Liberi di decidere

Ogni democrazia deve garantire l’autonomia dell’individuo. Abolita la schiavitù e la sudditanza in una società di liberi, questa stessa libertà non può essere limitata né da un potere, né da un arbitrarietà sociale.

Se c’è qualcosa peggiore del morire è il pensiero di non dover morire mai. Sono le parole che fa pronunciare Simone De Beauvoir al protagonista di Tutti gli uomini sono mortali, romanzo dedicato, non a caso, a Jean Paul Sartre, e, forse, il tentativo più ambizioso del romanzo esistenzialista. Nascere, vivere e morire sono state le tre grandi questioni su cui si sono costruite le società umane. Il mistero della vita è fratello gemello del mistero della morte. Lo è anche nella rappresentazione iconografica ed artistica, le tombe rassomigliano a delle culle, pronte ad accoglierci e trasportarci in un al di là, in un “chissà?”.

Perché il pensiero della morte, che spinge gli umani a vivere con consapevolezza, porta inevitabilmente ad un’altra domanda: Dio esiste o no? Nessuno può affermarlo con assoluta certezza. Si può credere o meno all’esistenza di un Dio, ma, in entrambi i casi, ci troviamo davanti ad un’affermazione dogmatica. Per secoli, l’umanità ha giustificato i propri maldestri tentativi di sopravvivenza e di sopraffazione degli uni sugli altri rifacendosi ad un disegno divino: il “Dio lo vuole” delle guerre, delle schiavitù, delle violenze, delle torture e, soprattutto, della morte. Qualsiasi sentenza capitale è stata pronunciata in nome di una non meglio precisata volontà divina. Qualsiasi potere si è trincerato dietro il volto di un Dio. Dall’uccisione di Abele da parte di Caino al rogo per le streghe, dallo sterminio degli Indios d’America all’Olocausto, dalle migliaia di guerre e stragi che cadenzano la nostra millenaria storia agli ultimi kamikaze che si fanno esplodere in mezzo alla folla, la giustificazione di fondo rimane quella di un destino superiore che ti obbliga a morire e a decidere della vita e della morte degli altri.

A ben vedere, una formula puramente consolatoria ed assolutoria di un’umanità imperfetta e mortale. Un regola che ci costringe a credere che la propria vita e la propria libertà siano nelle mani di altri, di un Dio o di chi per lui interpreta e decide. In una moderna e liberale democrazia, però, i principi assolutistici trovano, almeno a parole, spazi sempre più angusti, mentre il progresso sociale, l’affermazione dei diritti civili, il cammino della ricerca medico-scientifica e della cultura giuridica, rappresentano le basi su cui si fonda una società di individui liberi ed emancipati. Se è vero che siamo tutti diversi, nei nostri rispettabili credo laici o religiosi, è anche vero che siamo tutti uguali di fronte agli altri. Ogni democrazia, per essere tale, deve garantire l’autonomia dell’individuo. Abolita la schiavitù e la sudditanza e creata una società di liberi, questa stessa libertà non può essere limitata né da un potere, né da un arbitrarietà sociale o naturale. La giusta e civile convivenza si esplica nell’illuministico principio: la mia libertà finisce dove inizia la tua. Sono assiomi elementari su cui si basa l’impalcatura delle moderne costituzioni. Sono conquiste umane che prescindono da un qualsiasi Dio e che distinguono le moderne democrazie dai governi assolutistici o dai fondamentalismi religiosi. Solo un credo laico permette ad ognuno di noi, credenti, non credenti o diversamente credenti, di poter gestire autonomamente la nostra vita, senza dover rispondere o ubbidire ad alcun dogma, ma solo alla propria coscienza ed ai propri principi. Se questo è vero per la propria vita, tanto più è vero per la propria morte. Tutti abbiamo il diritto di vivere, ma è altrettanto vero che tutti abbiamo diritto ad una morte dignitosa. Non si tratta di esaltarsi di un potere divino divenendo i padroni della vita e della morte, ma di comprendere situazioni in cui nessuno vorrebbe trovarsi, ma in cui accadimenti esterni possono coinvolgerci. I progressi della scienza e della medicina hanno permesso all’umanità di allungare le aspettative di vita e di curare malattie considerate, fino ad una manciata di anni fa, incurabili. Gli stessi progressi scientifici permettono oggi di veder nascere figli sani a coppie sterili o portatrici di gravi malattie, negando la nascita ad altri. Questo per quanto riguarda il principio della vita.

Tutto, però, diventa più complicato quando si tratta della fine della vita. È la stessa tecnica che, progredendo giorno dopo giorno, ci sottopone a nuove e controverse situazioni e a dilemmi morali che coinvolgono le nostre coscienze e, quando vi sono, i nostri principi religiosi. Il professor Umberto Veronesi ha scritto che nel «momento in cui un malato entra in un servizio di rianimazione convenientemente equipaggiato, si potrebbe quasi dire che gli è difficile morire». In limbi ospedalieri di “non vita” e di “non morte”, dove il tempo è scandito da respiratori meccanici, sondine, con pazienti sedati, tracheotomizzati, manipolati, immobilizzati, inermi, ci si chiede se sia giusto continuare a far vivere meccanicamente il corpo di un’esistenza che ormai non è più. Non sono casi estremi, ma situazioni sempre più frequenti quelle in cui il progresso scientifico toglie potere a Dio per rimetterlo nelle mani degli uomini, cioè di noi stessi. Non è più un Dio a decidere della vita, ma un uomo che può allungare in eterno una “non vita”, ma anche decidere di accompagnarla in un’agonia in modo pietoso e umano per porle fine con una “dolce morte”.

Si tratta, certamente, di una materia delicata, su cui è giusto che si esprimano filosofi, scienziati, medici e religiosi. L’errore che non può essere compiuto è quello di poggiare una legge dello Stato, valida erga omnes, sull’intransigenza di una sola parte, né, tanto meno, su un qualche dogma religioso che riguarda solo chi vi crede e che, tra l’altro, nel corso dei secoli ha mostrato di essere piuttosto fallace.

Nessuno può rispondere se Dio esista o meno. La storia umana ci porta a pensare che, pur potendo o volendo, ha preferito non intervenire nella vita umana, vita e morte comprese, per lasciarci liberi di decidere.

Bianca La Rocca
Responsabile dell’ufficio stampa di Sos Impresa Confesercenti

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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