeto ora. Sono convinto che faremmo un torto alla nostra civiltà ed al futuro dell’umanità se non prendessimo maggiormente sul serio la lotta alla povertà, alla fame, alle malattie che mietono vittime anche quando le medicine per sconfiggerle costano pochi euro.
Cambiare significa riconoscere che la crisi che sta attraversando il pianeta non è una buona ragione per negare il nostro contributo di risorse ai più deboli. Al contrario, lo rende ancora più necessario.
Garantire l’efficacia dell’aiuto è un dovere di chi governa verso i propri cittadini e un atto di giustizia verso i cittadini dei Paesi poveri, che, prima ancora del sostegno finanziario, chiedono sviluppo sostenibile.
Walter Veltroni
Parlamentare, giornalista e scrittore Italiano