Sorridi, dall’altra parte del telefono si capisce

Vendite rifilate sotto il travestimento dell’omaggio, conversazioni che negano quanto affermano, meccanismi di diabolica psicopersecuzione. E’ la strategia del call center per incastrare chiunque osi alzare una cornetta senza pensare a quello che sta facendo.

 venerdì 13 gennaio

 

Deh, direbbe Silvia.
Ho iniziato a lavorare in un call center. Quei lavori disperati che ti vergogni di dire agli amici.

«Cosa fai?»
E tu:

«Beh, mi occupo di promozione pubblicitaria».

Che meraviglia l’italiano, altro che giochi di prestigio.

Ma questo non è un call center comune. È un call center della Kirby. E ’sti cazzi, mica robetta!

Ho saputo subito che era il call center che cercavo, quello dove avrei potuto davvero divertirmi.

Non l’innocente sorriso del bambino davanti alla farfallina.

Direi piuttosto il sadico sorriso del bambino mentre con uno spillone fissa la farfallina al pezzetto di sughero per iniettarle la formalina. Mentre è ancora viva, ovviamente.

Credo di averlo capito quando ho letto il primo cartello «motivazionale» nella sala d’attesa. «Lavoro di squadra: il modo in cui gente comune raggiunge risultati non comuni». Anche il secondo per la verità non era male, quanto a prosopopea.

«È quando smetti di pensare che non ce la farai che puoi davvero cominciare a farcela. Pensa da vincente!»

Ricordo di aver pensato: sono loro. Questi sono proprio loro!

Il colloquio me lo ha fatto una ragazza troppo mal vestita per essere una segretaria e troppo sveglia per essere una telefonista.

Ne dedussi che fosse la psicologa addetta alla selezione del personale. In questi posti chi ti assume è sempre uno psicologo. Cosa spinge uno che ha fatto psicologia a fare questo lavoro di merda? È un mistero più grande della transustanziazione.

Le ho detto le solite cose che uno psicologo di un posto così vuole sentirsi dire. Una motivazione sufficientemente forte da renderti manipolabile, ma che non sia il denaro. Perchè ovviamente, se fosse il denaro, il primo che passa e ti offre due lire in più lo segui come fosse Tom Cruise.

HERMANN / LA GERARCHIA DEL VINCITORE

Il lavoro è organizzato come in un gulag svizzero. Dodici ore filate divise in tre turni di quattro ore, senza soluzione di continuità.

La casalinga non ha scampo. È lei il target della diabolica organizzazione Kirby.

L’ufficio è piccolissimo, le postazioni di combattimento sono la metà di un banco di scuola, divise da un pezzo di compensato.

Danno sul muro e sullo schermo di un pc. Ma sul muro, ovviamente, ci sono gli immancabili cartelli motivazionali.

«La telefonista che fa più appuntamenti avrà in premio una scatola di formaggini e 8,5 euro lordi.»

Qualcosa mi dice che la parola «lordo» in questo posto non è semplicemente il contrario di «netto». Sento già l’odore del sangue. Ma è presto per addentare. Ora stiamo al gioco.

Sono docile, spaesata, fingo di non capire. Sia benedetto il giorno che ho trovato ‘sto lavoretto.

L’età media è sui venticinque anni. L’istruzione media è bassa, si capisce da tante cose.

La figura più inquietante è la capotelefonista che comanda (sono in due, ma una delle due non ha alcun peso, è evidentissimo).

Per convenzione la chiameremo Hermann. Hermann non è qui solo per lavorare. Anzi. Lei ci crede davvero. Non è semplicemente collaborativa. È convertita.

Per Hermann Kirby è una fede, non un modo per sbarcare il lunario.

È ferrea, arrogante, conosce ogni trucchetto per intortare la casalinga e, poiché è stata telefonista a sua volta, conosce anche tutti i trucchetti per intortare la telefonista media. Ha buon gioco, un sottovaso ha più personalità di queste ragazze, povere loro.

Mi fingo del gregge. Sarà bellissimo.

LA TELEFONATA / COME TI INCHIAPPETTO LA CASALINGA IGNARA.

La tecnica era esattamente quella che mi aspettavo.

Una telefonata studiata nei minimi dettagli, di cui mi danno il testo, insieme ad alcune indicazioni.

«Sorridi, dall’altra parte del telefono si capisce. Se devi fare una domanda fuori testo, fa’ in modo che non cominci mai per “non” e che la risposta non possa mai essere “no”. Altrimenti ti seghi da sola.»

Hai capito. Chiamale sceme.

«Buongiorno signora, sono Camilla de Camillis della Kirby di Paperopoli, lei non mi conosce. Le spiego subito il motivo della telefonata, <sorriso> lei è stata sorteggiata, lì nel paese di Chissàdove, per ricevere un buono <enfasi> gratuito di <veloce> igienizzazione completa (la signora non deve capire con esattezza cosa le si sta proponendo) o di un suo divano, o di un suo tappeto, o ADDIRITTURA di un suo materasso. In cambio di questo servizio lei dovrà semplicemente esprimere un parere sul macchinario che eseguirà l’igienizzazione e sulla persona che glielo mostrerà. Quando preferisce, signora, domani alle 15 o dopodomani alle 18?»

Diabolico. La casalinga non ha tregua. Ci sono anche le risposte predefinite per le obiezioni che possono sorgere.

«Non ho tempo.»

«Ma signora, è solo un’orettamassimo, un’orettaemezza (pronunciato con la virgola dopo “massimo”, in modo che la signora percepisca che la durata è massimo un’ora, mentre invece è di un’ora e mezza, quasi due) del suo tempo.»

Implicito è il messaggio che il tempo della signora non valga un soldo bucato, dato che può regalarcelo così, a gratis.

