L’ affido temporaneo è certo una risorsa preziosa, che può davvero concorrere a promuovere una società in crescita di valori. Non può che condividersi l’impegno della Regione Campania a “promuovere la cultura dell’affidamento familiare all’interno di una più complessiva politica di sostegno alla famiglia ed alla genitorialità”, come si legge nelle linee d’indirizzo regionale di cui all’allegato della Deliberazione di Giunta del 30 aprile 2004
Mi ha colpito subito che il sottotitolo dell’odierno convegno recita: dalla parte dei bambini: il diritto alla famiglia. Parliamo quindi di famiglia anche in relazione ad esperienze di vita per loro natura transitorie, e mi sta bene. Quello che mi preoccupa, piuttosto, è che oggi lo stesso concetto di famiglia sembra essersi destrutturato in una pluralità di accezioni diverse. è frequente, ad esempio, che i sociologi parlino di “famiglia nucleare”, di regola intendendo come tale quella composta esclusivamente dai genitori con i loro figli conviventi. Una famiglia molto diversa da quella romana in cui, oltre la moglie, tutti i discendenti del pater familias, insieme con le mogli dei figli e, in un certo senso, pure i domestici ed i servi, facevano parte della famiglia. Si parla pure di famiglia di fatto, ed anche qui occorrerebbe mettersi d’ accordo su cosa sia. L’ opinione più accreditata sembra essere che la famiglia di fatto si compone di due persone di sesso diverso, che abbiano generato figli e siano conviventi. Qualora non vi sia prole, infatti, la giurisprudenza preferisce continuare a parlare di convivenza more uxorio. Ma la famiglia di fatto è una famiglia?
Ancora, prima che mi sposassi vivevo da solo, e nei registri dell’ anagrafe della città di Napoli era iscritta la “famiglia” Paolo Di Marzio. Ma ha senso parlare di famiglia unipersonale o, se si preferisce, mononucleare? Ad un tempo si aprono nuove prospettive. è noto che l’ Olanda, ma in parte anche la Spagna e molti altri Paesi, considerano una famiglia due omosessuali che abbiano assunto un impegno di convivenza e reciproca assistenza. Poi, però, sembra farsi un passo indietro. La legge statale sull’ affido condiviso (L. n. 54/’06) valorizza i diritti degli ascendenti, riconoscendo ai nonni la possibilità di continuare ad avere rapporti continuativi con i nipoti anche se i loro genitori si separano o divorziano. La legge non è impeccabile, e non sembra riconosca ai nonni alcun potere di agire in giudizio per far valere questo loro diritto di frequentazione, che rischia di rimanere sulla carta. Pare indubbio, però, che il testo proponga nuovamente un modello di famiglia allargata.
Voglio dire che ci troviamo in un’ epoca di confusione, oltre che di crisi dei valori, ed anche istituti tradizionali, come la famiglia, sono continuamente in evoluzione e devono essere costantemente riesaminati per poterne fornire una definizione attuale. Non sono convinto, naturalmente, che tutto ciò che viene dopo è per ciò stesso un segno di progresso, ma devo dire che la diffusione dell’ affido temporaneo mi pare senz’ altro una cosa buona. Per tutti. Per i minori, per la famiglia di provenienza, per la famiglia di accoglienza, per una società che ha bisogno di rafforzare il valore della solidarietà sociale. Come spesso avviene sono gli eventi concreti che la storia ci propone, più delle riflessioni dei dotti, che danno impulso allo sviluppo di nuovi istituti. La tragedia di Cernobyl, che ha sconvolto il mondo intero, ha però dato la stura ad una quantità di iniziative volte ad aiutare le più deboli tra le vittime di quella catastrofe, i bambini. Tanti di loro sono stati ospitati temporaneamente, per periodi più o meno lunghi, da famiglie straniere, anche italiane. Nella scorsa legislatura, e poi nell’ attuale, sono state esaminate ipotesi legislative volte a meglio disciplinare e potenziare le procedure per l’ affido temporaneo internazionale. Sono stato un componente dell’ Ufficio legislativo del Ministero della Giustizia ed ho potuto seguire un progetto governativo indirizzato in tal senso. Purtroppo questi progetti sinora non sono giunti a tradursi in legge, e temo che ancora una volta la ragione non sia da ricercarsi nella mancata condivisione della opportunità di una riforma, bensì in valutazioni di natura diversa. Deve pure tenersi conto che la difficoltà ad affrontare nella migliore delle maniere i problemi della famiglia non è propria solo dell’ Italia, ma pure dell’ Unione Europea. Mi spiego con un esempio. Fino a qualche tempo fa era piuttosto agevole ottenere l’ adozione internazionale di bambini provenienti dalla Romania, specie a causa delle difficili condizioni economiche degli abitanti di quel Paese. Quando però è stato ormai prossimo il momento dell’ ingresso della Romania nell’ Unione Europea, gli organismi comunitari hanno richiesto che fosse adottata una legislazione la quale consentisse un attento controllo dei flussi migratori dei bambini rumeni dati in adozione in altri Paesi.
Mi riferiva lo scorso anno a Bucarest un Sacerdote Somasco, impegnato a gestire una missione cattolica avente la finalità di aiutare i bambini in difficoltà nella regione di Timisoara, che i loro problemi sono molto aumentati. I bambini di quella regione da loro ospitati, infatti, non si riescono più ad indirizzare all’ adozione internazionale, e stanno aumentando a dismisura. Neppure possiamo nasconderci che quella attuale è un epoca di risorse scarse. In quasi tutti i Paesi stiamo assistendo ad un arretramento dello Stato sociale. Il servizio sanitario nazionale non assicura più tutte le prestazioni, e comunque non le assicura più a tutti. Il potere d’acquisto, specie delle pensioni, diminuisce costantemente. Le tasse universitarie aumentano esponenzialmente. Per assicurare ai bisognosi un’ esistenza dignitosa si fa sempre più affidamento sulla generosità individuale, sulla diligenza privata, sul volontariato. è una deriva che non mi piace ma non penso possa essere cambiata nel breve periodo. Le Pubbliche Amministrazioni sono in difficoltà per la mancanza di risorse. Non resta che rimboccarsi le maniche e cercare, ognuno di noi, di valorizzare il senso della solidarietà ed offrire il nostro contributo. L’affido familiare è un’ esperienza complessa. Richiede l’impegno di persone mature e generose, che siano disposte a farsi carico di un compito non solo oneroso, ma pure molto difficile, come l’educazione di un minore, senza la finalità di assicurarsi un erede, senza avere la prospettiva di conseguire qualcosa di materiale per sé. Il premio per queste famiglie, non è rappresentato da qualcosa di tangibile, ma si risolve nel valore del gesto in sé. Quando mi trovo a partecipare ad incontri dedicati alle famiglie mi sembra giusto suggerire ai genitori di non raccontare più ai bambini, come si faceva quando io ero piccolo, che si deve studiare perché così si diventa ricchi e famosi, che si deve agire bene perché il merito paga sempre, che i migliori saranno premiati. L’esperienza della vita dimostra che troppo spesso le cose vanno diversamente. Credo invece sia importante spiegare ai più giovani che agire per il bene significa dare un senso alla propria vita, fare ciò che è degno di essere fatto. Agire bene è un valore in sé, indipendentemente dal premio o dal compenso. Aiutare un bambino ed una famiglia in difficoltà è agire per il bene.
Paolo Di Marzio
Magistrato Tribunale Napoli, docente universitario