La legge antimanicomi trent’anni dopo

Il primo”Progetto Obiettivo Nazionale” per la Salute Mentale risale al 1994, a ben sedici anni dalla riforma della 180. Ancora oggi viene proibita la cura del malato non consenziente, anche se grave. Sul piano pratico i risultati di tale decisione sono stati un notevole incremento di morti  a causa di disturbi psichici. Una ricerca dell’Eurisko del 2001 ha calcolato che sono circa 4000 le persone uccise da pazienti psicotici.

La legge n.180/833 del 1978 decretò il “superamento degli ospedali psichiatrici” attribuendo la realizzazione degli “interventi di prevenzione, cura e riabilitazione” ai “servizi e presidi psichiatrici territoriali extra ospedalieri”. La legge si esprimeva in modo molto chiaro su ciò che doveva essere abolito, ma poco o nulla diceva su ciò che si sarebbe dovuto fare. Tanto meno faceva cenno alla copertura economica necessaria alla riorganizzazione del settore psichiatrico e alla realizzazione delle strutture necessarie. Atteggiamenti ideologici, propri soprattutto della Sinistra, hanno trattenuto la progettazione di riforme su servizi e strutture.

Il primo ”Progetto Obiettivo Nazionale” per la Salute Mentale risale al 1994, a ben sedici  anni dalla riforma. Seguirono, a cadenza triennale, altri progetti. Benché lodevoli negli intenti e ambiziosi nelle proposte, non ebbero carattere vincolante per le Amministrazioni Locali e mancarono delle indicazioni sulle risorse economiche. Trent’anni di convegni nazionali, regionali e  dichiarazioni di principio  non crearono, anzi vietarono l’attuazione di strutture e servizi adeguati per la funzionalità dell’assistenza ai malati . Si  mise  in pratica l’ideologia dell’antipsichiatria, che vuole i malati di mente nella società e più specificamente nella famiglia, secondo alcuni vera fucina della malattia stessa. Ancora oggi viene proibita la cura del malato non consenziente, anche se grave.

I risultati di tale decisione sono stati un notevole incremento di morti  a causa di disturbi psichici. Una ricerca dell’Eurisko del 2001 ha calcolato in circa 4000 il numero di persone uccise da pazienti psicotici. Oggi è scientificamente provato che le cause dei disturbi mentali sono prevalentemente di natura organica. Il cervello è un organo, più complesso di altri, con proprie cellule e proprie funzioni e può ammalarsi, come qualsiasi altro organo. Fra le malattie del cervello la schizofrenia è una delle più gravi. Non dà ai malati la percezione della propria condizione e quindi gli schizofrenici spesso rifiutano le cure. A livello mondiale, la percentuale degli schizofrenici si aggira sull’ 1,5% della popolazione: è quindi evidente che le principali cause di questa patologia non sono di natura sociale, contrariamente a quanto sostenevano i fautori della legge 180/833.

Molto più alta è la percentuale di malattie come il disturbo bipolare, le depressioni gravi, i disturbi ossessivo-compulsivi, la doppia diagnosi ed altre, che raggiungono il 15 % della popolazione. Per tutte le patologie e sintomatologie degli organi del nostro corpo ci sono divisioni negli ospedali generali, cliniche pubbliche e private. Non così per l’organo più importante del nostro corpo, il cervello. Per i fautori della L. 180 il cervello non  deve ammalarsi. La mancanza di cure adeguate aumenta lo stigma, in quanto la malattia mentale presenta sintomi discriminanti. I familiari tendono spesso a nascondere la propria disperazione, terribile, umiliante, silenziosa, strisciante.

La nostra esperienza di Associazione di familiari di malati mentali evidenzia che, tra i malati gravi, i non consenzienti costituiscono la maggioranza. La convivenza con il malato psichico trasforma la vita dei parenti in un inferno.

Ecco due esempi fra i meno tragici. R., figlio di una donna 70 enne diabetica e infartuata, minaccia di ucciderla con una siringa piena di aria appoggiandola al collo in modo minaccioso e insultandola continuamente. I carabinieri chiamati suggeriscono di far curare il malato oppure di avviare  una denuncia.