«Non compro niente.»

«Signora, non c’è nulla da comprare, non è una vendita, ma solo una campagna pubblicitaria. Siamo noi che le stiamo facendo un omaggio.»

Come se lo scopo di una campagna pubblicitaria non fosse vendere… ovviamente non verrà presa per il collo per acquistare, ma dopo un turlupinamento di quella durata, può essere che sia proprio lei a chiedere:

«E quanto costa questo coso?».

Non ci credereste, ma questo strumento funziona. Moltissime povere casalinghe, strappate ai loro lavoretti quotidiani da questa invasione telefonica, non sanno opporre resistenza al bulldozer-telefonista e dicono sì. Fosse anche solo per chiudere la telefonata.

Alcune, smaliziate, dicono di no senza tregua. Davanti alle resistenze, c’è anche il ricatto morale:

«Guardi, non mi interessa proprio».

«Signora, lei ci darebbe una mano a lavorare, perchè noi <enfasi> GIOVANI siamo pagati dalla nostra azienda <enfasi> SOLO per far vedere questo macchinario. Se ci riceve ci darà la possibilità di lavorare e in cambio noi le chiediamo solo un giudizio a voce. Che ne dice di mercoledì all’una di notte? O preferisce sabato mattina all’alba?»

A quel punto anche il cuore più duro si scioglie. Quale mamma non si intenerirebbe al pensiero di poveri giovani senza lavoro, pagati solo per fare pubblicità? Dopotutto si tratta solo di sorbirsi un mostruoso spot dal vivo della durata di un’ora e trenta minuti, poveri giovani. Il sì è già dietro l’angolo. Sorridi, la signora lo percepisce.

 lunedì 16 gennaio

PREMI / I VIAGGI VERSO QUEL PAESE / PARTE II

L’epifania della vera filosofia Kirby si vede in tutto il suo fulgore nelle premiazioni che non sono in denaro.

Innanzitutto i viaggi. I migliori risultati vengono premiati con mirabolanti viaggi dalla destinazione e dal contenuto già deciso, all inclusive. Per esempio tra breve Hermann e la migliore telefonista (che per convenzione chiameremo Laverne) degli ultimi quattro mesi partiranno per New York, albergo 5 stelle, viaggio in business class, vitto corrisposto e seratona di gala su nave da crociera ancorata al porto di NY. La vincita è per uno solo, però.

Quindi, pensandoci bene, se faccio un grosso risultato mi succede questo:

– Vinco un viaggio da sola in un posto dove non sarei mai voluta andare.

– Non posso avere il corrispettivo in denaro se decido di declinare.

– Vado quando me lo dicono loro, mangio quello che hanno deciso loro, dormo dove dicono loro e vado persino a feste predecise da loro.

– Tutto questo in compagnia nientepopo’ di meno che della mia capotelefonista, l’amabile Hermann.

Accattivante. Uno si chiede come possa risultare motivante un simile premio.

In realtà prima di ogni riunione motivazionale viene trasmesso uno spot per questo viaggio, in cui vengono decantati i livelli di lusso che si godranno, le opportunità da ricchi che si presenteranno, lo stile di via che si potrà rimirare, da dentro e non più da fuori, per la durata intera del viaggio. Non è un premio, è un corso motivazionale in grande stile per queste povere cenerentole, ragazze madri che stentano a sbarcare il lunario. Il sogno di mettersi il vestito buono fino alla mezzanotte e saltare sulla zucca per sognare il principe miliardario è a portata di mano con soli cinque appuntamenti al giorno. Costantemente vengono imbottite del concetto che quelle che vivranno questa esperienza sono persone di successo, realizzate. Esattamente quello che loro non si sentono. Specie quando non prendono gli appuntamenti e qualcuno dice loro:

«Sono molto delusa da te, Laverne, avresti potuto fare di più, considerata la fiducia che ti abbiamo dato».

Il prossimo viaggio «da sogno» è a Marbella, dove il superpresidente della Kirby ha una villa galattica e si abbassa a ospitare i vincitori del contest per tre giorni, in un mondo presentato come da sogno. Il video è un’orgia di musica arrapante, immagini di feste vip, frasi in inglese tipo «This World Can Be Yours», mentre il presidente in canottiera e cocktail ti sorride americanamente. La fortunata partirà a giugno, sempre con Hermann. Se Hermann non avrà ovviamente perso il posto quando alla fine del mese non raggiungeremo i risultati che ci sono stati chiesti.

SMS MOTIVAZIONALE / HERMANN È PAZZA

Ieri mattina Hermann mi ha mandato un sms alle 8 del mattino.

«Non sei un lavoratore qualunque, perchè non fai un lavoro qualunque. Non sei una persona comune, perchè sei una persona di successo. Il tuo successo è già dentro di te! Io ti aiuterò a tirarlo fuori. Buona giornata, Hermann.»

Inquietante. Hermann si sveglia la mattina e la prima cosa che pensa è mandare un messaggio demenziale (suppongo che lo scopo fosse motivazionale, in tal caso è fallito) preconfezionato alle telefoniste. Quelle meritevoli, ovviamente.

Lo ha mandato anche a me, segno certo che ora sono nella squadra delle «turlupina-casalinghe» a pieno titolo, grazie ai miei confortanti risultati. Quindi suppongo che quando i miei risultati scenderanno mi arriveranno messaggi tipo «sei una merda umana e io ti aiuterò a tirarlo fuori!».

Per inciso, Silvia, credevo fosse uno scherzo tuo, che hai un così bel senso dell’umorismo. Ma in effetti tu non sei così disumana da arrivare a elaborare, al mattino presto, un testo di 160 caratteri per motivi così assurdi. Meno male.

Da “Il mondo deve sapere” (Isbn Edizioni) Michela Murgia”

 

 

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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