Il punto della situazione

Eutanasia, una parola tabù per la politica italiana. In Italia il potere teocratico sta invadendo la sfera di quello temporale e, poiché non tutti i cittadini italiani sono cattolici, urge una Legge sul “testamento biologico”.

“Io amo la vita. Il mio sogno è l’eutanasia”, Piergiorgio Welby inviò questo messaggio al Presidente della Repubblica il 22 settembre 2006. Da allora, in Italia, si sono aperti dibattiti su eutanasia e testamento biologico. Eutanasia, in greco antico, significa letteralmente “buona morte”. Con questo termine si definisce quindi l’intervento medico volto ad abbreviare le sofferenze di un malato terminale. Il progresso della medicina, che ha reso possibile il prolungamento della vita anche in condizioni per molti non accettabili, e il fenomeno dell’eutanasia clandestina, recentemente venuto alla luce anche grazie all’ultimo libro del Prof. Veronesi, impongono con urgenza il tema all’attenzione generale. Veronesi difende l’eutanasia: “Morire è un diritto fondamentale”. Condicio sine qua non è un’indagine conoscitiva e la via da percorrere è quella olandese, atta a rilevare l’effettiva consistenza del fenomeno legato all’eutanasia clandestina e che si possa aprire un dibattito pubblico nel quale domandarsi se debba considerarsi vita, e in quanto tale intangibile, quella di chi patisce sofferenze intollerabili, ovvero se l’eutanasia, praticata in un contesto di regole precise, costituisca piuttosto un’espressione di libertà e dignità dell’individuo. L’Art. 32 della Costituzione Italiana è esplicito a riguardo “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

Il 4 aprile 1997 è stata firmata a Oviedo la “Convenzione per la protezione dei diritti dell’uomo e la dignità dell’essere umano riguardo all’applicazione della biologia e della medicina”; è entrata in vigore il 1 dicembre 1999, avendo raggiunto le firme minime necessarie previste dall’articolo 33 della Convenzione stessa. Nell’Art. 1 enuncia “Le Parti di cui alla presente Convenzione proteggono l’essere umano nella sua dignità e nella sua identità e garantiscono ad ogni persona, senza discriminazione, il rispetto della sua integrità e dei suoi altri diritti e libertà fondamentali riguardo alle applicazioni della biologia e della medicina. Ogni Parte prende nel suo diritto interno le misure necessarie per rendere effettive le disposizioni della presente Convenzione.”; l’Art. 2 contiene un principio fondamentale, quindi inderogabile: “Primato dell’essere umano. L’interesse e il bene dell’essere umano debbono prevalere sul solo interesse della società o della scienza”.

Eutanasia. Una parola tabù per la politica italiana. I sondaggi restituiscono un’immagine del paese nettamente favorevole alla sua legalizzazione. In Italia, il potere teocratico sta invadendo la sfera di quello temporale e, poiché non tutti i cittadini italiani sono cattolici, urge una Legge sul “testamento biologico”. L’eutanasia può essere attiva e passiva; la prima consiste nel determinare o nell’accelerare la morte mediante il diretto intervento del medico, utilizzando farmaci letali, mentre la seconda consiste in un’astensione del medico dal compiere interventi che potrebbero prolungare la vita stessa. Si ha il suicidio medicalmente assistito quando un medico fornisce ad una persona che vuole suicidarsi i mezzi per uccidersi, ad esempio prescrivendo una dose letale di un farmaco orale che il paziente assumerà in un momento successivo. Il medico può svolgere anche un ruolo più attivo, fornendo al paziente un macchinario che, una volta messo in azione, automaticamente somministra in vena una dose letale di sedativo, ad esempio un barbiturico, seguito da una grossa dose di potassio che blocca il cuore o da un agente paralizzante che blocca la respirazione. Il primo farmaco induce il sonno, il secondo uccide. Il medico è coinvolto più direttamente in questo tipo di suicidio assistito perché, oltre a prescrivere la dose letale di farmaco, fornisce il macchinario e si presume che prepari l’infusione intravenosa per il suicida. Un medico può aiutare il suicidio togliendo l’alimentazione/idratazione ad un paziente che ne faccia richiesta. In molti paesi la legge non interviene se una persona cessa di assumere cibo e acqua di sua volontà, ma se questo capita in un ospedale, il medico responsabile, accettando, collabora al suicidio.

Yasmin Ravaglia
Associazione Concioni

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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