Qualche nostro socio, costretto dall’impossibilità  di continuare a convivere con l’aggressività del congiunto malato, lo ha fatto: con rammarico ha denunciato il proprio figlio schizofrenico, pur sapendo che l’aggressività era solo il risultato della malattia. Malattia  non curata per legge. Paola, schizofrenica grave, figlia di due pensionati, vive per le strade di Roma. Spesso i Carabinieri o conoscenti, durante la notte, chiamano i genitori affinché la riportino a casa. Dopo pochi giorni ricomincia a girovagare per le strade. Rimane incinta. Nasce un figlio che non viene affidato all’ammalata e neppure ai suoi genitori, troppo vecchi. Viene affidato ad altri. E la vita randagia dell’ammalata continua .

Dati recenti comunicano il risultato di un’indagine sul nostro sistema carcerario, che vede il 20% della popolazione carceraria affetta da disturbi mentali. Le autorità sanitarie e giudiziarie dovrebbero interrogarsi se sia legittimo  non curare e abbandonare a loro stessi i più bisognosi fra i malati, gli schizofrenici. Quegli stessi malati che, quando curati, avevano dimostrato d’aver ripreso una vita normale ed equilibrata, recuperando l’affettività verso i propri congiunti e parenti. La conclusione di un’indagine conoscitiva alla quale era giunta la XII° Commissione di Igiene del Senato della XIV° legislatura sullo stato dell’assistenza psichiatrica in Italia è stata che: “gli obiettivi della legge 180 di tutelare i diritti del paziente, favorirne il recupero sociale e promuovere un modello assistenziale allargato sul territorio sono rimasti sostanzialmente inattuati.

L’attuazione di servizi indispensabili ed efficienti è lasciata alla buona volontà di alcune amministrazione locali. Si tratta di eccezioni. L’ARAP e le Associazioni aderenti alla FISAM, Federazione di Associazioni con lo stesso scopo dell’ARAP, hanno molti soci in tutte le Regioni d’Italia a testimonianza dell’inefficienza dell’assistenza psichiatrica e dell’esigenza di una riforma. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.) ha dato vita ad un progetto denominato ESEMeD per tracciare un quadro della prevalenza dei disturbi mentali e dei fattori a rischio. Sono state intervistate oltre 6000 persone adulte. Sono stati rilevati i seguenti risultati.

I problemi di salute mentale rappresentano quasi il 20% del totale delle malattie. Almeno 1 persona su 4, in una specifica fase della propria vita, soffre a causa di un problema mentale. Circa la metà delle persone che soffrono di depressione non vengono mai curate. Fra il 44 e il 70% di coloro che soffrono di problemi mentali non si è mai sottoposto ad alcuna terapia. Anche per i giovani il prezzo della malattia mentale è altissimo, specie se trascurata. I ricercatori dell’Istituto americano per la Salute Mentale (NIMH) hanno constatato che la metà delle malattie mentali che si protraggono per tutta la vita iniziano già verso i 14 anni e che, nonostante l’esistenza di terapie efficaci, passano molti anni o addirittura decenni tra l’insorgenza dei primi sintomi e l’assunzione delle terapie.

Le ricerche hanno inoltre dimostrato che la malattia mentale non trattata può sfociare in patologie più gravi o facilitare l’insorgenza di altre psicopatologie. L’atmosfera familiare diventa talmente alienante e invivibile, che spesso si ammalano gli stessi familiari. L’esperienza dell’ARAP, maturata in trent’anni di attività attraverso il Centro d’Ascolto, ci dice che neppure per i pazienti psichiatrici disposti ad essere ricoverati in una comunità terapeutica o in una casa alloggio si trova la soluzione:  le strutture sono poche, i letti pochissimi. Al di fuori del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC), l’attuale legge non prevede un luogo ove poter curare per il tempo necessario il malato di mente, anche se bisognoso di diagnosi e di cura prolungata in luogo adeguato, osservato da personale specializzato.

Possiamo così riassumere i punti cruciali non risolti:

          la psichiatria non è sentita in Italia una priorità. In Inghilterra, viceversa, è posta alla pari di altre importanti discipline mediche (oncologia, cardiologia). Lo Stato italiano si è disimpegnato dal problema;

          Scarsità di fondi (la sua entità finanziaria nel Libro Verde sulla Salute Mentale edito dalla commissione della Comunità Europea nel 2005 non e’ neppure  indicata). Nel raffronto con altri paesi, la percentuale di spesa sanitaria destinata in Italia alla salute mentale è notevolmente inferiore.

