Se per molti il solo termine ecomafia evoca scenari inquietanti, per i più parole come diossina, scorie nucleari, nave piena di veleni non rappresentano alcun problema. Intanto mafiosi locali e faccendieri di mezzo mondo continuano ad arricchirsi distribuendo per il pianeta i rifiuti tossici di cui qualcuno cerca in tutti i modi di sbarazzarsi, presto e a buon mercato
La presenza massiccia della mafia sulle attività imprenditoriali non si limita alla fase predatoria e non è utile solo al riciclaggio del denaro sporco, ma si estende a tutte le relazioni economiche presenti sul territorio. Non vi è clan mafioso che si rispetti che non abbia sotto il suo controllo prestanome o società di comodo, con i quali operare in attività produttive altamente remunerative. La capacità di condizionare i mercati rappresenta un ulteriore salto di qualità, afferma il principio di sovranità nel territorio, consente alle proprie imprese di agire in condizioni di monopolio. Permette di realizzare enormi profitti. L’interesse delle organizzazioni mafiose non riguarda più solo i settori su cui c’è ormai una consolidata letteratura, quali comparti privilegiati di investimento (edilizia, commercio, autotrasporto, mercato immobiliare, sanità pubblica e privata), ma anche settori strategici per l’economia del territorio, come quello delle risorse idriche, lo smaltimento dei rifiuti e l’intero comparto agricolo. Per la valenza che assumono, sia in termini economici, sia sociali, dal momento che entrano quotidianamente nelle case di tutti gli italiani, questi ultimi sono i settori che destano maggiore preoccupazione.
In particolare, le attività illecite legate allo smaltimento dei rifiuti hanno avuto, negli ultimi anni, un allarmante sviluppo. Ma anche una costante attenzione, grazie, soprattutto, alla dettagliata informazione offerta da Legambiente, così come il controllo del comparto agricolo, della macellazione e dei mercati ittici sono argomenti studiati dettagliatamente da Sos Impresa e dalla CIA. In tutti i casi, ci troviamo di fronte alle nuove frontiere dell’ecomafia, la quale, per il solo comparto dello smaltimento illecito, secondo Legambiente, supera i 20 mila miliardi di euro l’anno.
Sempre secondo Legambiente, ogni anno, in Italia, su un volume complessivo di 108mila tonnellate di rifiuti, 35mila vengono smaltite attraverso modalità non corrette, o del tutto illecite, dalle organizzazioni criminali, come Cosa Nostra in Sicilia, la ‘Ndrangheta in Calabria, la Sacra Corona Unita in Puglia o la Camorra napoletana, incaricate della raccolta, dello stoccaggio e del riciclaggio.
Come è facile intuire, questo preoccupante fenomeno ha il suo epicentro nel Mezzogiorno. Ma non mancano regioni del centro nord dove sono state individuate discariche abusive e casi di smaltimenti illeciti. Il triste primato di illegalità ambientali, riferite sia al ciclo dei rifiuti, sia a quello del cemento, spetta, ormai da più in ventennio, alla Campania. E’ proprio in quest’area che gli organismi inquirenti e le forze dell’ordine hanno sequestrato un numero impressionante di discariche abusive, anche di grosse dimensioni, utilizzate per smaltire illegalmente sia i rifiuti urbani, sia quelli tossico nocivi (che richiederebbero, invece, specifici trattamenti, da effettuarsi in impianti adeguati, prima del loro smaltimento). Si tratta, in genere, di discariche illegali realizzate all’interno di ex cave per l’estrazione, altrettanto illegale, di sabbia e materiali inerti. Il meccanismo è quello caratteristico del circuito economico dell’ecomafia: parte dal controllo sul territorio e sulle attività estrattive e conduce alla trasformazione delle cave in discariche per ogni sorta di rifiuti.
Non è un caso. Sono stati, infatti, i clan camorristici, più delle altre mafie, ad entrare in questo lucroso affare. Tra questi, si distingue la camorra casertana, il cui gruppo più violento, il clan dei casalesi, è divenuto famoso nel mondo grazie al best seller Gomorra di Roberto Saviano.
Considerato il triangolo della monnezza, l’area tra Qualiano, Giugliano e Villaricca è quella che nel piano regolatore della camorra è stata assegnata alla sepoltura illecita dei rifiuti. E’ una zona ampia, divisa tra i vari clan, che traggono ricchezza dalla diossina, dai metalli pesanti, dai fenoli, dai pcb, a scapito degli ortaggi, delle primizie, della falanghina, del turismo.
Ed è proprio tra i clan mafiosi delle province di Caserta che si è consolidata l’inquietante pratica di ottenere l’autorizzazione alla costruzione di vasche per l’itticoltura e la lombricoltura, da utilizzare, invece, come discariche per liquami fognari e fanghi industriali. Una grossa fetta del traffico di rifiuti provenienti dalle fabbriche del Nord è destinato ad essere sversato in questi terreni, con tutti i rischi per la salute pubblica che ne derivano. Il ciclo, purtroppo, non finisce qui. Quando la discarica è satura, sempre la camorra la ricopre ed avvia la costruzione di interi insediamenti abitativi abusivi, concludendo, felicemente per lei, l’intero ciclo illegale.
