Gli occhi della guerra

Le orbite rossastre di un bimbo soldato che ha già visto troppo, lo sguardo terrorizzato di un prigioniero che si aspetta il plotone di esecuzione, l’ultimo rigagnolo di vita nelle pupille di un ferito. Sono gli occhi della guerra incrociati in tanti reportage in prima linea. Ma gli occhi della guerra siamo anche noi, giornalisti, fotografi, cineoperatori fatalmente attratti da conflitti esotici, dimenticati o alle porte di case. Talvolta non sappiamo starne lontani a lungo, perchè reportage e guerre non sono più un mestiere, ma anche la nostra vita e talvolta la nostra dannata, maledetta passione.
Per questo gli occhi della guerra diventano il titolo di un libro fotografico. Un libro per raccontare, con immagini e sguardi fugaci, 25 anni di servizi dai fronti del mondo. Un libro fortemente e caparbiamente voluto. Un libro pubblicato, nonostante tutto e tutti, nel ventennale della morte sul lavoro e nella battaglia di Almerigo Grilz, nostro maestro, amico e compagno d’avventure. Con lui avevamo fondato l’Albatross press agency, un’agenzia spericolata, per girare il mondo, sbarcare il lunario e raccontare la guerra.

Tre ragazzi di Trieste, tre figli di una città che, ancora oggi a vent’anni dalla sua morte, stenta a celebrare i meriti professionali di Almerigo e preferisce relegarlo nel limbo dei morti da dimenticare. Almerigo, nessuno lo nasconde, prima di diventare un ottimo giornalista era stato il capo del Fronte della Gioventù Trieste. Era come si diceva allora un “fascista”. Come lo eravamo noi. Come decine di altri futuri giornalisti che all’epoca continuavano a dirsi comunisti. Almerigo non ha potuto aspettare. Non ha avuto la possibilità di veder scorrere il tempo. Ha potuto solo mettere da parte l’impegno politico e dedicarsi anima e corpo al giornalismo. Ma questo evidentemente non basta a redimerlo, a lavargli l’anima da marchi ed etichette. È morto troppo presto. Per questo ricordarlo come giornalista degli anni ottanta, o peggio come leader della destra giovanile negli anni settanta è ancora un tabù. Per infrangerlo abbiamo realizzato gli occhi della guerra, con il solo aiuto concreto del Comune di Trieste, dei nostri portafogli e dell’editore Massimo Cetin. Ci abbiamo voluto aggiungere anche la firma di Almerigo, perché questo libro contiene molte sue foto scattate prima di morire in Mozambico, sul fronte dell’informazione. Abbiamo voluto il suo nome perché lui resta e resterà uno di noi. Nonostante tutto e tutti.

Il libro è diviso per aree di conflitto. L’Africa rosso sangue degli anni ottanta ha le tinte forti dell’Uganda, dell’Angola, del genocidio in Ruanda. La storia del Medio Oriente senza pace inizia con il primo reportage durante l’invasione israeliana del Libano nel 1982 e si conclude con l’odierna tragedia dell’Iraq. Per certi paesi, come l’Afghanistan, le fotografie percorrono tutta la storia della loro crisi dall’invasione sovietica ad oggi. Alcune immagini riflettono guerre dimenticate, sopite o concluse, ma sono state inserite per il loro valore e drammaticità come nel caso della Birmania o del Nicaragua. Le fotografie dei massacri in Uganda e Ruanda non vanno mostrate ai bambini, ma la guerra è crudele e non guardarla negli occhi non basta ad eliminarla.
La tirannia delle pagine ci ha costretto a scartare tante, troppe foto. Altre di grande valore sono rimaste dimenticate nei cassetti di qualche redazione o sono andate perdute. L’importante è che sfogliando questo libro, le sue pagine vi diano il senso degli occhi della guerra.

Fausto Biloslavo
Giornalista di guerra

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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