Errori nei modelli ed errori nell’assegnazione dei rating, oltre a particolari abilità nella confezione dei titoli, con l’inserimento di altre attività e prodotti finanziari, non hanno fatto percepire agli acquirenti il rischio che veniva da loro assunto.
Ormai è noto a tutti che la crisi finanziaria che ha coinvolto tutto il globo trova origine dai famosi mutui subprime statunitensi. Ma come possono dei mutui ipotecari combinare un tale sconquasso? La risposta è semplice: non sono stati rispettati i principi basilari che regolano l’attività finanziaria. In particolare, bisogna ricordare che i finanziamenti devono essere concessi esclusivamente a chi sia in grado, in una visione prospettica, di rimborsare e remunerare quanto ricevuto. In altri termini, un’analisi della capacità di reddito futura di un soggetto debitore è la premessa indispensabile per la valutazione della sua capacità di credito. L’esistenza di garanzie non può essere mai condizione sufficiente per l’erogazione di un prestito e, in molti casi, non è nemmeno condizione necessaria.
È vero che una garanzia, soprattutto se rappresentata da un’attività reale o finanziaria, consente di rivalersi su questa in caso di insolvenza del debitore e di ridurre in questo modo la perdita conseguente fino anche, nel migliore dei casi, ad annullarla, ma deve mantenere un ruolo accessorio che diminuisce il rischio in caso di errori di valutazione. Se il creditore ritiene che l’unico modo per rientrare in possesso dei fondi prestati sarà l’escussione della garanzia, sarebbe più opportuno che rinunci a concludere l’operazione, suggerendo al potenziale debitore di procedere autonomamente ad avvalersi delle entrate che l’alienazione della garanzia potrebbero procurargli. Al massimo, si potrebbe pensare ad un finanziamento ponte per consentire la vendita del bene con maggiore tranquillità. I mutui subprime non hanno rispettato queste indicazioni, ma sono stati concessi a soggetti con prospettive di reddito insufficienti per fronteggiare il loro rimborso e la loro remunerazione.
Le tecniche di concessione con lunghi periodi di ammortamento, l’incremento della domanda di immobili ed il conseguente incremento del loro valore e la rinegoziazione dei mutui con garanzie apparentemente crescenti hanno consentito uno sviluppo abnorme di questo comparto. D’altra parte, le tecniche di cartolarizzazione hanno permesso che il rischio insito in questi comportamenti venisse trasferito dai concedenti i mutui ad altri soggetti, nell’ambito di mercati non regolamentati, dove i prezzi si basano sulla valutazione del rating e su modelli matematici. Errori nei modelli ed errori nell’assegnazione dei rating, oltre a particolari abilità nella confezione dei titoli, con l’inserimento di altre attività e prodotti finanziari, non hanno fatto percepire agli acquirenti il rischio che veniva da loro assunto. Da qui la diffusione e l’opacità di questi strumenti finanziari.
Quando, come sempre accade per le bolle speculative, il meccanismo s’inceppa, la situazione appare nella sua problematicità. È sufficiente che si fermi la corsa al rialzo del valore degli immobili, magari motivata dal desiderio di realizzo da parte di alcuni proprietari o dalla escussione di alcuni debitori morosi, per evidenziare la pericolosità dei mutui in essere, bloccare la concessione di nuovi mutui, vedere aumentare le insolvenze, accentuare la vendita di immobili e vederne ridurre il valore di mercato ancor più velocemente. A questo punto, la crisi si diffonde all’interno del sistema finanziario in modo tanto più ampio, quanto maggiore è stata la diffusione di questi strumenti e quanto minore è la conoscenza di dove sono realmente finiti. In un sistema globalizzato, come quello attuale, la crisi coinvolge tutti indistintamente, anche se con intensità diversa. La crisi del sistema finanziario si trasmette poi al sistema dell’economia reale. Ma questa è un’altra storia.
Gian Nereo Mazzocco
Preside della Facoltà di Economia dell’Università di Udine