Gli obiettivi sono quelli di aumentare la qualità della prestazione e di evitare alle famiglie il disagio derivante dalla necessità di rivolgersi a specialisti diversi, in strutture non collegate e disperse sul territorio.
Le malattie rare (MR) sono patologie che hanno singolarmente una bassa incidenza nella popolazione (fino a 1 caso ogni 2000 abitanti per la popolazione europea), ma, considerata la loro numerosità di 7-8000 patologie diverse, costituiscono un capitolo importante della medicina. L’esiguità dei casi descritti determina la difficoltà dei pazienti ad ottenere una diagnosi appropriata e tempestiva ed un trattamento idoneo: solo in pochi centri sono infatti disponibili le competenze necessarie a fornire risposte diagnostiche e terapeutiche soddisfacenti. I sintomi coinvolgono generalmente più organi, fra i quali frequentemente il sistema nervoso. L’andamento tende ad essere cronico, o addirittura progressivo, con sviluppo di disabilità motorie ed intellettive.
La diagnosi di una MR può basarsi su un’associazione di segni clinici e diviene quindi determinante l’esperienza del clinico in quella singola patologia. Può basarsi altresì sulla presenza di marcatori biochimici, enzimatici o genetici, che richiedono per il loro riconoscimento un laboratorio in possesso della tecnologia e dell’expertise necessari. Considerato il numero delle patologie coinvolte, è impossibile immaginare non solo un ospedale, ma addirittura una singola nazione, in grado di coprire la diagnostica per tutte le MR conosciute. L’assistenza ha caratteristica di multidisciplinarietà di alto profilo, con tutti i problemi di integrazione ed organizzazione che questa determina e che solo pochi centri sono in grado di erogare. La distribuzione di questi centri sul territorio italiano è estremamente disomogenea e determina il fenomeno “dei flussi migratori” dei pazienti.
Per molte MR non sono disponibili trattamenti in grado di modificare significativamente il decorso clinico. Il loro costo e l’esiguità del mercato a cui sono destinati sono tali da scoraggiare l’industria ad impegnarsi nella loro ricerca e produzione. Per questo è stata coniata la definizione “Farmaci Orfani”. Al contrario delle altre malattie, in cui spesso la diagnosi permette una cura adeguata e la guarigione, nelle MR la diagnosi non conduce ad una cura risolutiva che possa permettere il ritorno ad una vita normale, ma conduce ad un trattamento che mira al mantenimento della più alta qualità di vita possibile in assenza di guarigione. In ambito pediatrico, scopriamo una realtà ancor più drammatica: la malattia rara innesca nei genitori l’incertezza, la paura di non potere essere in grado di garantire un normale futuro, di non essere adeguati e sufficienti. Ancor più difficile risulta avere una risposta certa alle domande che ogni genitore con un figlio malato si pone: “cosa ha mio figlio?”, “si può curare?”, “potrà avere una vita normale?”. A questi quesiti, il pediatra non sa rispondere. Spesso si tratta del primo caso che osserva personalmente, in letteratura sono disponibili poche notizie ed i farmaci sperimentati hanno fornito pochi e incerti risultati. Alla famiglia non resta, allora, che iniziare a “girare” di ospedale in ospedale, spesso fuori dalla propria regione o nazione, per cercare qualcuno che abbia esperienza in quella malattia o, almeno, in uno dei problemi che quella patologia determina nel figlio. I genitori diventano i “case manager” del figlio, costretti, come sono, ad assumersi in prima persona l’onere di coordinare gli interventi, di gestire la comunicazione tra specialisti diversi e spesso lontani, di decidere se tentare terapie sperimentali e dal risultato incerto. Tutti questi aspetti hanno spinto la sanità dei paesi industrializzati ad emanare una serie di provvedimenti “ad hoc” per queste patologie. Nel 1997, negli Stati Uniti, sono stati raccolti tutti gli organismi impegnati nelle MR in un’unica organizzazione: il NORD (National Organization for Rare Disorders). In Europa, due anni dopo, il Parlamento ed il Consiglio Europeo hanno adottato un Programma d’Azione Comunitaria sulle MR, nel quadro dell’Azione della Sanità Pubblica per il quadriennio 1999-2003. Nel 2000, è stato pubblicato il Regolamento n. 141/2000, concernente i medicinali orfani, con l’istituzione della procedura comunitaria per l’assegnazione della qualifica di medicinale orfano e sono stati istituiti l’EMEA (European Medicines Agency) e il COMP (Committee for Orphan Medicinal Products).