Sono questi i motivi per cui, in quest’area, si muore di più per alcuni tipi di cancro rispetto ad altre aree del Paese e della stessa Campania, nelle quali questo rischio è più basso. Pubblicato sulla rivista ufficiale dell’Istituto Superiore di Sanità nel 2008, uno studio medico prende in considerazione i dati del Registro Tumori e dell’Osservatorio Epidemiologico Regionale dal 1994 al 2002, rilevando una tendenza verso il raggruppamento di alcuni tipi di tumori e malformazioni congenite in una zona ben definita della Regione, corrispondente alla parte settentrionale della Provincia di Napoli ed a quella meridionale della Provincia di Caserta. Questi risultati, che confermerebbero quelli del ricercatore nolano Alfredo Mazza del 2004, sono stati anche corretti per i possibili effetti confondenti della deprivazione socio-economica. L’area identificata in questo studio è la stessa indicata dal precedente e mostra valori peculiari di mortalità per tumori e malformazioni. Corrisponde alla parte della Regione Campania dove sono più frequenti le pratiche di sversamento dei rifiuti tossici: quella solcata dall’asse mediano.
I raggruppamenti di comuni con un significativo eccesso di tumori (polmone, fegato, stomaco, rene e vescica), infatti, sono stati principalmente rilevati nella parte meridionale della Provincia di Caserta e nella parte settentrionale della Provincia di Napoli (sull’asse Acerra-Aversa-Giugliano). Questa sub-area corrisponde largamente all’area dove le pratiche di sversamento illecito dei rifiuti tossici, l’incendio illegale di essi e dei rifiuti solidi urbani, avviene regolarmente da almeno vent’anni.
Accanto al diffondersi di velenose ferite inferte al suolo ed al conseguente carico di morte per gli uomini, si moltiplicano anche gli episodi di inquinamento delle acque marine. Sono i cosiddetti affondamenti sospetti delle carrette dei mari, coperte dai premi delle assicurazioni per incidenti di questo tipo. In questo campo, il monopolio spetta alla ‘Ndrangheta, una delle più ricche e pericolose organizzazioni criminali a livello internazionale. Più di un sospetto e le dichiarazioni di due collaboratori di giustizia – si consideri che la mafia calabrese ha il minor numero di pentiti e questo complica non di poco le indagini – hanno confermato che la ‘Ndrangheta attraverso questo sistema, che presuppone una serie di collusioni politico-affaristiche, riesce a realizzare un evidente duplice affare, del valore di svariati milioni di euro.
Al largo della costa salernitana, sono state, invece, rinvenute le più tradizionali discariche marine, determinate dallo scaricamento in mare del pericoloso contenuto delle stive, come testimoniano i rifiuti che più volte restano impigliati nelle reti utilizzate per la pesca a strascico.
Non è solo il territorio italiano ad essere a rischio. In base ad un Documento sui traffici illeciti e le ecomafie, approvato dalla Commissione parlamentare nell’ottobre del 2000, e ad alcune inchieste giudiziarie, emergerebbe che la maggior parte dei rifiuti tossici provenienti dall’Italia e dall’Europa finirebbe in Somalia.
Sebbene il documento sia ormai datato, il fenomeno sembra non essersi esaurito, anche a causa del continuo stato di conflittualità e della povertà di gran parte degli stati africani. Alcuni testimoni, sentiti dai magistrati nel corso delle inchieste, hanno dichiarato che la cosiddetta strada dei pozzi — nota a tutti in Somalia come strada della cooperazione italiana — è una via di comunicazione che non va e non viene da nessuna parte, poiché unisce tre gigantesche discariche abusive. Gli stessi testimoni narrano di lavori di interramento di rifiuti tossici compiuti da operai italiani muniti di apposite tute, ma più spesso affidati a manodopera locale del tutto ignara dei gravi rischi per la salute. Sebbene a tutt’oggi non siano stati individuati i mandanti dei due omicidi della giornalista Rai Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin, avvenuti in Somalia durante la missione ONU Restore Hope, è quasi fuori di dubbio che la coraggiosa giornalista stava da mesi indagando su un presunto traffico di armi e rifiuti tossici (soprattutto scorie nucleari) tra Italia e Somalia. Un traffico di interesse strategico per una nazione che ha bisogno di terreno per insabbiare rifiuti e l’altra che vuole essere pagata soprattutto con armi. Lo stesso fenomeno si verificherebbe in Mozambico, considerata una vera e propria discarica mondiale.
Purtroppo, ancora oggi, se per molti il solo termine ecomafia evoca scenari inquietanti, per i più parole come diossina, scorie nucleari, nave piena di veleni non rappresentano alcun problema. Intanto, mafiosi locali e faccendieri di mezzo mondo continuano ad arricchirsi distribuendo per il pianeta i rifiuti tossici di cui qualcuno cerca in tutti i modi di sbarazzarsi, presto e a buon mercato.
Bianca la Rocca
Responsabile dell’ufficio Stampa di SOS Impresa Confesercenti