L’importanza del dialogo

La mediazione, già nella fase preliminare, mette in primo piano il dialogo, il confronto tra le parti. La giustizia riparativa, soprattutto in ambito minorile, può infatti assumere una valenza sociale e pedagogica in grado di realizzare un vero dialogo con i giovani.

La mediazione e la giustizia riparativa, che sono stati al centro di un recente convegno internazionale a Nisida, pongono un concetto nuovo nell’ambito dell’organizzazione e della legislazione sulla giustizia, in particolare quella minorile, in cui il reato non viene visto solo come violazione di una norma giuridicamente definita, quanto piuttosto come rottura di un equilibrio sociale tra persone e tra l’individuo e la comunità. Pur non rientrando nell’alveo classico della nostra cultura giuridica, in cui si coniugano i concetti di sicurezza e riabilitazione, un modello di giustizia penale di tipo riparativo, che metta quindi al centro i danni provocati alla vittima, può e deve essere analizzato e approfondito. Varie forme di sperimentazione sono state in parte attuate negli ultimi anni nel nostro Paese, soprattutto attraverso l’operato dei centri di mediazione, siano essi operatori pubblici o privati. E la stessa autorità giudiziaria, al pari dei servizi minorili dell’amministrazione della giustizia, ha progressivamente guardato in maniera sempre più concreta a tale forma di intervento. La giustizia riparativa, soprattutto in ambito minorile, può infatti assumere una valenza sociale e pedagogica in grado di realizzare un vero dialogo con i giovani. Oggi viviamo in una società in cui è sempre più difficile per le nuove generazioni cogliere il limite della propria libertà in relazione a quella degli altri. C’è bisogno di uno sforzo comune, in tutti i settori della quotidianità, per ristabilire delle priorità, per ribadire l’importanza dei valori fondanti della nostra comunità nazionale e del nostro vivere insieme.

Non tutto ciò che è possibile è lecito, e non tutto ciò che è lecito è giusto. Da questo punto di vista, la mediazione, già nella fase preliminare, mette in primo piano il dialogo, il confronto tra le parti, in un’alternanza di ascolto e di parola, cui segue, dopo una attenta valutazione della fattispecie in essere, l’eventuale consenso per il faccia a faccia tra le parti. Un percorso che si concretizza poi nella fase principale, quella dell’incontro, diretto o indiretto, in cui le parti, se le circostanze lo richiedono o lo consentono, possono anche essere accompagnate e sostenute dalla presenza di terzi, in particolare dai familiari.La famiglia può diventare centrale in questo percorso, non isolando chi ha sbagliato, ma, al contrario, ricucendo quel tessuto di rapporti, affetti e consuetudini, in presenza del quale la riparazione e la rieducazione acquistano valore e concretezza. Un momento, quindi, risolutivo, che certamente contribuisce a contestualizzare il reato in un ambito sociale in grado di accompagnare e armonizzare il percorso individuato fino all’eventuale riparazione del danno. La riparazione rappresenta l’aspetto di maggiore novità e, se vogliamo, di maggiore innovazione rispetto ad un approccio classico alla materia e si concretizza in varie forme: risarcimento del danno, anche grazie ai guadagni provenienti dall’attività lavorativa prevista per il reinserimento sociale del giovane; prestazione lavorativa a favore della vittima o della comunità; presentazione di scuse formali. Aspetti importanti, che possono assumere un significato, anche da un punto di vista simbolico, che va al di là del singolo atto di riparazione. Risarcire un danno, scusarsi, prestare servizio per la comunità, possono aiutare lo stesso giovane che ha sbagliato a ritrovare un giusto equilibrio, a capire l’effetto e le conseguenze delle proprie azioni. Anche dal punto di vista psicologico la mediazione può assumere una particolare valenza, soprattutto in relazione ai reati di tipo materiale, come ad esempio il danneggiamento, il furto e in generale i reati di tipo patrimoniale, per i quali le misure riparatorie possono rappresentare un’interessante cura sociale.
Da un punto di vista normativo, il lavoro da fare è molto, la proposta è interessante sia in riferimento ai riflessi giuridici nell’ambito del processo penale sia in riferimento all’inquadramento della figura professionale del mediatore. Ad oggi nel nostro ordinamento non vi è, infatti, una specifica normativa sulla mediazione penale per i minorenni, proprio perché tale istituto può essere considerato come una sostanziale innovazione rispetto al nostro codice di procedura penale. Codice che, come probabilmente voi tutti sapete, è al centro di un importante progetto di riforma allo studio da parte del governo e del Parlamento. È il momento, dunque, di passare dalle parole ai fatti. Spesso, infatti, ci si interroga sul perché alcune materie non trovino una efficace e contestuale corrispondenza legislativa. La risposta, la maggior parte delle volte, risiede nella mancanza o nella difficoltà di un propedeutico dibattito culturale, che sia in grado da un lato di porre l’accento sul rapporto costi-benefici di una determinata modifica legislativa, dall’altro di sviscerare con competenza, con cognizione e con un approccio scientifico la materia. Il compito di chi ha responsabilità di governo e responsabilità parlamentari, è proprio quello di ascoltare e confrontarsi con gli studiosi e con gli operatori, per poi esercitare quel ruolo di cerniera o, se volete, di ambasciatore, per portare queste istanze nel cuore del confronto istituzionale. Questo sarà il mio impegno, alla vigilia di una importante stagione riformatrice della giustizia italiana, perché è evidente che non si può non partire dalla base, in questo caso dai minori, per tentare di migliorare la nostra società.

Elisabetta Alberti Casellati
Sottosegretario di Stato alla Giustizia

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