In Italia, il Piano Sanitario Nazionale 1998-2000 indicava, per la prima volta, la tutela dei soggetti affetti da MR fra le priorità. Quale aspetto qualificante dell’intervento del Governo, veniva individuata la realizzazione di una rete nazionale delle MR. A tale scopo, il 18 maggio 2001 veniva emanato il Decreto Ministeriale 279/2001 ”Regolamento di istituzione della rete nazionale delle MR e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 160 del 12-7-2001 – Suppl. Ordinario n.180/L. che indicava, come risposta istituzionale alle problematiche correlate alle MR, la realizzazione di una rete nazionale costituita da Presidi, appositamente individuati dalle Regioni, per la prevenzione, la sorveglianza, la diagnosi e la terapia delle MR. Nell’ambito del decreto, venivano inoltre definiti 47 gruppi di MR comprendenti 284 diverse patologie congenite ed acquisite, ai fini dell’esenzione dalla partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie correlate. L’applicazione del Decreto ha determinato il riconoscimento in ogni regione dei Centri di Riferimento e dei Presidi per ogni singola patologia rara, costituendo così la Rete Regionale e Nazionale per le MR, sotto il coordinamento dell’Istituto Superiore di Sanità.
Dal Luglio 2002, è stato istituito, nell’ambito della conferenza Stato-Regioni, un gruppo tecnico interregionale permanente, al quale partecipano il Ministero della Salute e l’ISS ed il cui obiettivo è rappresentato dall’ottimizzazione del funzionamento delle reti regionali e dalla salvaguardia del principio di equità nell’assistenza a tutti i cittadini. Il 10 maggio 2007 è stato siglato il secondo accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sul riconoscimento dei Centri di coordinamento regionali e/o interregionali, dei Presidi assistenziali sovra regionali per le patologie a bassa prevalenza e sull’attivazione dei registri regionali ed interregionali delle MR. Nell’ambito di questa trama legislativa, sono sorte diverse iniziative atte a fornire risposte concrete alle famiglie coinvolte. Nel Lazio, l’IRCCS-Ospedale Bambino Gesù di Roma ha aperto un Ambulatorio dedicato alle MR, nel quale sono contemporaneamente presenti alla visita 14 medici specializzati nelle branche della pediatria principalmente coinvolte nella diagnosi e nella cura di queste malattie: genetista, endocrinologo, dermatologo, esperto in patologi metaboliche, nefrologo, ortopedico, psicologo, istologo, immunologo, pediatra, neurologo. La metodologia di lavoro scelta si basa sul lavoro multidisciplinare inteso come condivisione e non sovrapposizione delle competenze e sull’affidamento del bambino al “case manager”, che diventa il responsabile della comunicazione e del percorso. Tutti gli specialisti sono contemporaneamente presenti all’illustrazione e discussione del caso clinico, in modo da garantire una risposta completa e personalizzata. Gli obiettivi sono quelli di aumentare la qualità della prestazione e di evitare alle famiglie il disagio derivante dalla necessità di rivolgersi a specialisti diversi, in strutture specialistiche non collegate e disperse sul territorio e di impedire che i genitori diventino il tramite comunicativo tra i medici coinvolti. Al termine della visita, viene rilasciata una relazione clinica. Dall’apertura dell’Ambulatorio, siamo stati contattati da circa 1500 famiglie e sono stati visitati 350 pazienti. Il 57% risiedeva fuori regione e l’11% proveniva dal nord-Italia (figura 1). La maggior parte delle famiglie chiedeva una visita per ricevere una “second opinion”: il 54% si presentava già con una diagnosi definita di malattia rara. Dopo la visita, la percentuale dei pazienti con una diagnosi è salita all’81%, a testimonianza dell’efficacia del percorso clinico multidisciplinare. La soddisfazione dell’utenza è stata misurata attraverso un questionario che ha mostrato un giudizio globale della visita di molto utile o utile nel 99%. Se consideriamo che il 19% dei pazienti è comunque rimasto senza diagnosi, capiamo meglio la necessità di fornire comunque una risposta alla richiesta di ascolto di queste famiglie. La lezione che queste patologie impartiscono una volta di più alla Sanità Pubblica è quella di un’urgente necessità di censire ed integrare tra loro, in una rete, le competenze presenti sul territorio, di acquisire tante più informazioni possibili sulle necessità reali di assistenza per i singoli gruppi di patologie, di sviluppare protocolli diagnostici ed assistenziali circostanziati e di collaborare con analoghe realtà extranazionali. Solo così sarà possibile razionalizzare l’impiego delle risorse e fornire risposte rispettose sia dei bisogni dei cittadini, sia delle amministrazioni pubbliche.
Andrea Bartuli
Direttore della UOC Malattie Rare Ospedale Bambino Gesù (IRCCS)