Squilibri ecologici e danni ambientali. Droga e prostituzione. Compravendita di donne, bambini, organi. Fame, violenza, diritti negati. L’occidente “saturo” di democrazia ha spalleggiato in quelle terre governi totalitari o debolissimi.
Combattenti dell’alba che caccia gli ultimi mostri della notte
al passaggio la cui barriera si apre col soffio della speranza
gli eredi del cacicco e della sambà
ti vedono alla testa della muta europea
i fucili e i cani la schiavitù e la sifilide
che conquista questo continente al quale non lasciasti neanche
il tuo nome.
Le fiamme della Natività devastano i campi di canna da zucchero. La rivolta capta la collera degli dei. I coltelli affilati lungo i secoli e le torce dell’insurrezione affrontarono la spada e la croce. La colonia cadde.
Caravelle mutate in galere trasformate in piroscafi di lusso e navi da guerra. Specchio per le allodole delle elezioni e doppio sparviero del debito. I tuoi discendenti ci forgiano delle moderne gogne.
Il tempo delle spezie è passato
o barbarie più grande dell’antica
l’invasione dei robot è cominciata.
Le tue forze scatenate sono votate alla disfatta.
Le radici dell’albero di cui parlò Louverture
rispuntano oggi nel paese di Mandela.
Attraversando le vecchie frontiere delle razze
i popoli che hai unito tuo malgrado
partono alla scoperta di un nuovo continente
in cui l’oro sia ripartito e regni la libertà
(Port-au.Prince, 15 settembre 1990)
Traduzione di Giancarlo Cavallo
E’ questo che dobbiamo chiederci: cosa abbiamo portato?
In un sistema che aveva una sua ecologia abbiamo introdotto fame, malattie, schiavitù, falsi idoli, armi, traffici illeciti, interessi economici e politici. In un delirio colonialista che è stato armato, è stato culturale, ma, quel che più pesa, “è di esproprio culturale”. Perché togliere antichi equilibri in nome di falsi dei? Per una trasformazione che non è evoluzione, ma omologazione a criteri e principi di un mondo occidentale che non appartiene loro e che travolge povere economie di sfruttamento, seminando povertà e finte illusioni.
Così, Louverture o Toussaint Bréda, rivoluzionario haitiano afroamericano, ex schiavo, ha guidato la rivolta degli schiavi di Haiti e della Repubblica Dominicana. Nelson Mandela, leader del movimento anti-apartheid, segregato ed incarcerato per ventisette anni, durante i governi sudafricani pro-apartheid, è oggi universalmente considerato un eroico combattente per la libertà. Ha riportato il Sud Africa alle sue radici e ha riportato l’orgoglio in questo popolo condotto all’indipendenza, ma non ancora alla libertà… Le caravelle, partite con sogni di gloria e ricchezza, hanno portato grandi scoperte, il nuovo continente, hanno aperto grandi contatti, ma le contaminazioni, che sono la vera ricchezza di razze e culture, sono ancora difficili.
Così, la povertà è questa: diamanti scavati con il sangue, cocaina venduta nelle strade e nei salotti del mondo con la fatica di disperati che possono vivere solo di queste coltivazioni, papaveri coltivati per arricchire pochi, alberi e foreste rasi al suolo, fiumi che non hanno più pesce, mari che non hanno più trasparenza, popoli sconfitti che non hanno più dignità, donne che si vendono, bambini che vengono regalati a chi non può averli.
L’oro non è ripartito.
Quello che l’uomo non sa fare è rinunciare al potere ed alle logiche di sopraffazione.
Haiti non è un paradiso.
Non lo è, a maggior ragione, oggi, dopo la catastrofe che l’ha colpita.
Non è la terra immortalata nelle tele di Gauguin e altri o nei racconti di celebri scrittori di viaggi.
Ad Haiti, 118 bambini su 1.000 non arrivano ai 5 anni, molte mamme muoiono durante il parto o per le complicazioni successive, la fame e la disperazione dilagano, la disoccupazione supera il 70%. Un Paese senza strade, scuole, ospedali. Senza rete idrica, né elettricità. Fuori dalle rotte del turismo esotico, di cui non parla mai nessuno tranne oggi che è, per altrettanto infausti motivi, salita agli onori delle cronache.
Non vogliamo rappresentare l’ennesimo specchio di solidarietà, né, tanto meno, di carità. Vorremmo parlare di quel soffio di speranza che rumore e polvere hanno calpestato per dirci che dentro, oltre e più in là della contingenza, c’è una coscienza civile che deve cambiare e crescere.
Zygmud Bauman, nel suo libro “La solitudine del cittadino”1, scrive: “la cornice cognitiva in cui si situa normalmente l’analisi della povertà in aumento è puramente economica…L’ambito dei valori che determina la scelta e l’interpretazione dei dati rilevanti è spesso quello della pietà, della compassione e del turbamento per il destino dei poveri. …Sollevare i poveri dalla miseria non è una questione di carità, di coscienza e di dovere morale, ma una condizione indispensabile (benché soltanto preliminare) per trasformare il deserto del mercato globale in una repubblica di cittadini liberi.
Una società mutuale ed una rivoluzione culturale possono salvare il Terzo mondo.
