Dall’abilità residua alla risorsa potenziale

Partire dall’esperienza dell’atleta è un pre-requisito fondamentale per ottenere dei risultati significativi in      funzione di interventi applicativi nell’ambito delle scienze dello sport.

Nell’ambito delle attività di ricerca sperimentale nel contesto sportivo, il MIS LAB, Laboratorio di psicologia Sperimentale dello Sport attivo presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Trieste, ha più volte incontrato la realtà dell’handicap fisico e della diversa abilità come elemento di caratterizzazione agonistica. Lo sviluppo di strategie cognitive per il miglioramento della prestazione sviluppate in una serie di esperimenti condotti con un’atleta già convocato per le ParaOlimpiadi di Atene, nel 2004, per prendere parte alle gare di atletica leggera nella categoria degli atleti con amputazione transfemorale, hanno evidenziato l’importanza di ottimizzare la performance dell’atleta a partire dalla sua risorse psico-fisiche più facilmente allenabili in un contesto di training agonistico altamente specializzato. Alcune misurazioni condotte con l’atleta in questione hanno evidenziato l’ottimo livello di efficacia, ad esempio, della stimolazione ritmico-acustica nella fase di pre-avvio della rincorsa del salto in lungo.L’elemento più importante, al di là dei risultati ottenuti nelle condizioni contingenti della sperimentazione, è l’evidenza di una metodologia di studio e di intervento che ribalti, a partire dalla psicologia, il classico concetto della “ricerca dell’abilità residua” in favore di quello dello “sviluppo della risorsa potenziale”. Tale percorso è facilmente riassumibile e trova il suo compimento in un approccio sperimentale alla psicologia dello sport, quest’ultimo implica sostanzialmente alcune fasi che sono più specifiche rispetto a quelle, più generali, della ricerca in laboratorio. Proviamo a descriverle brevemente:

–    ipotizzare le possibili variabili che possono essere rilevanti in determinate condizioni che sono poste come oggetto di analisi della sperimentazione, non escludendo qualsivoglia tipo di risorsa dell’essere umano, sia più prettamente fisica che più esplicitamente psichica;

– contestualizzare in situazioni specifiche un progetto di ricerca che sia compatibile con le necessità di un approccio sperimentale;

– strutturare le condizioni affinché sia possibile il controllo delle variabili individuate e prevedere il setting più idoneo a realizzare la sperimentazione;

–    valutare la compatibilità tra le esigenze sperimentali e le esigenze ecologiche che devono caratterizzare la ricerca scientifica in ambito sportivo;

– adattare gli strumenti classici della ricerca sperimentale in ambito psicologico alle condizioni scelte a livello del setting;

– selezionare un campione che sia idoneo a studiare determinati processi con particolare attenzione a definire in maniera inequivocabile quali sono, ad esempio, i parametri utilizzati per stabilire un determinato livello di abilità di un soggetto (o di un gruppo) rispetto ad un altro;

– realizzare la sperimentazione in condizioni di assoluto controllo delle variabili e di sistematicità nella raccolta dei dati in funzione di un possibile sviluppo di strategie per il miglioramento della performance;

– strutturare l’analisi dei dati in modo da offrire un risultato finale della ricerca che riconosca il valore aggiunto del coinvolgimento di determinati soggetti con una storia ed un presente sportivo di un certo livello.

Tale obiettivo deve essere centrale nell’ambito di tutte le scienze dello sport ed in particolare in un approccio sperimentale alla psicologia dello sport. Tecnici ed allenatori, infatti, troppo spesso fondano le loro strategie di intervento a favore degli atleti sulla base di strategie ingenue e di conoscenze scientifiche mal interpretate o applicate in modo scorretto. Questo discorso assume ancora più valore nel contesto della preparazione agonistica di un atleta diversamente abile. Il processo di definizione delle ipotesi sperimentali e dei progetti di ricerca in ambito sportivo, come abbiamo appena visto, può nascere e svilupparsi sulla base di quelle che sono le conoscenze degli atleti e dei loro allenatori rispetto a vari elementi che caratterizzano le attività motorie.

La collaborazione tra gli addetti ai lavori ed i ricercatori non si esaurisce tuttavia in un momento iniziale, in un contatto preliminare; essa è un elemento fondamentale che caratterizza un approccio allo studio della performance umana che miri ad ottimizzare sì il risultato inteso in senso agonistico, ma che riconosca che per raggiungere tale obiettivo è necessario ottenere una buona ottimizzazione delle risorse psico-fisiche a disposizione degli atleti. Se poniamo quindi l’atleta stesso al centro dell’indagine scientifica in ambito sportivo possiamo pensare di valutare in maniera puntuale quali sono le linee guida per la realizzazione di ipotesi operative di intervento che nascano sulla base di una valutazione dei risultati ottenuti dalla ricerca scientifica stessa. Partire quindi dall’esperienza del soggetto è un pre-requisito fondamentale per ottenere dei risultati significativi in funzione di interventi applicativi nell’ambito delle scienze dello sport, questa esperienza è il punto di partenza per lo sviluppo delle risorse potenziali, è doveroso, nel caso degli atleti diversamente abili, non fermarsi all’analisi delle sole abilità residue. Lo sport è una condizione speciale dell’uomo che consente a quest’ultimo di misurare i propri limiti e di prendere coscienza di alcune proprie capacità. Studiare un atleta vuol dire inevitabilmente studiare l’uomo.

Non si può quindi pensare di studiare l’atleta senza avere un punto di vista ben preciso sull’essere umano. Nella scienza sperimentale questo, spesso, viene tralasciato, non per una convinzione filosofica ben radicata, ma per l’adozione di alcune tecniche di analisi e di studio che si fondano su una scomposizione di specifiche abilità umane rispetto al cobmplesso delle attività che sono legate ai processi cognitivi del soggetto. Partire dall’individualità del singolo atleta per pensare ad una scienza dello sport che ritrovi il suo carattere fondamentale di supporto ad una delle attività umane più soddisfacenti sotto il profilo psicofisico vuol dire riconoscere gli errori fatti finora è pensare ad un nuovo punto di vista sull’argomento, gli atleti paraolimpici sono, sotto questo aspetto, un grande stimolo per tutti i ricercatori del settore.

Tiziano Agostini
Professore ordinario di metodologia della ricerca psicologica  
Giovanni Righi, MIS LAB,
Dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Trieste

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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