          Impossibilità di curare in modo adeguato le fasi acute della malattia. Il Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) previsto dalla Legge 180/833 è, di fatto, una misura dell’ultimo momento, che risulta terribilmente avvilente, inutile e spesso controproducente sia per il malato, sia per la famiglia. La permanenza del malato nei Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura è limitata a pochi giorni. I letti sono limitati. L’ambiente è sovraffollato e disagevole. C’è una grande fretta di rimandare a casa il malato.

          Per la fascia di utenza più grave e bisognosa, per la quale si renda necessario un  prolungamento del trattamento intensivo oltre la fase acuta, la legge non prevede specifiche strutture con precisi standard, lasciando alle iniziative delle amministrazioni locali totale discrezionalità. Consegue una grave carenza nel settore, l’abbandono dei pazienti, il loro carico interamente alle famiglie. Laddove l’amministrazione si proponga con saggezza e si renda disponibile ad intervenire con impegno ed investimenti adeguati, è la legislazione a vanificare ogni sforzo. Gran parte dei pazienti psicotici, tossicodipendenti o con “doppia diagnosi” rifugge il percorso riabilitativo a cui è fortunatamente approdato, poiché quest’ultimo richiede un processo di recupero talora lento e in ogni caso impegnativo. Ma non essendoci in Italia la possibilità di obbligare il paziente alla residenza comunitaria (salvo non abbia già commesso dei crimini) questi abbandona la comunità per tornare puntualmente in famiglia ad arrecare inevitabilmente scompiglio e sofferenza.

          Nessuna risposta per i “non consenzienti”: i familiari che chiedono aiuto ai Centri di Salute Mentale (CSM) possono sentirsi dire che “è diritto del malato finire sotto i ponti”. E’ una risposta barbara, cinica, che non può più essere accettata;

          Negazione della cronicità, quindi mancanza di strutture adeguate;

          Negazione della pericolosità come “caratteristica e sintomo di forme di malattia mentale “, come dice il prof. Vittorino Andreoli;

          Insufficienza di strutture per la riabilitazione e l’inserimento lavorativo;

          Mancanza di una “presa in carico” del malato di mente, in ogni fase della sua malattia: cura, riabilitazione, inserimento sociale e lavorativo.

Eppure, malgrado la mancanza di strutture e budget per la loro realizzazione, ci sono oggi operatori validi ed umani che si dedicano interamente ai malati. La loro dedizione viene però invalidata dalla mancanza del sostegno amministrativo dei progetti e delle strutture e dall’inadeguatezza della legislazione vigente. Essa vanifica gli sforzi -talora incredibili- del personale sanitario, le cui competenze vengono spesso sottovalutate, quando non francamente umiliate. Il tempo dei manicomi è finito, ma deve finire anche il tempo dell’indifferenza e dell’ipocrisia. Della mancanza di aiuto ai malati e ai familiari. Deve finire la logica del “letto di Procuste” per la quale, invece di adattare la legislazione alle reali esigenze dei malati, si cerca con cinica insensibilità e stupida ottusità di rinchiudere forzatamente ed adattare i sofferenti dentro la scatola dell’ideologia (dietro la quale, quasi immancabilmente, si muovono curiosamente grossi interessi economici personali).

Milioni di persone sono coinvolte nel  problema della malattia mentale. In questi 30 anni quanti giovani sono diventati cronici o sono morti perché non si è intervenuto adeguatamente ed in tempo utile? E chi è responsabile del NULLA di fatto? Prima di rivolgersi alla nostra associazione, i nostri soci erano ricorsi ai Centri di Salute Mentale esponendo la situazione patologica del proprio congiunto, ricevendo, spesso, risposte tanto stereotipate quanto inutili: l’operatore ripeteva di non poter fare niente se il malato non si recava volontariamente al Centro. Eppure, oggi esiste una vasta gamma di medicinali per far fronte alle varie forme di malattie mentali che rappresentano un valido sostegno. Oltre alle varie strutture psichiatriche, la nuova legge deve prevedere la presa in carico del malato con visite domiciliari a coloro che possono vivere in famiglia o da soli. Se la cura prescritta non viene assunta, se il malato viene lasciato solo, inevitabilmente ritorna in fase acuta e quindi necessita di una nuova ospedalizzazione. Si resta quindi sempre all’interno di quel perverso giro di giostra rappresentato dalla cosiddetta “posta girevole”.

Maria Luisa Zardini
Presidente A.R.A.P. – Associazione per la Riforma dell’Assistenza Psichiatrica

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

Rispondi