Le parole di Paul Laraque graffiano. Gridano. Evocano immagini, colori, profumi, odori, suoni, emozioni. Dipingono a tinte forti la contrapposizione tra due mondi. L’Occidente evoluto, ricco, tecnologico, insaziabile da un lato. Il Terzo mondo dall’altro. L’Occidente che nell’era della globalizzazione ha sostituito nel Terzo mondo il proprio colonialismo politico con il dominio economico. La conquista territoriale con le spregiudicate regole delle multinazionali. Il primato della politica e degli Stati-nazione con il potere di una elite globale che si muove al di fuori di qualsiasi controllo umano. Il Terzo mondo ha pagato ancora una volta un prezzo sociale, economico e culturale altissimo. Alle antiche povertà di quei luoghi, oggi s’affiancano nuovi poveri. Milioni di profughi che bussano alle porte dell’Occidente. Esseri umani che, come dice Bauman, “vengono cacciati a forza o indotti a lasciare il paese natio, ma viene loro rifiutato l’ingresso in qualsiasi altra nazione. …Essi perdono il posto sulla Terra e vengono catapultati in un niente. …Condividono paradossalmente con i nuovi potenti, con i padroni delle grandi filiere economiche, lo status di extraterritorialità in cui affonda le radici il senso di precarietà che pervade l’epoca della globalizzazione”.
Le immagini della tragedia di Haiti diffuse dalla rete e dai media hanno presentato un volto oscuro e inedito dei Caraibi. Hanno evidenziato come l’Occidente abbia esportato in quei luoghi i propri vizi piuttosto che le sue virtù. Squilibri ecologici e danni ambientali. Droga e prostituzione. Compravendita di donne, bambini, organi. Fame, violenza, diritti negati. L’Occidente “saturo” di democrazia ha spalleggiato in quelle terre governi totalitari o debolissimi. Ha favorito il dilagare dell’ossessione per il denaro. Ha indotto quelle genti a compiere qualsiasi attività pur di guadagnare facilmente. Ha dimenticato di integrare il pensiero occidentale e i nostri modelli con il livello di sviluppo sociale raggiunto da quelle terre, aumentando così il disagio e la confusione. Non ha, invece, salvo eccezioni, portato le scuole, i servizi sociali, la cultura, la comprensione.
Solo una piccola, significativa, parte di Occidente ha testimoniato questi valori. Sono i volontari religiosi e laici, presenti ad Haiti, e in genere nel Terzo mondo, già prima del terremoto. Persone semplici con un sogno, una vocazione. Riferimenti importanti ed autentici per quella gran parte di occidentali che cerca verità nascoste. Che non se la prende con gli ultimi, neppure con quelli che bussano a casa loro. Che s’interroga piuttosto sui motivi reali dell’esodo, della povertà, dell’inadeguatezza di una porzione importante del mondo. Che vorrebbe conoscere quale sia il vero rapporto tra economia e politica, tra scienza ed etica, tra solidarietà e sviluppo. Che vorrebbe capire perché, nonostante i proclami, non vi siano ancora adeguate politiche di sostegno allo sviluppo, perché non si aiutino davvero quelle genti a crescere a casa loro. Che vorrebbe conoscere la reale destinazione dei fondi destinati dall’Occidente alla cooperazione internazionale.
“L’evoluzione umana è ormai a un bivio – dice la nota antropologa Riene Eisler3 – il problema centrale dell’umanità è come organizzare la società per favorire la sopravvivenza della nostra specie e lo sviluppo dei nostri straordinari potenziali. …Il modello sociale attuale non è in grado di soddisfare queste esigenze, a causa dell’importanza che da sempre attribuisce alle tecnologie di distruzione, della sua dipendenza dalla violenza per il controllo sociale e delle tensioni perenni che genera il rapporto dominatore/dominato, su cui essa si basa”. La Eisler ritiene che soltanto una concezione diversa del potere possa condurre l’umanità verso un periodo di pace e prosperità. Immagina una società che si basa su un modello mutuale piuttosto che gerarchico e piramidale. Evoluzione che “contribuirebbe a far cessare la politica di dominio e l’economia di sfruttamento”.
Haiti in ginocchio ci costringe a riflettere su questi temi. Lo sviluppo tecnologico ci offre la possibilità, attraverso la rete, di restare costantemente in contatto con le persone che abitano l’isola. Ci consente di cercare le risposte che attendiamo senza i filtri della politica. Connette e unisce uomini e donne che, pur distantissimi, sentono di volersi aiutare. Crea le premesse per una rivoluzione culturale ed etica. Apre le porte ad una nuova politica che interpreti il potere come unione.
Spetterà al nostro intuito, alla nostra ragione ed alla nostra lungimiranza scegliere se affrontare le attuali emergenze con i soliti pensieri e le vecchie modalità oppure percorrere una via nuova. Se utilizzare le nuove tecnologie per rendere più agevoli i nostri vizi o per un nuovo modello di sviluppo.
Alessandra Guerra
già presidente della regione Friuli Venezia Giulia
Marina Barbo
Dirigente Responsabile S.O.S Formazione e Aggiornamento Asl n°4