Una consistente bibliografia internazionale ha dimostrato che la comunicazione mediata dai nuovi strumenti tecnologici (computer e cellulare, con il vistoso fenomeno degli sms) riduce la distanza tra scrittura ed oralità e produce un effetto di compresenza virtuale tra gli interlocutori attraverso l’uso caratterizzante di espedienti dialogici
La discussione sulla funzione dei media come agenzia di socializzazione anche linguistica si ripresenta ogniqualvolta un accelerato movimento di innovazione orienta l’attenzione sulle diversità generazionali. Perché i giovani parlano e, soprattutto oggi, scrivono in modo spesso stigmatizzato dagli educatori? Ormai il dibattito riguardante la televisione (modello o specchio di lingua?) si è sostanzialmente esaurito e l’interesse è rivolto ai media elettronici, che sono in prevalenza appannaggio delle fasce giovanili. Internet nel 2007 ha avuto un indice di penetrazione di quasi il 70 % tra i giovani, recuperando modalità di comunicazione, scrittura e lettura che si ritenevano inesorabilmente in declino. Si tratta tuttavia di pratiche profondamente modificate rispetto al passato. Come ha più volte argomentato Raffaele Simone, niente è più come prima nella scrittura: diversi gli strumenti, le procedure, i tipi di testo, le prassi di archiviazione e di ricerca. E tutto questo trasforma il modo di percepire lo scrivere e i testi scritti da parte di scriventi e lettori. Una consistente bibliografia internazionale ha dimostrato che la comunicazione mediata dai nuovi strumenti tecnologici (computer e cellulare, con il vistoso fenomeno degli sms) riduce la distanza tra scrittura ed oralità e produce un effetto di compresenza virtuale tra gli interlocutori, attraverso l’uso caratterizzante di espedienti di natura dialogica. Si vogliono trasmettere in poco spazio e rapidamente non solo, e non tanto, informazioni, quanto atteggiamenti ed emozioni che sappiamo veicolati significativamente nell’interazione faccia a faccia da indicatori non verbali (intonazione, volume, ritmo, pause, espressione del viso, posizione della testa e del corpo, gesti delle mani) recuperando e accentuando grafie tradizionali e creandone altre specifiche del genere. Così l’intonazione è riprodotta attraverso una segmentazione per gruppi tonali che non rispetta il confine della parola scritta (Non è checc’hai tempo dipassà eddi vvenirmi a prendere in macchina?) oppure attraverso la moltiplicazione dei segni d’interpunzione (Ho “vinto” diritto pubblico: 22!!!!!); la durata dei foni, che esprime eccitazione o particolare apprezzamento, con la moltiplicazione dei grafemi (Mooolto interessante!); l’intensità con l’espediente iconico dell’uso delle maiuscole (Svegliato DA SOLO alle 6: mistero); le pause prevalentemente con i puntini di sospensione, che permettono di rinunciare alla strutturazione della frase (…e pensare che non credevo più nell’amore…poi arrivi tu…e mi rendo conto di quanto ancora posso amare…); la gestualità con l’uso di ideofoni di matrice fumettistica, che suggeriscono lo sbadiglio (aaahhnn), la risata (hahaha), il salto di gioia (wow), l’affanno dopo una corsa (hanf), il brivido (brrrr), lo starnuto (eccì), il bacio (smack); l’espressione del viso con i cosiddetti emoticons, le ‘faccine’ (JL ). Necessità di sintesi hanno generato poi, principalmente nelle chat, un gergo fatto di sigle, abbreviazioni, acronimi. Si recuperano tipi più o meno tradizionali di tachigrafie: x ‘per’, xché ‘perché’, 6 ‘sei’, + ‘più’ (+ tardi, in +), 7mana ‘settimana’, oltre ad acronimi come ILY ‘I love you’ o t.v.t.b. ‘ti voglio tanto bene’ e abbreviazioni apparentemente occasionali o individuali (min., tel., cell., iscriz., ecc.).
In tema di ortografia ci si attende una certa ‘trascuratezza’ (che induce tolleranza all’errore), perché la rapidità dell’esecuzione non permette revisione o comunque non c’è l’aspettativa di un editing accurato. Altro fatto significativo è l’alternanza, nella scrittura come nel parlato giovanile, dell’italiano di base con varietà dialettali e straniere. Alcuni analisti hanno parlato di schizofrenia delle centrali formative, identificando due macropiani di analisi: il piano legato al locale, diversificato da area ad area, lo spazio comunicativo delle micro-culture, e il piano generale, potenzialmente omogeneizzante, veicolo di internazionalismi. Da un lato influiscono i modelli di aggregazione locali, dei sub-gruppi in cui è organizzato lo stare assieme tra giovani: un particolare punto d’incontro, un ritrovo musicale, una sede di movimento, ecc. Studi condotti in diverse regioni hanno mostrato la tendenza diffusa alla riappropriazione del dialetto – non appreso nell’infanzia – che caratterizza più i maschi che le femmine. Dall’altra parte agiscono potenti agenzie formative del gusto e della lingua, governate dai mezzi di comunicazione di massa, la televisione, ma anche la radio e il cinema. Sul piano sintattico si nota una generale semplificazione: i testi sono composti prevalentemente da frasi brevi, paratattiche o con ipotassi molto semplice, addirittura frasi incomplete o frammentate, all’insegna dell’economia linguistica e della facilità di decodifica. Di fronte a questo fenomeno indubbiamente nuovo e, in quanto nuovo, in certo modo sconcertante, molti, soprattutto in ambito scolastico (e non solo in Italia), esprimono perplessità di varia natura. Si temono effetti negativi sulla scrittura giovanile, si immaginano conseguenze destabilizzanti e, nella lunga durata, di impoverimento delle capacità di espressione linguistica, si paventa l’appiattimento della lingua su di un livello di colloquialità informale, che annulli la ricchezza del repertorio italiano. I più pessimisti ritengono che si corra il rischio di perdere la capacità di gestire la complessità insieme linguistica e cognitiva.Sono preoccupazioni che sarebbe stolto ignorare. Piuttosto credo vadano affrontate senza demonizzare le modalità di comunicazione nelle quali i giovani sono maestri, inserendole tra i registri di variazione della lingua. Il fatto che una lettera burocratica si scriva diversamente da una poesia, che parlare in pubblico o in famiglia determini scelte morfosintattiche e lessicali adeguate, fa già parte della didattica curriculare. Forse si potrebbero evidenziare le caratteristiche delle scritture elettroniche (brevità, giochi linguistici e visivi, iconicità, espressività) per mostrare come siano state usate in altri contesti, anche colti: i fumetti come gli esperimenti futuristi o qualche poesia di Palazzeschi. Si potrebbe aggiungere agli Esercizi di stile di Quenau un nuovo testo fatto di messaggini o di chat. Per quanto riguarda gli effetti sull’italiano delle ‘strane’ scritture elettroniche, i linguisti sono prudenti nel fare previsioni a lungo termine, sia per la complessità del sistema-lingua, più resistente di quanto si pensi alle mode, sia per la sua stretta correlazione con i fatti culturali e sociali che contano. Se andremo verso un’evoluzione o un impoverimento della lingua e, soprattutto, delle capacità di comunicare in maniera adeguata alle situazioni, ciò non potrà essere imputato alle scritture elettroniche, colpevoli solo di essere un ulteriore modo di mettere in relazione le persone.
Flavia Ursini
Professore Associato Confermato Facoltà Di
Lettere E Filosofia Dipartimento Discipline Linguistiche,
Comunicative E Dello Spettacolo Universita’ Di Padova