Le varie discipline sportive hanno caratteristiche diverse e comportano diverse variabili in grado di compromettere un’adeguata partecipazione ed imparzialità. Sono state identificate alcune variabili utili per identificare i modelli ideali di sport per disabili
Uno dei principi organizzativi per costruire un modello sportivo ideale è quello di non svantaggiare gli atleti disabili. Questo implica che concorrenti con handicap possano richiedere apparecchiature o attrezzature o modifiche dei regolamenti per partecipare in gare sportive con altre persone disabili e forse anche con persone non disabili. Un secondo principio è che lo sport dovrebbe essere un mezzo di unione e non di emarginazione, atleti normodotati e disabili devono guadagnare l’accettazione ed il rispetto di tutti i partecipanti, degli organizzatori e della società. Su questo principio si basa l’idea che un’appropriata organizzazione e partecipazione possa includere nelle attività sportive qualsiasi soggetto della nostra società. Questo permetterebbe di integrare nell’organizzazione dei giochi olimpici anche specialità sportive per disabili oggi quasi esclusivamente svolte nei giochi paraolimpici. La classificazione degli sport per disabili è una questione difficile, perchè risulta arduo determinare le modalità di partecipazione delle persone con una disabilità pur mantenendo una competizione corretta e imparziale. Le varie discipline sportive hanno caratteristiche diverse e comportano diverse variabili in grado di compromettere un’adeguata partecipazione ed imparzialità. Sono state identificate alcune variabili utili per identificare i modelli ideali di sport per disabili. Esse sono: la possibilità di differenziare le gare in categorie di partecipanti selezionati in base alle loro disabilità, la possibilità di escludere o integrare l’accesso alle competizioni a seconda dell’abilità sportiva e selezionare le gare a seconda dell’adattamento o della disabilità, la rimodulazione del livello dell’intensità competitiva ed infine la classificazione dell’ interazione competitiva e diretta tra i concorrenti suddividendoli in coloro con gravi o lievi incapacità e concorrenti senza disabilità. Sono presenti inoltre sette modelli tipici che classificano le gare cui possono accedere le persone con disabilità e comprendono tre modelli di sport che possiamo definire “segregazionistici” (solo per disabili) e quattro modelli che possiamo chiamare tradizionali (integrazione di disabili e sport tradizionali). I tre modelli di sport per disabili di tipo “segregazionistico” includono differenti tipi di attività sportive, fornendo la possibilità per i partecipanti di utilizzare ausilii e\o protesi e non permettono una competitività diretta fra partecipanti disabili e normodotati. Il primo modello è quello delle “Special Olympics” le cui caratteristiche distintive possono essere viste nella classificazione delle diverse discipline sportive che possono includere gare organizzate per una singola categoria di disabili ma con diversi livelli di difficoltà.
Le Special Olympics variano da una competizione “open” che quindi risulta generalmente aperta a quasi tutti i disabili giungendo, con l’aumentare del livello di difficoltà, a competizioni fra atleti d’ èlìte di livello regionale, nazionale o internazionale.
Queste gare si basano generalmente sul motto “ognuno è un vincente”, che è la filosofia delle “Special Olympics”, ma possono aumentare d’intensità mano a mano che il livello sale a comprendere partecipanti provenienti da diverse nazioni. Le Special Olympics sono un esempio concreto di questo modello che sin dal 1968 si è via via arrichito per giungere ai Giochi Mondiali del 2004. Il secondo modello di sport per disabili, definito come modello delle Paraolimpiadi, è riscontrabile nelle gare organizzate dall’ International Paralympic Committee e fornisce l’ opportunità per atleti d’èlìte di gareggiare in una vasta gamma di categorie sportive equiparabili alle Olimpiadi (Haugen & Wolff, 2002). Fondamentalmente è caratterizzata dalla classificazione delle discipline sportive in eventi specifici per disabili in base alle abilità funzionali suddividendole per categorie (amputati, disabili mentali o altre disabilità motorie). Queste competizioni sono altamente selettive e solitamente ristrette ad atleti esperti e dotati con una intensità competitiva molto alta.Il terzo modello sportivo per disabili è il modello Misto Paraolimpico, ed è simile a quello delle Paraolimpiadi nella selettività ma si diversifica in merito alla suddivisione in categorie perchè mescola atleti con diversi tipi di disabilità nelle stesse gare. Questo modello differisce anche riguardo l’intensità della competizione e relativamente al