L’alternativa al credito tradizionale

La divaricazione tra economia reale e finanza ha oggi raggiunto un livello parossistico. Il credito non è più uno strumento di accompagnamento per progetti di sviluppo, ma un modo per creare ricchezza virtuale a vantaggio di pochi.
La drammatica crisi finanziaria ed economica che stiamo vivendo comporterà costi e sofferenze notevoli per larghe fasce della popolazione. Possiamo però sperare che questa fase di grande difficoltà stimoli una profonda analisi delle gravi disfunzioni dell’attuale sistema finanziario e porti alla riscrittura di alcune regole, al fine di riportare la finanza al servizio dell’economia reale, delle imprese e delle famiglie. La divaricazione tra economia reale e finanza ha oggi raggiunto un livello parossistico. Il credito non è più uno strumento di accompagnamento per progetti di sviluppo, ma un modo per creare ricchezza virtuale a vantaggio di pochi. Si è spesso sentito dire che all’origine della crisi ci sono i mutui “subprime”, ma i subprime sono stati solo il detonatore di una crisi che è di sistema, determinata dall’ingordigia di profitto, che ha portato alla astrattezza del sistema finanziario, diventato un meccanismo per creare valore virtuale.

In questo contesto, noi di Banca Popolare Etica abbiamo l’ambizione di mettere la nostra esperienza al servizio dei regolatori che saranno chiamati a riscrivere le regole. Il nostro è l’unico istituto di credito italiano che opera nel pieno rispetto dei principi internazionali della finanza etica. Raccogliamo il risparmio di single, famiglie, enti e associazioni e lo impieghiamo per finanziare imprese sociali o realtà profit dall’intrinseco valore come quelle rivolte alla tutela dell’ambiente e alla produzione biologica. La trasparenza e la fiducia per noi sono da sempre non parole vuote, ma atti concreti verso i clienti che sanno esattamente come il loro denaro viene impiegato e da dove proviene. Solo per fare alcuni esempi, i nostri clienti non hanno mai dovuto pagare la commissione di massimo scoperto e possono contare sulla portabilità dei mutui ben da prima che il Governo la imponesse a fatica (e ancora senza completo successo) a tutte le banche.

A quasi dieci anni dalla sua fondazione, Banca Etica ha raggiunto una raccolta di capitale sociale di oltre 20 milioni di euro, conferito da 30 mila soci, di cui circa 4.000 sono persone giuridiche (tra queste 9 Regioni, 40 Province, 300 Comuni). L’Istituto ha una raccolta di oltre 530 milioni di euro (nell’ultimo anno abbiamo avuto una crescita che sfiora il +20%) e sta finanziando 3.000 attività e progetti solidali per un valore che supera i 450 milioni di euro. La nostra storia dimostra che una finanza etica e al servizio dell’economia reale è possibile. E – se Governi e istituzioni internazionali non si lasceranno sfuggire l’occasione – finalmente potremo vedere almeno alcuni dei nostri valori applicati su larga scala.

Ecco dunque i nostri suggerimenti per il ripensamento delle regole della finanza e delle banche:

