Come nel gioco della roulette russa, il desiderio non è di spararsi un colpo alla tempia ma di non spararsi affatto. Il desiderio-bisogno è quello di farcela. Di essere gli unici a farcela. In autostrada o lungo una provinciale guidare ad alta velocità diviene il tentativo disperato di controllare un “io” cui non si riesce a dar forma in altro modo
La descrizione delle condotte ordaliche che sostengono un determinato modo di consumare droghe di Charles-Nicolas e Valleur ed il concetto di nichilismo di Umberto Galimberti possono aiutarci a capire quanto di rituale e di senso di vuoto vi sia nella percezione e nell’approccio al rischio delle nuove generazioni. “Ci sono forme di nichilismo giovanile che hanno la loro radice in una sorta di speranza delusa circa la possibilità di reperire un senso, nell’inerzia in ordine ad un produttivo darsi da fare, nella sovrabbondanza e nell’opulenza che funzionano da addormentatori sociali, nell’indifferenza di fronte alla gerarchia dei valori, nella noia, nello spleen senza poesia”.
Nel lancio di sassi dai cavalcavia, nel tifo violento, nelle corse in autostrada, nelle condotte a rischio e nell’assunzione massiccia di droghe (alcol, ecstasy, cocaina, psicofarmaci) è possibile leggere un duplice scopo: massimizzare gli effetti e mettere a repentaglio la propria vita con lo scopo di vincere la sfida, ritornando vincitore sul rischio.
Non si tratta di tentativi di suicidio, per quanto mascherati, ma di prove ad altissimo rischio da cui ricevere feed-back fortissimi in un tentativo disperato di ritrovamento di se stessi sani e salvi ma ancor più vivi. Finalmente vivi. Come nel gioco della roulette russa, il desiderio non è di spararsi un colpo alla tempia ma di non spararsi affatto. Il desiderio-bisogno è quello di farcela. Di essere gli unici a farcela. In autostrada o lungo una provinciale guidare ad alta velocità diviene il tentativo disperato di controllare ciò che finisce per intrappolare nell’incontrollabile di lamiere deformate un Io cui non si riesce in altro modo a dare una forma. L’essere può divenire tale solo rischiando di non poter più essere. In una sorta di recupero delle ritualizzazioni delle contese medioevali, il giovane sembra sfidare il giudizio divino. Nella ricerca di un incontro con un Dio che assolve o condanna definitivamente, l’estremo perde quella connotazione di gesto senza movente. Piace al mondo degli adulti connotare il gruppo, la compagnia dei ragazzi definendolo “branco”. Assimilarli alle bestie priva gli adolescenti di un’umanità che per contro viene restituita al mondo degli adulti. Questi ultimi dovrebbero guardare alle loro responsabilità più che cercare l’assoluzione se davvero non si vuole segnare di incolmabile una distanza generazionale solo in parte fisiologica.
Pianificazione, addestramento, tecnica, razionalità, controllo delle emozioni, iperprestazione, esibizione dell’esperienza è quanto la società post-moderna della fluidità chiede ai suoi adepti ad evidente detrimento della possibilità reale di una costruzione di identità che sappia ancora distinguere il bene dal male. Abbattuti gli dei delle religioni e della morale, sono stati eretti nuovi altari alla dea scienza, costruendo una sorta di nuova ideologia della chimica ammantata di santità.
“Qui si esprime il fondamentale dato di fatto dell’umano volere, il suo horror vacui. Quel volere ha bisogno di una meta. E preferisce il volere il nulla, piuttosto che non volere.”
Si tratta di quella ormai interminabile sequela di imprese esibite su You Tube da eroi moderni (sensation seekers) che sfidano la noia con gli stimolanti e gli stimoli del rischio quale risposta adattativa alla perdita del tono sensoriale gratificante e al vuoto, al nulla che la società attuale non è in grado di controvertire. Promuovendo la ricerca di un’indipendenza necessaria per il successivo sviluppo individuale, l’adolescente contemporaneo si accolla il rischio più grande.
In assenza, ed è qui la differenza maggiore rispetto ai riti di passaggio all’età adulta del passato riportati da antropologi quali M. Mead. B. Malinowski, R. Linton, C. Levi Strauss, di un officiante, di un setting protetto, di un bagaglio culturale ed esperenziale protettivo, il rito rischia di uscire dal tempio trasformando i fedeli in integralisti veicolanti realtà virtuali dalle mille possibilità, la maggior parte delle quali irrealizzabili nel reale. Ed è sempre un altro giro, un altra corsa sulla giostra del vuoto.
Vincenzo Simeone
Direttore dipartimento dipendenze patologiche ASL di Taranto
Maria Grazia Lentini
Dirigente psicologoCosimo Buccolieri Dirigente medico
Anna Paola Dirigente sociologo