grado di affaticamento che è generalmente più alto rispetto ai precedenti ed esclude gli atleti che hanno livelli più bassi di gestione della propria disabilità, prevedendo inoltre un numero minore di eventi sportivi rispetto al modello Paraolimpico. Sebbene le Special Olympics e le Paraolimpiadi si basino su una differenza in categorie che includano una singola disabilità o una disabilità specifica, il modello Misto Paraolimpico si basa su un principio di multidisabilità che pone l’accento maggiormente sull’abilità atletica dei partecipanti. Inoltre, il modello misto permette una integrazione di persone con diversi tipi di disabilità all’interno di una stessa disciplina sportiva, in questo senso rappresentando una sorta di “ponte” con i restanti ultimi modelli. I restanti quattro modelli prevedono l’integrazione di disabili e sport tradizionali e possono includere competizioni dirette fra i partecipanti con o senza disabilità. Il primo è il Reverse Integration model (Brasile, 1990) che include gare fra partecipanti normodotati ed atleti con una o multiple disabilità in cui vi è la possibilità di partecipazione anche per i non esperti. I soggetti disabili possono utilizzare ausilii e protesi o sedie a rotelle in gare a bassa o elevata intensità , a seconda della disciplina scelta.Gli altri tre modelli sono sport tradizionali organizzati da normodotati e che permettono la partecipazione di persone affette da disabilità. Il modello della Maratone include infatti atleti disabili che competono in eventi organizzati principalmente per persone prive di disabilità per cui la selettività può andare da un accesso “open” ad uno più restrittivo con gare di qualificazione all’ingresso. Anche qui vi è la possibilità di utilizzare protesi o ausilii se necessari, ma rispetto al modello precedente, l’ intensità delle gare è più alta e comprende competizioni parallele fra partecipanti normodotati ed atleti con disabilità.
La maratona di Boston è un esempio di evento sportivo che contiene molti elementi del modello descritto poc’anzi in cui, mentre gli atleti normodotati devono raggiungere un tempo di qualificazione minimo per potervi partecipare, gli atleti con sedia a rotelle, affetti da cecità o con disturbi psicomotori hanno ognuno un proprio standard minimo per gareggiare a seconda della disabilità (Boston Athletic Association, 2004). I corridori normodotati ed i disabili possono inoltre avere differenti tempi di partenza e possono quindi nel prosieguo della gara, mescolarsi durante il suo svolgimento. Nei modelli presentati sinora, le protesi o le sedie a rotelle sono permesse ed è nei restanti due rimanenti modelli di sport tradizionali che le regole in questo senso variano. Il modello degli sport tradizionali con adattamenti minimi comprende quasi tutte le discipline sportive, non classificando gli sport in base alla possibilità o meno per le persone disabili di accedervi. Questo modello permette un minimo utilizzo di ausilii ed attrezzature con selettività ed intensità molto elevata nelle gare che includono partecipanti con e senza disabilità. Un esempio di sport che si ispira fortemente a questi principi è il wrestiling in cui vi è la possibilità per wrestlers affetti da cecità di competere con atleti vedenti. L’ultimo modello è quello tradizionale e principalmente non permette l’utilizzo di protesi o attrezzature ed attrae disabili con elevate abilità atletiche che si confrontano direttamente con partecipanti normodotati.Esempi di questo modello possono essere ritrovati in diversi contesti che includono programmi interscolastici o intercollegiali e anche se non molto comuni sono presenti sia fra gli sport amatoriali che quelli professionistici. Raramente troviamo casi di questo tipo, dove atleti con disabilità gareggiano senza alcun ausilio o protesi, ma se questo avviene è permesso dalle straordinarie capacità atletiche di questi campioni ed alle disabilità che solitamente non sono legate al gesto atletico di tali sport. Marla Runyan, una mezzofondista professionista cieca è un esempio di questo tipo di atleti. E’ difficile per questi sportivi evitare l’etichetta di “fenomeni” dato che essi sono talmente rari da diventare un evento in ogni loro gara proprio in virtù del non utilizzo di attrezzature o protesi o aiuti di altro tipo. Presentare sette modelli non può essere di certo esaustivo, e quelli proposti sono solo dei modelli ideali che rappresentato uno stimolo per ragionare sui principi organizzativi che devono essere considerati nella gestione di eventi sportivi atti ad includere persone disabili e permettere loro di scegliere fra una vasta gamma di scelte praticando uno sport indipendentemente dal grado di disabilità.
Haward Nixon
Towson University