La piaga dell’analfabetismo sommerso

Ancora oggi, in Italia, migliaia di minori vengono inseriti nel mondo del lavoro prima dei 15 anni, molto spesso illegalmente. Sono ragazzi sottratti allo studio e scaraventati nel triste mondo dello sfruttamento del lavoro, condannati ad un destino che nessuno potrà mai ribaltare

Uno dei più vetusti “mali oscuri” della scuola italiana, di cui si parla sistematicamente solo per qualche giorno e poi torna nei cassetti, in attesa di essere nuovamente rispolverato, è la dispersione scolastica. è un fenomeno in continua evoluzione, rilevabile anche dal continuo cambiamento della terminologia usata: dal 1960, difatti, si è passati dalla “mortalità scolastica” all’”evasione” ed in seguito all’”abbandono”. Attualmente si usano i termini di “dispersione”, “marginalità” e “inadempienza”. Questo male oscuro, che colpisce in modo differenziato il nostro sistema scolastico, ha il suo momento critico nel passaggio da un ciclo scolastico all’altro, facendo le sue vittime soprattutto tra i ragazzi di 14 e 15 anni. Ancora oggi, in Italia, migliaia di minori vengono inseriti nel mondo del lavoro prima dei 15 anni, molto spesso illegalmente. Ragazzi, questi, sottratti all’obbligo scolastico e scaraventati nel triste mondo dello sfruttamento del lavoro, condannati ad un destino che nessuno potrà mai ribaltare. Siamo di fronte ad un “analfabetismo sommerso”, in quanto una stragrande percentuale di ragazzi non porta a termine gli studi della scuola secondaria di primo e secondo grado. Il problema dell’inadempienza all’obbligo scolastico nel nostro Paese sa tanto di miscela esplosiva: non solo perché si tratta di un fenomeno complesso, non facilmente rilevabile e non egualmente presente in tutte le scuole del territorio nazionale, ma diverso da zona a zona, da città a città; non solo perché si consuma all’oscuro, spesso nel silenzio e con il consenso dei genitori; ma soprattutto perché, se una minima percentuale di evasione e di insuccessi può forse essere considerata fisiologica, una cifra elevata, come quella esistente nel nostro Paese, può essere – e forse è – sinonimo di inefficacia del sistema scolastico. Il fenomeno della dispersione scolastica è presente sopratutto nella regione Puglia. La conferma giunge da un’indagine svolta su tutto il territorio regionale pugliese dall’Ufficio II della Direzione Generale Regionale per la Puglia. I risultati sono tutt’altro che incoraggianti.

In Puglia, la dispersione scolastica è al di sopra della media nazionale: fatta eccezione per la scuola primaria che rientra nei parametri nazionali, si va, infatti, dallo 0,5% (a fronte dello 0,2% a livello nazionale) della scuola secondaria di primo grado, fino al 3,42% della scuola secondaria di II grado (a fronte del 2,1% a livello nazionale), per un totale complessivo di 1.627 ragazzi, di cui 20 ragazzi appartenenti alla scuola primaria, 287 alla scuola secondaria di primo grado e ben 1.320 al biennio della scuola secondaria di II grado. Se a queste percentuali si aggiungono i dati riguardanti i ragazzi in situazioni di rischio (ripetenze, non ammissioni, frequenze irregolari, ritiri formalizzati), che ammontano a 10.315 unità, l’indagine rileva l’esistenza in Puglia di un consistente esercito di 11.635 alunni inadempienti all’obbligo scolastico. Difatti, il dato complessivo degli alunni ritirati, non valutati, non ammessi, non licenziati è dello 0,5% nella scuola primaria, del 3,9% nella scuola secondaria di I grado e del 19,7% nella scuola secondaria di II grado.
Sempre dall’indagine dell’Ufficio II della Direzione Generale Regionale per la Puglia, condotta in maniera analitica, si rileva che troppi ragazzi abbandonano la scuola dell’obbligo sopratutto per andare a lavorare ed emerge un nuovo profilo del soggetto a rischio, nel senso che accanto a coloro che provengono da ambienti socio-familiari predisposti alla dispersione scolastica, ci sono anche i cosiddetti “ragazzi bene”. Proprio questi ragazzi, pur vivendo nell’eccedenza e nella ricchezza delle offerte formative di famiglie di strati sociali elevati, non ricevono la giusta motivazione all’apprendimento. Le cause del fenomeno sono diverse e possono essere raggruppate in “esterne” ed “interne” alla scuola.

Fra le prime, possono essere annoverate: la situazione familiare conflittuale, la sfiducia della famiglia verso la scuola, la necessità di aiutare economicamente la famiglia in casa, specie in occasione di malattie dei genitori, la mancanza o la carenza di mezzi pubblici di trasporto, la necessità di apprendere subito un mestiere, l’ignoranza della famiglia. Fra le cause interne, invece, spiccano le gravi lacune di base, il rifiuto dello studio e della scuola, gli insuccessi scolastici ripetuti, la rigidità dell’impostazione e della metodologia didattica, l’incomprensione con gli insegnanti e la mancanza o la carenza di strutture e attrezzature. Per ricondurre la dispersione scolastica entro i limiti fisiologici la terapia esiste: occorre, innanzitutto, instaurare il dialogo tra i genitori e i figli, perché denunciare la famiglia che fa evadere l’obbligo scolastico serve a poco. L’iter giudiziario è lungo, prima del giudizio passano 3-4 anni. Troppi per un ragazzo che cresce. Alla fine si compare davanti al magistrato che impone una multa ai genitori che andrebbero invece rieducati e non multati. Molto spesso, invece, i casi di dispersione scolastica sono segnali di disagio che non vanno, appunto, risolti con la punizione del ragazzino o della famiglia che non lo ha mandato a scuola, ma semplicemente andando alla radice di quel malessere per trovare soluzioni appropriate al problema.

Giovanni Lacoppola
Dirigente M.P.I. – U.S.R. – Puglia

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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