Dal Nuovo Codice della Strada al Piano Nazionale della Sicurezza Stradale fino al terzo programma annuale di attuazione
Dal punto di vista normativo, il concetto di sicurezza stradale è relativamente recente. Sebbene già ai tempi dei romani esistessero semplici ma efficaci regole alla circolazione di veicoli a trazione animale, è solo nell’ultimo secolo, con la diffusione delle automobili, che il legislatore ha regolamentato in modo sistematico la circolazione sulle strade. Il primo passo in tale direzione è segnato dal Regio Decreto del 1923, al quale fanno ancora riferimento alcuni provvedimenti attuali. Risale invece al 1959 il documento che può essere considerato come il primo vero codice stradale: il Testo unico delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, che introduce per la prima volta il concetto di sicurezza nella circolazione, con articoli relativi alla visibilità, alle distanze di sicurezza, ai requisiti fisici, psichici nonché morali per la patente di guida. Tuttavia, è solo con le prime risoluzioni del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli stati membri delle Comunità europee che nei primi anni ’80 si inizia a maturare la consapevolezza del numero di vittime causate dalla libertà alla circolazione stradale. In una delle prime disposizioni del Consiglio su tale tema, si manifesta infatti la necessità […] di elaborare ed attuare un programma comunitario di misure concrete destinate a realizzare nuove iniziative comuni e a ravvicinare gli esperimenti attualmente effettuati a livello nazionale nei vari settori d’azione e di ricerca interessati alla lotta contro gli incidenti stradali e le conseguenze per le vittime di tali incidenti[…].
Nel 1992 viene approvato in Italia il Nuovo Codice della Strada; nell’Art 1- Principi generali viene precisato per la prima volta che “Le norme e i provvedimenti attuativi si ispirano al principio della sicurezza stradale, perseguendo gli obiettivi di una razionale gestione della mobilità, della protezione dell’ambiente e del risparmio energetico”. Tale codice è stato modificato ed integrato numerose volte in questi 15 anni ed un nuovo aggiornamento è ritenuto necessario da molti esperti del settore. In questa sede, è indispensabile menzionare che il Nuovo Codice della Strada ha avuto, tra gli altri, il merito fondamentale di dare il via all’emanazione di provvedimenti per la progettazione stradale, ambito che fino al ’92 era stato normato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche. Il Nuovo Codice è stato pensato come testo di riferimento per disciplinare i diversi aspetti concernenti la strada: la costruzione, la gestione, le norme di comportamento e le sanzioni. Il codice in particolare prevedeva che ad un anno dall’entrata in vigore, avvenuta nel 1992, il Ministero dei Lavori Pubblici emanasse le norme funzionali e geometriche per la costruzione, il controllo e il collaudo delle strade, dei relativi impianti e servizi ed entro due anni le norme per la classificazione delle strade esistenti in base alle caratteristiche costruttive, tecniche e funzionali. Ciò nonostante, tali normative indispensabili per il lavoro di progettazione degli ingegneri stradali sono state approvate solo in parte. Manca ancora un riferimento normativo per la classificazione delle strade esistenti e soprattutto mancano le nuove norme per gli interventi di adeguamento delle strade esistenti. Quando le norme che regolano la deroga alle norme funzionali e geometriche per le strade esistenti verranno approvate, esse risulteranno essere particolarmente utili per l’innalzamento dei livelli di sicurezza.
Per la normativa specifica sulla sicurezza stradale si è dovuto attendere fino al 1999 quando, tramite il recepimento della Comunicazione alla Commissione Europea n. 131 del 1997, “Promuovere la sicurezza stradale nell’EU: il programma 1997-2001”, anche in Italia è stata approvata, con la legge n. 144, l’attuazione del Piano Nazionale della Sicurezza Stradale. È sicuramente con questo piano che si inizia a governare anche dal punto di vista legislativo la sicurezza stradale. In un secondo tempo vengono elaborati gli Indirizzi generali e linee guida di attuazione del piano nazionale della sicurezza stradale; dipartono i programmi per i finanziamenti per progetti pilota, i programmi annuali di attuazione del Piano Nazionale per l’anno 2002 e 2003. Grazie all’incentivo dei finanziamenti, molte amministrazioni locali si avvicinano alla sicurezza stradale, per esempio con la messa in sicurezza di strade esistenti, sperimentando anche nuove metodologie di analisi e di pianificazione. Un ruolo importante è stato sicuramente rivestito dalle circolari ministeriali del 2001, a proposito delle Linee guida sulle analisi di sicurezza e La redazione dei Piani Urbani della Sicurezza Stradale. Dal 2004 i programmi annuali di attuazione sono stati bloccati; solo negli ultimi mesi del 2007 si è tornati a discutere del terzo programma annuale e dei nuovi finanziamenti ad esso connessi. In questo lasso di tempo, la Consulta Nazionale della Sicurezza Stradale ha comunque portato avanti diversi progetti, mantenendo un’elevata attenzione tecnica su tale tematica. Parallelamente, alcune amministrazioni regionali stanno lavorando in questi anni all’approvazione di piani regionali della sicurezza stradale, così come di normative tecniche specifiche per colmare le mancanze ministeriali. Si è venuta a creare in questo modo una banca normativa che potrebbe contribuire al miglioramento dei livelli di sicurezza: da una parte, con il completo recepimento delle norme del Nuovo Codice della Strada e dall’altra con le circolari e norme tecniche specifiche. L’unico aspetto che probabilmente manca è una diffusa cultura tecnica della sicurezza stradale. In molti paesi europei, soprattutto anglosassoni e scandinavi, lo studio sulla sicurezza stradale è nato nei primi anni ’70, molto prima dell’obbligo delle direttive europee. Questo ha prodotto un gap non indifferente in termini sia di risultati ottenuti sia di qualità tecnica.
Conclusioni
Dal punto di vista normativo la sicurezza stradale sta seguendo le modalità evolutive della sicurezza negli ambienti di lavoro, in modo particolare quella nei cantieri. Infatti, come nel biennio ’55-’56 c’è stato uno start-up delle norme per la prevenzione degli infortuni e per l’igiene sul lavoro; così nel ‘99, con il Piano Nazionale della sicurezza Stradale, c’è stata la presa di coscienza della gravità delle morti sulle strade. Una differenza di quarant’anni, sebbene i morti sul lavoro risultino essere oggi circa un quinto di quelli occorsi sulla strada e che il 50% delle morti bianche occorra nei percorsi lavorativi o casa-lavoro. L’obiettivo dell’Unione Europea di ridurre del 50% i morti entro il 2010 è stato recentemente rivalutato in quanto non raggiungibile da tutti gli stati membri. Va ricordato infatti che è possibile raggiungere gli obiettivi prefissati anche tramite un programma comunitario con normative sulla progettazione stradale e sulle analisi di sicurezza.
Andrea Marella
Ingegnere specializzato in sicurezza stradale, responsabile di Trafficlab per lo studio del traffico e della sicurezza stradale
www.trafficlab.eu – info@trafficlab.eu