Fisica o psicologica è sempre violenza

Non possiamo assistere impotenti: sarebbe connivenza. L’invito a tutte le donne in primis, ma anche agli uomini è di partecipare a tutte le mobilitazioni che ci saranno per opporsi allo smantellamento dei diritti delle donne, per rilanciare una vera parità di genere.

Quando si pensa alla violenza contro le donne la prima immagine cui la mente si rivolge è quella dell’aggressione e dello stupro per strada. In realtà, la maggior parte delle violenze sessuali avviene tra le mura domestiche. Così come, focalizzando il problema delle violenze che subiscono le donne sul posto di lavoro, il primo pensiero va alle molestie sessuali: sicuramente un problema sempre diffuso ed oggi particolarmente fomentato da un pensiero maschilista e macista, a partire dalle uscite del Presidente del Consiglio. Ne citiamo due significative: alla giovane precaria che esprimeva preoccupazioni per il suo futuro, Berlusconi rispondeva che, essendo avvenente, la soluzione al suo problema salariale era sposarsi con un ricco! Anche rispetto alle violenze, la battuta del premier è stata: “Non posso certo assegnare ad ogni bella italiana un militare”. La violenza diventa, quindi, di tipo psicologico: la nostra sicurezza economica e fisica affidata ad un uomo. Esattamente l’opposto dell’emancipazione femminile, faticosamente conquistata e mai come oggi sotto minaccia. Sul piano legislativo, se consideriamo i soprusi che le lavoratrici subiscono al rientro dalla maternità, l’attuale governo ha cancellato un provvedimento che impediva, al momento dell’assunzione, quando si è più ricattabili, che l’azienda proponesse alla lavoratrice di firmare una lettera di dimissione volontaria non datata. Questa veniva spesso utilizzata dal datore di lavoro al rientro della neo-mamma dal periodo di maternità retribuito dall’INPS. Per le più fortunate, che non hanno subito il ricatto al momento dell’assunzione, il rientro dalla maternità, momento già difficile per una donna, spesso accompagnato da sensi di colpa verso il figlio o la figlia, è segnato da vessazioni, se non da autentico mobbing, per indurre al licenziamento la madre. Lavorando in un ospedale, conosco molte vicende di infermiere che, al rientro dalla maternità, chiedono il part-time; l’ufficio infermieristico difficilmente lo concede, a volte violando anche leggi e contratti. Alcune di queste infermiere si vedono costrette a licenziarsi. Tornando ai provvedimenti del governo, si prospettano altri provvedimenti vessatori per le donne che lavorano su turni, oggi esonerate dal lavoro notturno, dalla gravidanza fino al compimenti dell’anno del bambino/a: con il pretesto della parità, supportato dalla Corte Europea, si vuole cancellare un diritto alle donne, invece di estenderlo agli uomini, come è stato fatto per i congedi di maternità, di cui oggi possono usufruire anche i padri, grazie alla Legge sui congedi parentali. Durante un’incontro pubblico organizzato a Milano dalle firmatarie dell’appello “Donne per una difesa del lavoro delle donne” (a cui invitiamo ad aderire con una mail a difesalavorodonne@gmail.com), ha suscitato grande emozione l’intervento di una lavoratrice della sanità pubblica. “Se verrà messo in discussione l’innalzamento dell’età pensionabile a 65 anni per noi lavoratrici del pubblico impiego” ha dichiarato con voce tremante per la rabbia “questa volta mi incateno! Con una serie di riforme pensionistiche hanno continuato ad allontanare il traguardo del meritato pensionamento. Con in più la beffa che, ritardando il pensionamento delle donne di cinque anni sarà ancora più difficile che i nostri figli trovino lavoro, per di più in un momento di crisi”. Un’altra storia emblematica di violenza sulle lavoratrici viene in questi giorni dalla Liguria: due lavoratrici, impiegate e madri di figli minori, della multinazionale Saint Gobain, vengono trasferite da Vado Ligure (Sv) a Milano. Il trasferimento per queste due lavoratrici, così gravate dai loro carichi di impegni famigliari e sociali, è naturalmente insostenibile e serve solo a mascherare la volontà del licenziamento. Questa pratica è diffusa nelle aziende, nonostante le leggi e le direttive europee, così come i contratti, prevedano azioni positive per lo sviluppo dell’occupazione femminile (che in Italia è agli ultimi posti). Nella nostra società evidentemente c’è ancora molta disuguaglianza di genere; infatti sulle spalle delle donne ricadono molte funzioni, non c’è una giusta ripartizione tra uomini e donne delle attività familiari. Questo incide sulle assunzioni e sulle retribuzioni, fortemente inferiori per le donne. Mentre è soprattutto la mancanza di indipendenza economica che induce da sempre le donne a sopportare le violenze tra le mura domestiche, per la mancanza di una prospettiva alternativa. Prendiamo ancora spunto da un provvedimento legislativo recente: dal luglio scorso sono stati detassati gli straordinari. Viene proposto l’aumento dell’orario di lavoro per arrivare ad un salario da sopravvivenza, invece, di perseguire la riduzione della disoccupazione. Viene altresì proposto l’aumento dell’orario di lavoro, a scapito del tempo per sé e per i propri cari. Ma ancor più grave è che il finanziamento a questo provvedimento è avvenuto sottraendo risorse economiche ai centri anti-violenza, mentre imperversava la campagna “sicurezza” e le cronache nere si occupavano solo di stupri.
Infine vogliamo parlare di una grande violenza di cui rischiano di essere vittime le donne migranti. Nel pacchetto sicurezza, in discussione in questi giorni in Parlamento, è comparso un emendamento che chiede che le madri clandestine non possano denunciare la nascita dei figli. Una madre straniera senza permesso di soggiorno, partorendo in ospedale, si vedrebbe strappare dal grembo il figlio o la figlia, che diventerebbe “figlio di nessuno” e si attiverebbero le procedure di adozione. Una barbarie inaudita. Altrettanto crudele la conseguenza: le donne clandestine saranno costrette a partorire “in casa”, spesso in condizioni igieniche a dir poco precarie, che metteranno a rischio le loro vite e quella del bambino/a. Si incrementerebbe anche la moltitudine di bambini sconosciuti a qualsiasi censimento, senza i diritti elementari per l’infanzia: primi fra tutti salute e istruzione. Non possiamo assistere impotenti: sarebbe connivenza. L’invito a tutte le donne in primis, ma anche agli uomini è di partecipare a tutte le mobilitazioni che ci saranno per opporsi allo smantellamento dei diritti delle donne, per rilanciare una vera parità di genere, per respingere l’uso del corpo delle donne per giustificare provvedimenti che non risolvono il problema delle violenze, anzi lo acuiscono.

Margherita Napoletano
Coordinatrice RSU Ospedale San Raffaele di Milano,
prima firmataria appello “Donne per una difesa del lavoro delle donne”

 

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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