L’Italia: tanto bella, tanto fragile

Purtroppo quello dell’Aquila non è un evento isolato, e non si può scoprire ogni volta che l’Italia è a rischio sismico, a cento anni dal terremoto più disastroso di tutti, quello che distrusse Reggio e Messina.

Non c’è dubbio che il terremoto dell’Aquila abbia dimostrato la generale fragilità antisismica dell’Italia. Ancora una volta, sono gli eventi distruttivi (penso anche all’alluvione di Firenze, a Soverato, alle tante dimostrazioni della complementare fragilità idrogeologica del territorio italiano) a prevalere su quelli costruttivi. L’edificio simbolo della tragedia dell’Aquila, la Casa dello Studente, era di costruzione recente, come tanti altri edifici crollati. Fossero stati realizzati in modo conforme alle normative antisismiche, avrebbero dovuto resistere al sisma. Ciò che in Giappone non avrebbe quasi avuto conseguenze, in Italia è stato un evento disastroso. Bisogna guardare fino in fondo la realtà. Non sono più i tempi di Gabriello Chiabrera: “il vezzoso terremoto/con l’amabile suo moto”… Bisogna agire senza perdere altro tempo. Indico le possibili priorità.

1. La legislazione sull’edilizia deve essere completamente rifatta, partendo dall’esigenza irrinunciabile della sicurezza abitativa. La legge Merloni, a questo scopo, si è invece dimostrata pessima: ha generato il monopolio di tre-quattro scatole vuote, costruite con più attenzione al loro profilo finanziario che alle loro capacità progettuali e tecniche (ed infatti l’Italia sta perdendo quote di mercato internazionale), che poi, generalmente, subappaltano senza nessun controllo. I tempi lunghi dell’appalto (vedi ancora la Casa dello Studente) sono i primi nemici della corretta realizzazione del progetto. Non credo che negli altri paesi europei, invece di sanzionare, si compensi il ritardo nell’esecuzione dei lavori rispetto ai tempi previsti con i meccanismi perversi della revisione prezzi.

2. I mancati controlli chiamano in causa la Protezione Civile. La protezione comincia con la prevenzione: e non è che mancassero all’Aquila (o manchino in Italia), analisi preoccupate sulla condizione statica degli edifici scolastici e sulla gravità di altre situazioni. Rispetto a gravi situazioni di rischio, la soluzione finora scelta è stata quella di minimizzare o di fatalizzare (“Non ho la bacchetta magica”), e dunque rinviare fidando nella buona stella d’Italia. Se di un Piano Casa oggi l’Italia ha bisogno, dovrebbe riguardare la messa in sicurezza degli edifici rispetto al rischio sismico ed idrogeologico. Mi aspetto che Guido Bertolaso lo dica alto e forte, altrimenti non potrei non avere il sospetto di un conflitto d’interessi tra la sua responsabilità di capo della Protezione Civile, che risponde a tutti i cittadini, e il suo profilo, acquisito negli ultimi tempi, di Commissario preferito del Governo, dall’immondizia campana all’area archeologica centrale di Roma. La Protezione Civile dovrebbe essere a capo di un monitoraggio continuo dello stato del territorio, fortemente interconnesso con i poteri locali, in modo da poter sia affrontare tempestivamente i problemi, sia evitare il palleggio e lo scarico delle responsabilità. Purtroppo, quello dell’Aquila, non è un evento isolato e non si può scoprire ogni volta che l’Italia è a rischio sismico, a cento anni dal terremoto più disastroso di tutti, quello che distrusse Reggio e Messina.

3. Bisogna evitare che la ricostruzione produca gli effetti che – ad esempio – ha assunto in Irpinia: un flusso di denaro pubblico non tutto effettivamente utilizzato per la ricostruzione. Credo che le furbizie le abbiamo sperimentate veramente tutte e dunque questa volta potremmo evitarle. Ancorando saldamente la spesa alla logica, dura e concreta, del progetto tecnico anziché alla vuota scorrevolezza della pura finanza.

4. Affermando, per cominciare, senza equivoci, che l’Aquila – una delle più belle città del mondo, (lo dimostra Santo Stefano di Sessanio), che ricordo ancora con emozione dal mio periodo di Commissario del teatro stabile – merita di essere ricostruita nel luogo in cui si è inginocchiata. Semplificazioni come la “new town” e L’Aquila 2 sono estremamente pericolose. Legittimamente, possono far venire in mente il Nerone di Petrolini, che, dopo l’incendio di Roma, voleva ricostruirla “più bella e più superba che pria”. Anche se “il popolo” del Nerone di Petrolini applaude, la città non è fatta solo di edifici, ma dalla vita che consente a chi la abita. Civitas, cittadinanza, ci sono tanti modi per chiamarla. Per l’Aquila, che è città universitaria – di studenti in maggioranza fuori sede – questo primato della popolazione è anche qualcosa di più.

5. Credo che gli architetti e gli ingegneri debbano far sentire con forza la loro voce a favore del progetto. Forse, negli ultimi tempi nelle Facoltà di Architettura, con l’istituzione di molti nuovi corsi di laurea, si è privilegiata la specializzazione della figura dell’architetto. Si tratta oggi di ricordare che questo comporta la necessità di non perdere mai di vista l’aspetto unitario della progettazione. Ricostruire L’Aquila comporta necessariamente l’integrazione dell’ingegnere e dell’architetto, del restauratore e del paesaggista, dell’urbanista e del sociologo. Si deve partire da quello che chiamerei progetto del progetto, il modo in cui la città può immediatamente ripartire nella sua vita essenziale (senza pensare di trasformare le tendopoli in una sorta di accampamento medioevale, con una tenda per ogni istituzione, dalla Prefettura al Teatro Stabile…) ed i tempi in cui può, per gradi, ma il prima possibile, insediarsi nuovamente nei suoi luoghi storici. La coscienza dell’importanza del progetto (che in tutta Europa si fa rapidamente e dunque si può fare in tempi rapidi anche in Italia, se la sua logica prevale su quella della pura spesa) è ovviamente antitetica al fai da te ed alla pericolosa illusione di poter semplificare i problemi realizzando soprattutto il nuovo. L’Aquila è stata costruita in diversi tempi storici. Il nostro tempo ha il dovere di rispettarne la stratificazione storica complessa, l’anima segreta (le città hanno un’anima, afferma lo spirito dell’architettura) del suo fascino. L’identità è attiva, non passiva. Ma gli innesti necessari del nostro tempo possono funzionare, senza reazioni di rigetto, se conoscono ed amano il tessuto su cui si innestano.

Renato Nicolini
Architetto, politico e drammaturgo italiano,
creatore dell’”Estate Romana”

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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