Le conseguenze finanziarie della crisi

Il futuro ha sempre aspetti ambigui e contradditori. Da molti commentatori l’attuale situazione è stata paragonata alla crisi del 1929. Certe cose sono simili e altre no. Come allora, in una situazione di minore integrazione commerciale, finanziaria e monetaria, nessun paese fu immune dalla crisi della più grande economia mondiale.

Un lungo periodo di prosperità, ottenuta applicando ad oltranza le teorie keynesiane di sostegno alla domanda, è giunto al termine. È stato mantenuto in vita artificialmente con l’abbassamento dei tassi USA al di sotto di ogni valore reale, applicato dal 2001. Le popolazioni mondiali hanno vissuto al di sopra dei propri mezzi attraverso l’espansione dell’indebitamento pubblico e/o privato. Il sistema finanziario mondiale è oggi in seria difficoltà. Le quotazioni di borsa dei titoli sono scese drammaticamente e una notevole quota di risparmio è andata perduta. Il governatore Draghi ha recentemente valutato in tre anni il periodo necessario per superare la crisi.

La stima appare difficile in quanto le misure di salvataggio non sono completamente note, almeno per la parte di fondi ancora necessari, includendo in questi anche gli effetti dell’impiego degli stanziamenti a garanzia (o all’esito dei prestiti), posti a carico della comunità. È ovvio che per alcune categorie di persone fruenti di redditi fissi questo non avverrà mai. (Basti pensare ai trattamenti di fine rapporto basati sui fondi pensione). Un altro fattore da considerare sono i tempi della ripresa economica e i movimenti demografici nei vari paesi. Anche qui ci saranno delle diversità tra le diverse economie e difficoltà di accordo. Come detto, la macroeconomia non ha sul piano teorico ricette specifiche valide per ogni tipo di economia. È da ritenere che le autorità politiche opereranno su base empirica, con prevalente riguardo alle situazioni di breve periodo, almeno nella fase acuta della crisi.

Come si è visto, per superare questa crisi – che sarà almeno di medio periodo – si dovrà passare attraverso:
1. Un rilevante impiego di risorse pubbliche per attenuare le perdite registrate, stornandole da stanziamenti sugli investimenti;
2. Un conseguente maggiore intervento pubblico nell’economia, in forme variabili da paese a paese;
3. Un più rilevante peso delle autorità di sorveglianza in tutti i comparti dell’attività finanziaria;
4. Un’azione diretta a sopperire alla perdita d’immagine delle agenzie di rating;
5. Una situazione di fiducia dei risparmiatori verso gli intermediatori bancari. Le propensioni d’investimento sono oggi prevalentemente dirette verso i titoli di stato e non più verso le cartolarizzazioni e i fondi d’investimento;
6. Un periodo in cui la distruzione di risparmio accaduta renderà difficile la messa in opera di operazioni di project finance e l’ingresso in borsa di nuove aziende;
7. Per le aziende è facile prevedere delle serie ristrutturazioni e una situazione di generale ritardo nei pagamenti ai fornitori;
8. La contrazione dei prestiti erogabili dalle banche provocherà anche la riduzione della crescita economica, dei programmi d’investimento, la contrazione dei consumi, specialmente dei beni di lusso e del tempo libero;
9. In particolare, il nostro paese dovrà affrontare un periodo di recessione e sta già scontando la penalizzazione di 1 punto negli interessi sul debito pubblico rispetto a quanto applicato alla Germania;
10. L’ampliamento delle sacche di povertà, dovuto alle perdite subite dai titolari di reddito fisso (ad esempio i pensionati) ed alla disoccupazione, di cui è già in corso l’appesantimento;
11. Un periodo di tensioni sociali, tenuto conto che, in ogni modo, si è vissuto questi anni al di sopra dei propri mezzi;
12. L’alternarsi di spinte inflattive a quelle deflattive, già in corso, potrà ripetersi in modo altalenante, sino a quando la situazione non ritornerà sotto controllo.

Il futuro ha sempre aspetti ambigui e contradditori. Da molti commentatori l’attuale situazione è stata paragonata alla crisi del 1929. Certe cose sono simili e altre no. Come allora, in una situazione di minore integrazione commerciale, finanziaria e monetaria, nessun paese fu immune dalla crisi della più grande economia mondiale, gli USA. Le azioni allora intraprese per il risanamento economico costituiscono delle esperienze di cui tenere conto, pur nelle mutate situazioni, anche oggi. È abbastanza chiaro che tutti gli investitori non credano ad azioni limitate al solo ambito nazionale. Attualmente esiste un discreto grado di collaborazione tra le principali potenze che può consentire operazioni coordinate di salvataggio a livello mondiale nel campo della finanza e in qualche altro campo dell’economia reale. I risultati delle recenti elezioni americane hanno dato a quel paese un’amministrazione pubblica coerentemente appartenente ad un unico partito (democratico).

Nei prossimi mesi bisognerà vedere di quanto gli USA, nel lungo periodo, potranno scostarsi dalla politica di sovra indebitamento, inaugurata dal presidente Reagan nel 1981. Se non lo faranno, il tasso di crescita sarà minato dal ridursi della componente “investimenti” del prodotto interno lordo. Questa politica ha consentito di raggiungere un livello di spesa, pubblica e privata, ben al di là del loro potenziale produttivo. È stata attuata per tanti anni, poiché gli USA emettevano la principale moneta di riserva mondiale, ampiamente accettata dagli altri paesi. Di questa situazione hanno profittato, in particolare, la Cina e le “Tigri asiatiche”, che hanno potuto aumentare sensibilmente le proprie esportazioni senza rivalutare le proprie monete, ancorate al dollaro. Quando questi indirizzi hanno superato il limite di sostenibilità, le prime tensioni si sono manifestate sui beni ad offerta rigida (materie prime, petrolio, oro, etc.). Poi, la crisi è risultata evidente nel sistema finanziario USA e nelle borse di tutto il mondo. È iniziata la recessione, che non ha oggi raggiunto il suo massimo.

La diffusa situazione di malessere economico negli Stati Uniti e le promesse elettorali del nuovo Presidente non rendono facili i cambiamenti di rotta in tema di intervento pubblico. Anche le situazioni di guerra in corso (Afghanistan, Iraq) o potenziali (Medio Oriente) influiscono sulle incertezze della situazione. Non appare ragionevole ritenere che gli USA possano rinunciare facilmente a tale politica e, quindi, alla prospettiva del deprezzamento reale del dollaro. Intanto, le attuali proiezioni economiche indicherebbero che, nel 2009, solo l’economia cinese non sarà in recessione. Peraltro, la Cina ha adottato recentemente una politica di spesa pubblica in chiave anticiclica, utilizzando un terzo delle proprie riserve in dollari ($ 600 miliardi). Non è questo un fatto politicamente irrilevante, pur nella sua ambiguità circa il destino del dollaro quale moneta di riserva.

 

Ezio Romanò
Revisore ufficiale dei conti

 

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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