“Pacchetti sicurezza”, palestre del nulla

Governi di varia natura e colore politico s’affannano, periodicamente, a varare bidoni denominati “pacchetti sicurezza”, che, in realtà, contengono frutti avvelenati e segnano l’ulteriore resa dello Stato alla criminalità. Quelle norme, però, quand’anche entrano in vigore e non diventano puro terreno di scontro fra componenti diverse della maggioranza governativa, sono la palestra del nulla, perché da una parte si vogliono offrire pene più severe e certe, dall’altra si alzano le mani e ci si arrende: la giustizia italiana è ufficialmente incivile. Abituati a ragionar per tifoserie molti non si rendono conto di cosa significhi, ad esempio, l’aumento dei termini di prescrizione. Lasciamo perdere il procedere a fisarmonica, per cui quel che gli uni fanno (poco) gli altri smontano, il fatto è che nell’ultimo pacchetto, confezionato dal governo Prodi, si accetta l’idea che il tempo minimo per potere concludere un processo sia sei anni. Ma la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha già molte volte chiarito che il massimo accettabile è quattro anni. Siamo fuorilegge, per legge. Aumentare il tempo a disposizione dei tribunali non significa affatto perseguire con maggior rigore i delinquenti, ma infliggere più lunghe torture agli innocenti, aumentare il numero dei procedimenti pendenti, quindi rallentare l’intero corso della giustiziaed assicurare, infine, l’impunità ai colpevoli. Con tanti bei saluti alla certezza di una pena che neanche si riesce a sentenziare. Le misure cautelari, inoltre,
nasprite nello stesso testo che prende atto della bancarotta giudiziaria, prefigurano la pericolosissima idea che possa esistere repressione senza giustizia. In teoria possibile, ma incompatibile con lo Stato di diritto. Anziché, dunque, andare verso un sistema civile, che consideri sacra la presunzione d’innocenza e non sia tremulo con i condannati, continuiamo il lungo cammino in direzione opposta. Il tutto perché non si può mettere mano nella macchina della giustizia, impegnati come si è in guerre giudiziarie che del diritto non sono neanche parenti. La bancarotta giudiziaria è un disastro che porta con sé la barbarie del non-diritto e la rabbia della sicurezza violata. è uno di quei mali che può degenerare infettando l’intero corpo sociale. Ma la politica stenta a prendere le misure delle cose da farsi (separazione delle carriere, tempi certi e perentori, maggiori controlli di produttività, esecutività delle sentenze e così via) perché ragiona di giustizia pensando agli interessi dei magistrati e dei cancellieri, talora anche degli avvocati, così come ragiona di scuola pensando ai docenti e non agli studenti, o di sanità pensando a medici ed infermieri anziché ai malati. Il male è sempre lo stesso: aver smarrito l’idea che si possa essere migliori tutt assieme, scatenando la ricerca del beneficio corporativo a danno della collettività.

Davide Giacalone
direttore dei periodici “la ragione” e “smoking”,
già capo della segreteria del presidente del consiglio dei ministri,
già consigliere del ministro poste delle telecomunicazioni
www.davidegiacalone.it  

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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