Riconoscere la “nuove forme di famiglia e di convivenza” non porterebbe ad uno sfaldamento del matrimonio. La nostra proposta allarga l’area della regolamentazione e del riconoscimento giuridico dei rapporti familiari.
Da più parti ci si chiede perché la richiesta dell’estensione del matrimonio alle persone dello stesso sesso e del riconoscimento dei diritti delle coppie di fatto (etero ed omosessuali) sia l’obiettivo prioritario per il movimento LGBT (Lesbico, gay, bisessuale, transessuale) in tutto il mondo. La risposta è molto semplice: l’amore, l’amicizia, la reciproca solidarietà morale e materiale anche fra persone dello stesso sesso costituiscono il tratto caratterizzante dell’omosessualità moderna, fondata sul rapporto tra adulti consenzienti. La famiglia, infatti, ha subito cambiamenti sostanziali tant’è che ormai si parla di “famiglie” al plurale, proprio per sottolineare la diversità dei modelli e dei nuovi aggregati sociali di cui occorre tenere conto. La presunta crisi dell’istituto familiare, di cui si parla da più parti con toni apocalittici, è in realtà un fatto di crescita e trasformazione, con molti significati positivi. A patto che il legislatore sia capace di stare al passo coi tempi, riconoscendo i diritti di tutte le nuove famiglie come fatto importante di nuova aggregazione sociale e di solidarietà collettiva, oltreché di coesione. Ciò che si propone è l’uguaglianza di tutti i cittadini nell’accesso all’istituto del matrimonio ed un nuovo pluralismo degli istituti giuridici in campo familiare. Chi dice (come la gerarchia cattolica) che al riconoscimento delle “nuove forme di famiglia e di convivenza” seguirebbe necessariamente uno sfaldamento dell’istituto matrimoniale afferma il falso, perché la nostra proposta vuole allargare anziché restringere l’area della regolamentazione e del riconoscimento giuridico dei rapporti familiari. Ostinarsi a tutelare solo la famiglia tradizionale (quella composta da un uomo e da una donna regolarmente sposati) per motivi puramente ideologici o religiosi implica l’esclusione e la discriminazione di una fascia sempre più ampia di cittadini che rimangono privi di garanzie e diritti.
Alla crisi del matrimonio tradizionale (con tutto ciò che ne consegue in termini di famiglie dissolte, persone sole, separazioni in netto aumento, violenza intrafamiliare a volte anche drammatica) si risponde creando forme inedite di tutela familiare, allargando la possibilità per ciascuno di sistemare giuridicamente il proprio rapporto di relazione e lasciando a ciascuno l’opportunità di “scegliere” la migliore forma giuridica a seconda dei suoi bisogni e desideri. Che non sono affatto “capricci”, ma diritto inalienabile alla propria autodeterminazione. La tutela giuridica anche per le coppie conviventi omosessuali, alle quali finora è stato negato l’accesso al matrimonio, risponde alla necessità di affermare l’uguaglianza tra i cittadini su fondamentali diritti, quali, ad esempio, l’accesso all’edilizia popolare convenzionata, l’affitto della casa, l’eredità dei beni del convivente, la reversibilità della pensione, ecc… E’ evidente, quindi, che non siamo affatto di fronte ad una battaglia ideologica e men che meno conflittuale con i diritti delle coppie sposate eterosessuali. L’affermazione dei diritti civili delle coppie di fatto gay ed etero avviene prima di tutto in forza dell’art.2 della Costituzione, dove si dice che: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Con la proposta del riconoscimento delle “Unioni Civili”, non si mette certo in discussione l’art. 29 della Costituzione (che non vieta affatto altre forme familiari oltre il matrimonio e che è perfettamente compatibile col matrimonio gay, così come ha stabilito la recente ordinanza del Tribunale di Venezia che ha rimandato la materia alla Corte Costituzionale), ma si sancisce l’umanissimo diritto di lasciare i propri beni a parità di condizioni alle persone con cui si è convissuti per anni e spesso per decenni.
Si vuole inoltre affermare il diritto-dovere di assistenza reciproca. In particolare, l’attuale impossibilità per gli omosessuali di vedere riconosciute in alcun modo le proprie famiglie costituisce una flagrante violazione di una norma cardine della Costituzione, come l’art 3 primo comma, che vieta espressamente le discriminazioni fondate su “condizioni personali”. Coloro che avversano questa proposta, non avendo argomenti validi sul piano dei diritti materiali di una coppia che vuole affermare la reciproca solidarietà ed affetto, tentano quotidianamente di trascinare il dibattito facendo del vero e proprio terrorismo sul “matrimonio gay” e sulle “adozioni”, ben sapendo che il riconoscimento delle famiglie di fatto è un problema di tutti e non soltanto degli omosessuali. Nel mondo moderno, dove ci sono città con milioni di abitanti, la solitudine è la vera protagonista delle metropoli. Si fa una grande fatica a costruire relazioni stabili, è molto difficile per tutti trovare un\una partner adatto\a, mentre il tasso di fallimento dei matrimoni è altissimo (12,5% il primo anno, 35% al 5° anno di matrimonio). Si può quindi dissentire dalla proposte sul Pacs o sul matrimonio gay, ma non si può certo far finta di non vedere che la maggior parte delle persone intende costruire i propri rapporti di relazione in base ad una pluralità di opzioni etiche ed affettive, attraverso la soddisfazione del bisogno di felicità e non necessariamente in base a morali o istituti giuridici tradizionali. Le famiglie di oggi sono frutto di una scelta e non di un’imposizione. Anziché lanciare strali sulla crisi della famiglia per riproporre poi modelli discriminatori validi forse solo per qualche spot zuccheroso, occorre fare uno sforzo di fantasia e di libertà anche in campo giuridico, in modo tale che lo Stato, lungi dall’imporre modelli, prenda invece atto delle relazioni effettivamente esistenti tra i propri cittadini e si limiti a fornire la necessaria tutela giuridica a tutti i nuclei familiari e non solo a quelli che piacciono ai tradizionalisti e che vengono di volta in volta spacciati per eterni, “naturali”, indiscutibili. “Dove c’è amore c’è famiglia”, sarà pure retorico dirlo, ma, quando in una società gli affetti diventano una merce rara, occorre avere delicatezza e rispetto per chiunque riesca a costruire un rapporto a due onesto, sincero e duraturo. Rapporto che non può che essere visto come fatto positivo e come risorsa sociale importante per tutta la collettività.
Franco Grillini
Presidente onorario di Arcigay