L’affidamento: risorsa per le famiglie e per la collettività

Il diritto del minore a crescere nella propria famiglia e, qualora ciò non sia possibile, in un ambiente familiare, pur diverso dal proprio, e l’attenzione alla famiglia come risorsa anche nei confronti di altre famiglie costituiscono elementi cruciali nell’implementazione di interventi e servizi finalizzati sia a sostenere la famiglia nei suoi compiti di sviluppo, sia a garantire al minore un ambiente familiare, qualora sia privo, anche temporaneamente, del proprio. In questa prospettiva, in particolare, si colloca l’istituto dell’affidamento familiare.

Concepito come esperienza temporanea nella vita del minore, l’affidamento scommette sulle capacità di cambiamento e sul recupero delle funzioni educative da parte della famiglia naturale e, nello stesso tempo, sulle capacità educative e relazionali della famiglia affidataria, che entra in una rete relazionale impegnata nel superamento di una situazione pregiudizievole al percorso di crescita del minore. È evidente la complessità relazionale di questa esperienza: la percezione di incompetenza della famiglia naturale, i sensi di colpa che si possono generare nel minore, le aspettative di successo della famiglia affidataria, la tensione altruistica che, a volte, dimentica l’importanza della reciprocità (intesa non come equivalenza perfetta nel dare/avere, ma come possibilità di invertire i ruoli tra chi dà e chi riceve, di riconoscere competenze e capacità in capo all’altro) sono solo alcuni degli aspetti che caratterizzano il complicato intreccio di relazioni che si genera nell’affido. Ad acuire la complessità concorrono, inoltre, gli importanti cambiamenti che hanno interessato la nostra società: sono cambiate le configurazioni familiari e le solidarietà, si sono sviluppati i saperi e le attenzioni rispetto alla realtà minorile, si sono evolute le politiche sociali, sono mutate le realtà organizzative e, parallelamente, sono ‘cresciuti’ anche i servizi, che, oggi, cercano di tradurre, non senza difficoltà, il diritto del minore a crescere nella propria famiglia in possibilità concrete di sostegno alla famiglia, alla genitorialità, ecc.

Questi importanti cambiamenti culturali e sociali, prima ancora che dell’assetto dei servizi, sembrano rimettere in gioco anche l’istituto dell’affido su più versanti:

· Sul versante culturale si assiste ad un importante riflusso nel privato, spesso concepito come ‘buono’ in rapporto ad un esterno percepito, molte volte, come ostile e minaccioso. Ne consegue che, anche in situazioni di difficoltà, l’intervento esterno può esser percepito come un’arbitraria interferenza in uno spazio che deve essere protetto e difeso. Parallelamente, nonostante la proclamazione dei diritti dell’infanzia, si assiste ad un ritorno ad un mondo adultocentrico, nel quale sembra prevalere il diritto dell’adulto ad avere un figlio sul diritto del bambino a crescere in un ambiente familiare idoneo.

· Le configurazioni familiari tendono sempre più a differenziarsi: sono diversi i motivi che sottendono alla nascita della famiglia, diversi gli stili relazionali ed i modelli familiari. La filiazione, spesso motivo su cui si fonda l’unione, non sembra costituire più un impegno di lungo periodo, ma un investimento revocabile nel tempo in relazione alla soddisfazione o meno di attese e bisogni personali, sia da parte del partner che del figlio.

· Ritmi di vita sostenuti, orientamenti che privilegiano l’individuo rispetto al collettivo e il riflusso nel privato tendono a modificare anche le solidarietà, che sembrano abbandonare progetti di ampio respiro per abbracciare responsabilità limitate e circoscritte, complice, in questo, anche una litigiosità sociale che induce alla prudenza ed alla cautela nel proporsi al prossimo.

· Le progettualità rivolte ai minori ed alle famiglie rendono possibili permanenze nel contesto familiare che una volta, forse, non lo erano. Ne consegue che l’allontanamento dei minori dal nucleo familiare avviene in presenza di alta complessità e problematicità. Queste situazioni sembrano richiedere interventi specifici anche nella gestione della quotidianità: viene, cioè, richiesto a chi accoglie il minore una competenza che va al di là della capacità genitoriale e che sembra acquisire quasi una connotazione ‘professionale’.

· Se le situazioni complesse riescono a trovare risposte nell’infanzia, molto più critica appare la fase adolescenziale, fase in cui, com’è noto, le criticità tendono ad acuirsi e le disponibilità solidaristiche tendono a diminuire.

In questa situazione anche l’affido tende ad abbandonare l’aspetto un po’ tradizionale, di collocamento temporaneo del minore in un’altra famiglia, in favore di configurazioni più flessibili che potrebbero collocarsi all’interno di un intervallo che va da forme di investimento massiccio e/o duraturo nel tempo (es. famiglie che hanno avuto un percorso formativo strutturato prima di giungere all’affido, famiglie che accolgono altre famiglie, affidamenti che si protraggono per anni, affidamenti di adolescenti sottoposti a misura penale) a forme molto più ‘leggere’ e temporalmente limitate (ad es. le solidarietà familiari che presuppongono un investimento circoscritto in termini di impegno e di tempo).

Qualsiasi sia la forma prescelta, le esperienze condotte finora inducono a ritenere fondamentali un percorso di preparazione all’affido e un accompagnamento nel corso dell’esperienza, un accompagnamento che deve essere capace di sostenere la complessità relazionale, deve considerare entrambe le famiglie come risorse da valorizzare nel percorso di crescita del minore e deve essere capace di produrre reciprocità, affinchè la solidarietà non sia percepita come dono unilaterale che non ammette di essere contraccambiato (poiché questo genererebbe dipendenza, impoverimento delle competenze e, nelle situazioni più estreme, rifiuto e/o aggressività), ma come esperienza di interdipendenza, fonte di arricchimento personale e collettivo.

Elisabetta Kolar
Vicepresidente Ordine Assistenti Sociali del Friuli Venezia Giulia

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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