Ma l’Italia è un buon paese per i giovani?

Apprendere è il risultato di complesse interazioni sociali. Lo sviluppo di relazioni produce lo sviluppo di conoscenze, lo sviluppo di conoscenze produce nuove relazioni. Quando si rifiuta l’apprendimento in realtà si rifiuta di entrare nella complessità delle relazioni che si stabiliscono con l’ambiente umano che ci circonda

La dispersione scolastica è oggi un fenomeno più ampio e diverso di quello dei decenni passati, quando esistevano ostacoli nell’accesso a scuola: riguarda anche le centinaia di migliaia di giovani che interrompono o utilizzano al peggio la frequenza scolastica, a causa di un meccanismo di produzione dell’esclusione di cui sono gli stessi protagonisti. Essa, infatti, chiama in causa non il ruolo di questa o quella istituzione formativa, ma la relazione che un’intera civiltà stabilisce con le nuove generazioni, essendo sempre l’apprendimento il risultato di complesse interazioni sociali. Le relazioni e le conoscenze sono le facce della stessa medaglia: lo sviluppo di relazioni produce quello delle conoscenze e viceversa. L’inappetenza cognitiva, quindi, è strettamente legata alla povertà delle relazioni, che genera cattiva relazione con se stessi, un’emarginazione interiore che rende inaccessibile la naturale disponibilità all’apprendere. I programmi di lotta alla dispersione scolastica in questa fascia di età sono quasi tutti falliti perché non hanno cambiato gli scenari, ma si sono limitati a proporre varianti in copioni già rifiutati. Sappiamo che la dispersione scolastica è più forte nei momenti di passaggio corrispondenti agli scatti di crescita sanciti anche istituzionalmente: il passaggio dalla seconda elementare alla terza, quello alle scuole medie e quello alle scuole superiori. Abbiamo completamente perso il senso di questi passaggi e il senso di un accompagnamento al giovane che li vive, da un lato desiderandoli come segni della propria crescita, dall’altro temendoli perché portatori di nuove difficoltà, all’apparenza troppo grandi.

L’educatore e il maestro hanno sempre avuto un ruolo di incoraggiante supporto emotivo, senza il quale ogni abilità didattica non ha senso. Attenuare i passaggi, sminuire e ridicolizzare le ansie connesse, banalizzare la difficoltà, diluire obblighi e fatiche non serve di fronte a un cambiamento profondo che investe l’essere. Fanno solo capire ai giovani che non siamo sufficientemente forti da sostenerli né accoglienti per aiutarli. Ripristinare i tanti esami? Meglio ripristinare il senso del sostegno adulto ai giovani. Non serve creare ostacoli artificiali, basta riconoscere quelli profondi e aiutare i giovani ad affrontarli. Il passaggio alla scuola superiore li mette in contatto con il passaggio nei ruoli adulti. Ruoli che desiderano quanto più sperimentano relazioni povere, che negano la ricchezza della persona e non riconosco le competenze maturate. Più manca lo sviluppo di una capacità interiore di assumere ruoli adulti, più si sviluppa un movimento compulsivo ad acquisire i simboli esteriori dell’età adulta. A nord e al sud, nel ricco triangolo nordorientale o nelle realtà degradate della Campania, i giovani abbandonano la scuola nella stessa proporzione: gli uni sospinti dall’eccesso di domanda di lavoro, gli altri dalla depressione del mercato del lavoro che frustrerebbe in anticipo ogni tensione verso la formazione. In realtà c’è lo stesso bisogno di sentirsi grandi attraverso lo sviluppo di una capacità di spesa, resa possibile dal mercato o troppo spesso da contesti sociali in cui si vive di sussidi o illegalità.

La risposta a questo disagio esistenziale non può essere, come nei fatti è, la riproposizione di ‘educazioni’ che spostano in avanti l’assunzione di un ruolo, di percorsi formativi sempre più licealizzati che allontanano dalla capacità di fare. Le pratiche vuote, le agitazioni scomposte, immotivate e senza prospettive (penso a tante occupazioni e autogestioni che falcidiano l’anno scolastico come edipemie influenzali), la ricerca di emozioni forti e superficiali, riproducono il senso di inutilità che noi consegniamo ai giovani. La risposta va cercata in direzione opposta, ridando ai giovani il senso della loro dignità, creando occasioni di impegno reale e reciprocità nelle relazioni con il mondo adulto. Nella scuola sperimentale Chance di cui mi occupo, un gruppo di trenta docenti sperimenta da dieci anni un modo di fare scuola in cui la reciprocità della relazione educativa è sancita dal primo giorno con la firma di un patto educativo elaborato insieme e sottoscritto da giovani, docenti, famiglie e da un rappresentante dei servizi della città, per dare un segnale che il nostro è l’incontro umano tra generazioni e ruoli diversi, in cui ciascuno si impegna nei confronti dell’altro. Si insiste molto su diritti e doveri di ciascuno. In questo modo gettiamo un ponte verso giovani incattiviti, spesso isolati e senza speranze, riuscendo col tempo a far spuntare la luce della parola e della riflessività. Abbiamo dimostrato che “non è mai troppo tardi”. Il compito degli adulti è sostenere il processo di crescita, mediando continuamente tra ciò che esiste e ciò che deve essere. Solo attraverso numerose crisi ed esperienze di elaborazione e superamento di queste i giovani possono assumere la sicurezza di sé per affrontare da soli un mondo difficile. La crisi e il conflitto sono segnali della crescita, non vanno aboliti ma vanno elaborati. La lotta alla dispersione scolastica è la lotta contro un modo di trattare i giovani, contro concezioni della vita semplificate e deresponsabilizzanti: il tentativo di correggere la nostra vita lasciandoci guidare dal desiderio di migliorare la vita dei giovani.

Cesare Moreno
Coordinamento pedagogico
progetto Chance – Napoli
Associazione Maestri di Strada – Onlus – Napoli
www.maestridistrada.net

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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