• La finanza deve tornare a fare da volano per l’economia reale. Tenendo ben presente che non si tratta solo di finanziare fabbriche, ma anche, per esempio, sostenere progetti per il turismo, investimenti culturali e perfino di economia sociale. Tutto quello che crea, insomma, un valore che non stia solo nelle alchimie dei titoli.
• La Banca non deve spingere le persone a vivere al di sopra delle proprie possibilità. Dai mutui subprime alle carte di credito revolving, tutto il sistema spinge verso un consumismo sfrenato, ma drogato dal debito. Una realtà che, come stiamo dolorosamente vedendo, non è sostenibile.
• Vanno eliminati i “paradisi fiscali” (stime recenti dell’OCSE valutano in 5.000 miliardi di euro i capitali che vi sono allocati e che sfuggono a controlli e tassazione);
• Tra i criteri che regolano l’erogazione del credito vanno introdotti requisiti anti-ciclicità per evitare che nei momenti di crisi si attui automaticamente una restrizione del credito, con evidenti ricadute negative in termini di consumi e deflazione. Va pure valorizzata la conoscenza diretta dell’imprenditore e dell’impresa finanziata, come elemento di prossimità della banca ai soggetti finanziati, della finanza all’economia reale.
• Va rivalutata la necessità che l’imprenditore sia sostenuto da adeguati capitali di rischio (patrimonio). A questo proposito, sarebbero interessanti misure che incentivino l’azionariato diffuso.
• Le norme contabili devono favorire la valorizzazione delle aziende in un’ottica di sostenibilità, non “day by day”.
• Vanno limitati i compensi dei manager.
• Va proibito il collocamento di prodotti finanziari complessi e a contenuto speculativo a soggetti che non abbiano le competenze per comprenderli. Serve un’ampia opera di educazione finanziaria dei cittadini oltre che di moralizzazione degli operatori.
• Va disincentivato l’eccessivo ricorso alla “leva” finanziaria.
• Va riformata la regolamentazione delle agenzie di rating, introducendo severe regole che permettano di evitare i conflitti di interesse (oggi chi deve essere valutato paga il valutatore).
• È condivisibile l’ipotesi apparsa in questi giorni sui giornali che prospetta la possibilità che le banche che ne faranno ricorso debbano pagare allo stato la garanzia che richiederanno.
• È, infine, necessaria un’autorità sovranazionale che si occupi dei controlli: nell’era della globalizzazione, i controlli nazionali non sono sufficienti.

Si è molto parlato in questi giorni di una specificità italiana: l’arretratezza del nostro sistema comporterebbe – secondo alcuni – una minore esposizione del nostro Paese nell’ambito dei derivati e della finanza più spinta. Questo però può essere al massimo un colpo di fortuna. Non significa che le cose vadano bene. Il sistema finanziario italiano è asfittico, la capitalizzazione della Borsa di Milano è molto ristretta rispetto alle dimensioni dell’economia. Se anche l’Italia dovesse essere risparmiata dal peggio di questa crisi, ciò non esime il sistema dal dover ripensare le proprie regole. Oggi è assai fondato il timore che il credit crunch e il calo dei dividendi che le fondazioni bancarie incasseranno dalle banche di cui detengono le partecipazioni provocheranno un’ulteriore restrizione delle risorse a disposizione del terzo settore, che pur con molti limiti è riuscito in questi anni a rispondere a tanti bisogni dei cittadini. Anche su questo fronte è necessaria una revisione delle regole che oggi penalizzano pesantemente chi, come Banca Etica, sceglie di finanziare le realtà sociali.

Le norme di vigilanza bancaria fissate dal sistema di Basilea stabiliscono, infatti, che l’impresa a carattere sociale sia considerata a rischio massimo, per definizione. Mentre, per esempio, proprio i prestiti tra banche che oggi sono nell’occhio del ciclone sono considerati tra i più sicuri. Eppure, la nostra esperienza decennale ci ha dimostrato che investire in imprese sociali non è “rischioso” come vogliono far credere: il tasso di sofferenza di Banca Etica è appena dello 0,5, assai più basso di quello medio del sistema bancario, che si attesta intorno al 4 per cento. In conclusione, Banca Etica auspica un ripensamento generale e globale delle regole che hanno portato all’attuale disastro e chiede una maggiore attenzione a quelle realtà che, come la nostra, sono cresciute nonostante una normativa avversa, sostenendo progetti di economia reale e dal comprovato valore sociale.

La crisi ha spinto molti – cittadini e non solo – a prestare maggiore attenzione ad esperienze come la finanza etica ed il microcredito. Qualcuno inizia a guardare a queste esperienze come ad un’alternativa seria al credito tradizionale o perfino agli aiuti pubblici allo sviluppo. Dal nostro punto di vista, più aumentano le quantità di denaro impegnate in queste attività, meglio è. Però non possiamo esimerci dal mettere in guardia dal rischio che perfino queste forme di finanza alternativa diventino un modo per diversificare gli impegni degli istituti bancari o per aumentarne ancora i profitti. La nuova regolamentazione dovrà prevenire questi rischi, garantendo l’autenticità e la trasparenza delle azioni di chi vorrà impegnarsi nel microcredito e nella finanza etica.

Mario Crosta
Direttore generale di Banca Popolare Etica

 

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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